Cosenza, Occhiuto come Al Capone

Lo avevamo scritto, quella di Mario Occhiuto assomiglia molto, con i dovuti distinguo, alla parabola di Al Capone. Per anni l’FBI ha provato ad incastrarlo penalmente ma non c’è mai riuscita, fino a che a qualcuno non è venuta in mente l’idea di controllare se pagava le tasse, ed è così che Al Capone è finito in galera; non per le decine e decine di omicidi, non per la violenza criminale che ha esercitato apertamente, nella Chicago degli anni 30, ma per una mera questione fiscale.

Lo stesso è successo a Mario Occhiuto, che al contrario di Al Capone deve ritenersi fortunato: nonostante i tanti procedimenti penali a suo carico, nonostante le tante truffe certificate, nonostante gli intrallazzi, nonostante le chiamate in correità, nonostante le intercettazioni, le riprese, nonostante i tanti maneggi in Comune, l’ha sempre fatta franca: nel passato, nel presente, e la farà franca anche in futuro.

Non è difficile pensare che con molta probabilità anche i procedimenti aperti su di lui dalla Dda di Catanzaro finiranno in un niente di fatto. Del resto basta leggere l’ordinanza di Lande Desolate e Passepartout, ed è il caso di dire che non ci vuole una laurea per capire l’inconsistenza delle accuse. Operazioni che sembrano fatte apposta per essere bocciate.

La fortuna di Occhiuto, è (era) quella di avere come complici nei suoi loschi affari magistrati e politici altolocati. Le coperture sono al massimo.

Ma come per Al Capone, il tempo delle coperture prima o poi finisce. E la figura di Occhiuto non è più gradita all’attuale politica, che ha già marpioni, e cani all’osso di suo, e non ha certo bisogno di “importare” altri guappi politici. Ma metterlo in galera non si può perché potrebbe trascinarsi dietro qualche amico degli amici, e così la stessa cupola che lo ha elevato, per meri interessi di parte, a sindaco, si attiva per metterlo definitivamente alle porte. Occhiuto – ornai l’hanno capito gli amici degli amici – porta solo guai. Meglio lasciarlo al suo destino.

E il miglior modo per farlo, senza contraccolpi per gli amici degli amici è colpirlo sul lato economico, e sulle sue responsabilità di amministratore. La cupola sa bene, perché buona parte delle economie rubate ai cittadini è finita nelle tasche dei creditori di Occhiuto amici degli amici, che il Comune è in dissesto. Lo sperpero occhiutiano ha prodotto un buco di 350 milioni di euro, ed è qui che bisogna colpirlo. Più che le sentenze penali, quello che serve alla cupola è una bella sentenza che dica che dove Occhiuto mette piede, la terra diventa deserto. E la Corte dei Conti prima, le Sezioni Riunite poi, e la bancarotta fraudolenta per ultima, fanno proprio al caso della cupola. Su questo Occhiuto non può accusare nessun amico degli amici, al massimo può dire che sono debiti del passato, ma tanto non gli crede più nessuno. E allo stesso tempo gli amici degli amici magistrati che lo hanno sempre coperto possono dirgli che sulla magistratura contabile non hanno “influenza”. Non è colpa loro se i conti non tornano, era compito di Occhiuto accertarsi, attraverso un tarocco a prova di bomba dei bilanci, che tutto filasse liscio. Con una accusa di questo peso sarà difficile che ritorni a fare il pubblico amministratore. Un modo “elegante” per metterlo alla porta. Risparmiandogli l’onta del carcere.

Il resto lo ha fatto la “nuova politica”. I nuovi padroni della città hanno chiesto e ottenuto il suo isolamento politico. All’oggi Occhiuto è più solo che mai, abbandonato da tutti, e con i creditori alle calcagna. La sua fine politica è stata decretata, e il suo insistere ha provocato altri mal di pancia.

Occhiuto non ha nessuna possibilità di ribaltare questa situazione, la sua triste parabola politica si conclude qui. Preso in castagna sui conti come Al Capone. Una cosa però rimane di questa storia: ora comprenderà anche lui cosa significa combattere contro chi gioca sporco e con le carte truccate.