Cosenza, Pronto Soccorso: “Neanche un briciolo di umanità per la morte di nostra madre”

Lo scorso 7 dicembre io e le mie sorelle accompagniamo mia madre, paziente oncologica, presso il Pronto Soccorso dell’ospedale civile di Cosenza per un malore con conseguente perdita di sensi. Arrivati lì alle 14:15, mia madre viene parcheggiata, nonostante il codice rosso, nella piazzetta del Pronto Soccorso priva delle più elementari norme igieniche e con un’aria nauseabonda per circa 4 ore senza che le venga prestato alcun soccorso e nonostante le nostre continue sollecitazioni ai medici di turno.

Alle 18:07 viene finalmente visitata dalla dott.ssa Federica Messineo che decide di effettuare un prelievo di sangue a mia madre e di terminare lì le sue prestazioni professionali, senza approfondire le possibili cause dello svenimento con indagini diagnostiche.

Mia madre viene pertanto nuovamente portata in piazzetta dove rimarrà fino a circa le 23:00, senza l’indicazione di una tac cranio per valutare l’entità del danno cerebrale e senza la possibilità di interagire con nessun medico perché tutti rifiutavano, con fare sprezzante, il colloquio.

Al cambio turno del personale medico, prende il posto della dott.ssa Messineo, il dott. Pietro Scrivano, il quale dopo averci concesso la grazia di parlare e aver semplicemente sentito che si trattava di una paziente oncologica (senza conoscere la storia, lo stadio della malattia, le condizioni generali) esclude la possibilità di qualunque tentativo di cura perché “ormai mia madre era destinata a morire e non valeva la pena tentare qualcosa”. Alle nostre ulteriori sollecitazioni, il dott. Scrivano decide di effettuare una trasfusione di sangue (emoglobina a 6) a mia madre che avviene intorno alle 3:00 di notte e successivamente di dimetterla alle 4:15 con la “predizione” che tanto aveva pochissime ore di vita, predizione accompagnata da frasi offensive nei nostri riguardi che, scioccamente, tentavamo ancora di curare nostra madre.

Tornati a casa dopo più di 12 ore per una trasfusione, mia madre avverte un nuovo malore e un’altra perdita di sensi, questa volta più seria. Chiamiamo il 118 e il medico in servizio sconsiglia di portarla in Pronto Soccorso perché non le avrebbero fatto nulla, conoscendo la totale inefficienza dei suoi colleghi. Chiamiamo quindi un’ambulanza privata per trasportare nostra madre in ospedale dove da esterna le viene effettuata una tac (ovviamente eseguire tale esame in regime di ricovero, avrebbe comportato un ulteriore e “sprecato” dispendio di energie da parte dei medici del Pronto Soccorso, già troppo impegnati ad offendere pazienti e parenti dei pazienti malcapitati lì), che evidenzia la presenza di un’ischemia acuta in evoluzione.

La riportiamo al Pronto Soccorso dove il dott. Scrivano sta terminando il turno e dove, vedendo nostra madre in stato di coma, si premunisce di avvisare la collega che lo sostituisce, la dott.ssa Caterina De Paola, di non prestarle molta attenzione perché tanto sta morendo. La dott.ssa De Paola, prendendo alla lettera i consigli del collega, abbandona nostra madre, completamente anossica e in coma, in piazzetta per più di 4 ore. Alle nostre continue richieste di parlare con lei si rifiuta categoricamente asserendo che lei non ha energie da sprecare per pazienti come nostra madre. Chiediamo almeno di idratarla e alimentarla con flebo e lei si rifiuta dicendo anzi di toglierle completamente l’alimentazione per facilitare ed accelerare la morte. Dopo ulteriori ma perfettamente inutili preghiere da parte nostra per garantire a mia madre quanto meno l’idratazione, ne prescrive le dimissioni.

Torniamo a casa, mia madre peggiora a vista d’occhio, decidiamo di ritornare in ospedale dove, al Pronto Soccorso, la solita dott.ssa De Paola, dopo averci riconosciute ci sorride beffarda e spaventosamente perfida, assolutamente priva anche solo di una parvenza di educazione e di decenza morale, ci chiede “ma voi ancora non siete in obitorio? Vostra madre è sopravvissuta altri 3 giorni?”.

Alla nostra intimidazione di chiamare i medici rianimatori lei esegue ma con tutta calma e continuando gli improperi nei nostri confronti per questa ulteriore ultima incombenza. In rianimazione nostra madre muore dopo poche ore per essere arrivata in pessime condizioni per i comportamenti omissivi dei medici di cui sopra.

Possibile che esistano medici, assolutamente indegni di questo nome, che oltre a commettere il reato di omissione di soccorso sancito sia dal codice penale che dal codice deontologico, siano talmente efferati da augurare la morte ad un paziente e di essere dispiaciuti di non saperlo già in obitorio? Possibile che esistano medici a cui il giuramento di Ippocrate serve solo a pulirsi il deretano? Si, al Pronto Soccorso dell’ospedale civile di Cosenza è possibile e questi medici corrispondono ai nomi dei dott. Scrivano Pietro e De Paola Caterina.

Lettera firmata