Cosenza, Piazza Fera/Bilotti: soldi, mafia e “teatro dell’assurdo”

“Soldi, soldi, soldi… toccasana di questa quotidiana battaglia della grana, perché chi ha tanti soldi vive come un pascià e a piedi caldi se ne sta”. Chi non ricorda la nota canzone di Betty Curtis? Sempre attuale, viene da pensare, ma come si fanno i soldi, oggi? Con il lavoro onesto, il sudore ed i sacrifici? Forse si, ma anche no!

Etica, Deontologia, Rigore, Professionalità, Competenza e Dignità sono parole per le quali si dovrebbe essere disposti a tutto, anche a costo di fare la fame. Ed invece la lettura del Decreto di Sequestro preventivo di Piazza Fera/Bilotti genera nell’animo di chi ha a cuore questi valori, solo un senso di nausea.
Emerge un mondo di corrotti e corruttori, di politici “dittatori”, di imprese senza scrupoli e di professionisti “sulla carta” che dopo aver buttato nel cesso ogni regola deontologica, arruffano competenza senza avere neanche la minima idea di cosa significhi progettare o realizzare un’opera “d’ingegno” e men che meno per uso pubblico.
Sembra di leggere la sceneggiatura di un testo da teatro dell’assurdo.

I protagonisti principali sono l’ingegnere direttore dei lavori (Francesco Tucci), l’ingegnere collaudatore (Antonino Alvaro), il sindaco/architetto (Mario Occhiuto), il titolare della ditta costruttrice e pure laureato in giurisprudenza (Giorgio Barbieri) e l’ingegnere della ditta (Gianluca Guarnaccia) a cui poi si affiancano i personaggi secondari, ma fondamentali alle azioni dei protagonisti. Tra questi la giovane ingegnere figlia del direttore dei lavori (Paola Tucci), e l’ingegnere rampolla della famiglia di certificatori (Raffaella Angotti). Altre figure sono di contorno sebbene con responsabilità riscontrate a loro carico.

Andare a ricercare un senso a quanto accaduto è davvero complesso. Il sindaco/architetto, che dimostra chiaramente di non capire un accidenti di nulla in tema di norme tecniche, ha la urgente necessità di inaugurare la tanto agognata piazza della quale si è sempre vantato di avere anche la titolarità dell’idea (il che presuppone che da qualche parte gli siano entrati i soldi per averla modificata rispetto a quella originaria del collega architetto Pietro Caruso, pagato ed accontentato con altri incarichi) e pertanto, dall’alto della sua arrogante superbia (e presunzione), intima ordini e frasi del tipo “ci parlo io”.

A farne le spese i due ingegneri e soprattutto il collaudatore, che disattendendo ogni norma che attesti la terzietà del suo operato, si presta a falsificare, omettere ed infine firmare quel tanto sospirato certificato di collaudo che potrà consentire al sindaco mitomane di accendere le lampade cinesi e far ballare i cosentini ipnotizzati dalle sue chiacchiere.

L’altro ingegnere, il direttore dei lavori che al posto delle scarpe da cantiere faceva bella mostra dei mocassini azzurri in camoscio, è l’agnello sacrificale. Lui “deve” fare anche ciò che non vuole, ciò che non potrebbe e, sebbene ne abbia sentore perchè annusa puzza di problemi, alla fine cede (seppur cautelandosi ammettendo che la piazza non poteva essere soggetta a carichi dinamici) ed è facile immaginarne il perchè. Il suo tornaconto! Socio “finanziatore”, come lui stesso si definiva, nella realizzazione dei progetti dell’aviosuperficie di Scalea e dell’impianto di risalita di Lorica, aveva tutto l’interesse di chiudere la partita e presentare il SAL con pagamento immediato, come solitamente accadeva solo per le determine della Barbieri Costruzioni e naturalmente senza controllo degli atti presentati.

Gli atti, sì quelli! Presentati agli enti, incompleti, carenti e volutamente non conformi alla verità ed alla legge, per ingannare una cittadinanza intera, inconsapevole che avrebbe potuto rischiare la vita in una strage senza precedenti. Ma nella Città dei Bruzi tutto è consentito ed a nulla sono serviti gli inviti pubblici rivolti al Prefetto per evitare di fermare tutto prima che fosse troppo tardi o le interrogazioni parlamentari. Il Prefetto, il Questore, i tecnici del Genio Civile, e tutti i correi dell’operazione “chi se ne frega della sicurezza dei cittadini” erano lì pronti ad applaudire un personaggio dalle molteplici facce, il sindaco, che pontificava sulla bellezza della “sua” città.

