Cosenza, Occhiuto in bancarotta: prima udienza il 4 ottobre

È stata fissata per il 4 ottobre, presso il Tribunale di Cosenza, l’udienza preliminare relativa alla richiesta di rinvio a giudizio del truffatore e cazzaro Mario Occhiuto, accusato dalla procura cittadina di bancarotta fraudolenta. Il sindaco di Cosenza è indagato in qualità di amministratore della società Ofin – una delle tante scatole cinesi messe in piedi dal cazzaro per frodare istituti di credito, fornitori e dipendenti – dichiarata fallita il primo ottobre 2014, come tutte le altre società, 18 per essere precisi, riconducibili a lui.

Occhiuto ha ricoperto l’incarico di amministratore della Ofin dall’ottobre 1996 al settembre 2011. Nell’inchiesta sono indagati anche Carmine Potestio, socio della Ofin e, in passato, capo di gabinetto di Occhiuto al Comune, e la sorella del sindaco Annunziata, in qualità di amministratore e legale rappresentante della società da settembre a ottobre 2014, data del fallimento. Occhiuto è ritenuto responsabile anche della distrazione di alcuni immobili della Ofin, di cui avrebbe ceduto il contratto di leasing ad altre società a lui riconducibili senza alcun corrispettivo.

Secondo l’accusa, dalla società oggetto d’indagine sarebbero state “distratte” a più riprese somme per un totale di oltre 3 milioni di euro destinandoli all’aumento di capitale di altre due aziende riconducibili al cugino Emanuele Occhiuto.
Nel 2002 Emanuele Occhiuto è il vero deus ex machina della Feel srl, il cui rappresentante legale ed amministratore unico era tale Roberto Albano, il sindaco di Rota Greca che Mario Occhiuto ha nominato nel suo staff alla Provincia di Cosenza, e attualmente capo della segreteria di Occhiuto. La Feel Srl ha sede a Rende Via Marconi, P.I. 02512160785 iscritta nel registro delle imprese di Cosenza, ed è nata il 16/07/2002 nello studio del notaio Stefano Camilleri.

Tra i soci figuravano Mario Occhiuto (attraverso la Ofin Srl costituita il 15.10.1996 con sede in Roma Via Calabria 56, di cui era il rappresentante legale) ed il cugino Emanuele. Oltre a Paolo Fiorentino, e Stefania Rovito.

Scrive la Guardia di Finanza che ha condotto le indagini in merito alla bancarotta dell’Ofin srl: “… L’insolvenza della società fallita, è dovuta ad una crescente crisi di liquidità, dovuta essenzialmente a finanziamenti non restituiti da soci a società partecipate oltre ad antieconomiche cessioni di leasing su beni aziendali e a prelievi ingiustificati di cassa…”. Che tradotto vuol dire: la Ofin di Occhiuto ha “girato” alla Feel srl di Emanuele Occhiuto la bellezza di quasi un milione di euro con la formula del “finanziamento infruttifero”, un prestito tra privati che prevede solo la restituzione del capitale, senza l’applicazione di interessi o di altre maggiorazioni. Denaro, come dicono i finanzieri, che non è stato mai restituito. Un’operazione anomala e illegale, aggiungono i finanzieri perché “tali somme sono state erogate senza nessuna contropartita e, soprattutto, senza le adeguate garanzie che normalmente richiederebbe un intermediario finanziario”.

Continuano i finanzieri: “… La Ofin srl di Occhiuto non si ferma a questa sola “cessione anomala di denaro…”. Insieme alla Zenobi, la Feel srl, entrambe beneficiarie di soldi pubblici erogati da Pino Galati, allora al Ministero dello Sviluppo, ricevono dalla Ofin srl di Mario Occhiuto la bellezza, udite, udite, di sette milioni di euro, mai più restituiti. E concludono dicendo: Mario Occhiuto ha creato, nel corso degli anni, attraverso l’uso spregiudicato di società spesso fittizie un buco da 28 milioni di euro. Debiti per lo più verso istituti di credito che nel corso degli anni hanno erogato prestiti al sindaco fallito senza alcuna garanzia. A quei tempi gli bastava presentarsi a nome del fratello Roberto e dell’amichetto cardinale per avere accesso a lucrosi presiti.

Le prove a carico di Occhiuto in questo processo sono talmente evidenti che il rinvio a giudizio pare più che scontato. Come a dire: se tu Occhiuto dici di aver mandato 3 milioni di euro alla società di tuo cugino, e questi 3 milioni di euro non sono mai arrivati sul conto della società, o dici dove sono finiti questi soldi, oppure vuol dire che te li sei fregati. Da qui non si sfugge. E questo Occhiuto lo sa bene.
Ed è proprio in questa consapevolezza di Occhiuto che si annida il trucco. Se da un lato qualcuno vuol far apparire che la Giustizia a Cosenza non guarda in faccia a nessuno, sindaco compreso, e che fa sempre il suo corso, dall’altro i corrotti in procura hanno già studiato come neutralizzare il tutto.

E sveliamo l’arcano: a presiedere l’udienza del 4 ottobre è stato “nominato”  il dottor Francesco Luigi Branda. E fin qui niente da dire, se non fosse che il dottor Branda da tempo è stato assegnato a “nuovo” incarico”, e quindi non può svolgere nessuna udienza da “giudicante”. E questo serve alla difesa di Occhiuto per allungare il brodo. Nel senso che: il dottor Francesco Luigi Branda giorno 4 ottobre, non potrà far altro che dire: si rinvia l’udienza perché io non posso giudicare l’imputato, magari fissando una nuova data all’anno prossimo che sommato ai 5 anni già trascorsi (il reato contestato ad Occhiuto di bancarotta fraudolenta risale al 2014) dalla consumazione del reato fanno sei. Un altro anno e il reato va in prescrizione. Un giochetto che i marpioni e i corrotti usano spesso per salvare gli amici degli amici dalle sentenze di colpevolezza.
E allora la domanda sorge spontanea: se lo sapete già che Branda non può “giudicare” Occhiuto, perché non si nomina un altro “giudice”?
Ecco, è così che funziona la Giustizia a Cosenza per i potenti. Siamo ancora distanti anni luce da una Giustizia uguale per tutti, qui da noi vige ancora la regola: fatta la Legge, trovato l’inganno… ma solo per chi se lo può permettere.