E poi quel concerto… gente che ballava al ritmo di “Mira Sofía, sin tu mirada, sigo” mentre a ballare erano anche i bulloni di travi in acciaio bucherellate come groviera tanto da necessitare saldature di emergenza, rattoppate alla meno peggio ma “certificate al 100%” dall’ingegnere rampolla. Ed a scrivere i certificati di regolare esecuzione un’altra rampolla, la giovane Tucci, che con meno di 5 anni di iscrizione all’albo professionale, aiutava il papà con i “copia ed incolla” delle relazioni, che evidentemente nessuno avrebbe mai letto.

Eh già, perché la condotta dei protagonisti fa luce sull’andazzo che governa la città di Cosenza. L’imprenditore fa il gioco delle tre carte con gli appalti di Lorica e Scalea e lamenta sempre la mancanza di quattrini tant’è vero che gli operai stavano morti ammazzati senza stipendio per mesi, il direttore dei lavori, forte del fatto che “i collaudi parziali sono una prassi consolidata anche per i lavori autostradali dell’ANAS” se ne infischia altamente di rispettare la legge e le norme tecniche e presenta carte (scritte dalla figliola praticante) “ad muzzum” giusto per fissare delle date certe per accontentare il sindaco/dittatore che dall’alto della sua ignoranza enciclopedica lo intima a forzare la mano con il collaudatore ed a sbrigarsi. Il povero Tucci trema, e lo si percepisce dalle intercettazioni, non dorme la notte e cerca di mettersi al riparo da rischi futuri. Sa bene che se dovesse succedere qualcosa la notte di Capodanno, il suo culo in cella non ci va, “sarà colpa di qualcun altro”, pensa.

“Soldi, soldi, soldi…”. La festa si fa, tutti stanno col fiato sospeso fino all’alba del nuovo anno. “Ci è andata bene… ora pagateci tutti”. Intanto si contano i danni visibili: pavimentazione rotta, incapace di supportare il peso delle persone, grate (che dovevano essere carrabili) presidiate dalla polizia municipale, vetri delle balaustre scardinate e le grandi travi riassestate dopo una notte balorda. Ma i conti degli stati di avanzamento parlano di lavori alla perfetta regola dell’arte e di materiali rispondenti a quelli di capitolato… macchè! Se sono riusciti a depositare un “collaudo a struttura ultimata” senza che fossero ancora realizzate le scale in cemento armato, possiamo pensare a quisquiglie come travi groviera e pavimenti cinesi pagati 1/10 del prezzo contabilizzato?

“Porta il timbro così firmiamo”… e le lauree finiscono nel tritacarte del dio denaro. Hanno tutti da guadagnarci: l’impresario, il direttore dei lavori, il collaudatore, il dirigente X, quello Y ed anche quello Z che magari sta già pensando, come l’ingegnere Carlo Pecoraro, a trasferire la residenza in Tunisia nella Hammamet di Craxi e soprattutto il sindaco/dittatore che nel frattempo pensava a come “architettare” operazioni analoghe per fottere quattrini come ad esempio il mega ospedale da 200 milioni di euro, il “sottoponte” di Calatrava e la mega truffa della “metro leggera” in vista della sua candidatura a governatore della Calabria con la quale avrebbe restituito i favori (e chissà se anche i soldi) agli amici. E loro a crederci come allocchi… come del resto tutti i cosentini ipnotizzati!

La Magistratura faccia il suo corso e ridia dignità ad una città, buttando le chiavi delle galere dopo aver chiuso questi truffatori di mestiere, ed alle professioni intellettuali togliendo, di fatto, la possibilità a questi pseudo/professionisti di operare oltre. La mafia è questa: ha la faccia di chi impudentemente sa solo dire: “è colpa dei dirigenti, dei tecnici e dell’impresa” dimenticando chi ha sbagliato la saldatura… Eh già. Se avesse fatto per bene il suo lavoro tutto questo non sarebbe venuto a galla e loro sarebbero stati tranquilli a contare soldi, soldi, soldi!