Cosenza, il regalo della mala a Serafini e i veleni nelle toghe: l’asse Spagnuolo-Luberto

Alfredo Serafini

Stiamo ricordando la figura di Raffaele Nigro, scomparso poco più di un anno fa, certamente il giornalista più importante ed influente della città di Cosenza nei 25 lunghi anni nei quali ha diretto la redazione della Gazzetta del Sud. Nel 2007, appena uscito dai ranghi del quotidiano messinese, ha diretto La Provincia Cosentina e ha pubblicato gli atti dell’inchiesta di Otello Lupacchini sulla procura di Cosenza (titolo: Rapporto-choc sul Tribunale di Cosenza), accompagnandoli con un breve editoriale, che riportiamo di seguito. 

Scusate il ritardo

La Provincia Cosentina, giovedì 5 luglio 2007

di r. n.

La pagina più nera della magistratura cosentina. L’hanno scritta gli ispettori del ministero di Grazia e Giustizia che hanno raccolto in un voluminoso dossier i risultati della loro missione al palazzo di giustizia.

Attenzione alle date. Il dossier è del 2005 ma in questi due anni è rimasto invisibile. Tutti sapevano che c’era ma nessuno ne ha reclamato la pubblicazione. Una prudenza sospetta in una città in cui custodire un segreto è operazione impossibile. Rompiamo, con due anni di ritardo, la consegna del silenzio e pubblichiamo il dossier perché rappresenta un eccezionale documento sulla malagiustizia, che è la gemella di quella malapolitica che domina a Cosenza e in Calabria.

Il dossier mette in evidenza intrighi, rivalità, omissioni, complicità che hanno avuto come protagonisti magistrati importanti sia della Procura cosentina che della Dda, avvocati, faccendieri. Non spetta a noi formulare sentenze. Ci limitiamo a raccontare i fatti con le parole degli ispettori, senza commenti. Che sono, come i lettori capiranno, davvero superflui.

RIASSUNTO DELLE PUNTATE PRECEDENTI

L’operazione Garden della DDA di Catanzaro aveva sconvolto gli equilibri decennali della corruzione cosentina e aveva messo in gravissima difficoltà la procura della Repubblica diretta da una coppia che ha sempre tenuto la polvere sotto il tappeto: Alfredo Serafini (passato a miglior vita) e Mario Spagnuolo (degno successore di cotanto “maestro”), impegnatissimi ad evitare alla DDA di scoperchiare le loro connivenze e complicità in combutta con un gruppo di avvocati lestofanti e al servizio della malavita e della politica corrotta. 

QUINTA PUNTATA

Ad un certo punto di questa storia, Mario Spagnuolo viene improvvisamente nominato coordinatore della DDA di Catanzaro. Ha fatto di tutto per delegittimarla e neutralizzare il processo Garden e incredibilmente ne viene messo praticamente a capo con tanto di reverenza da parte di Mariano Lombardi, che dopo aver abbaiato, si rimangia tutto con una serie di concetti che somigliano tanto a quelli di chi arrampica sugli specchi.

Mariano Lombardi

“… Forse alcune vicende pregresse possono avere ingenerato a qualcuno l’idea che io avessi ragioni di malanimo personale nei confronti di Spagnuolo, il che non risponde a verità. Mi riferisco in particolare al fatto che quando Spagnuolo era sostituto presso la procura di Cosenza aveva avuto forti contrasti con il sostituto della DDA Stefano Tocci in quanto i due si contendevano letteralmente i collaboratori di giustizia nel corso delle indagini svolte da Spagnuolo in merito a reati ordinari commessi in Cosenza e da Tocci in relazione a reati di criminalità organizzata pure commessi in Cosenza e ricadenti nelle sue attribuzioni. I contrasti furono molto accesi. Detti contrasti, che riguardavano direttamente il mio ufficio, unitamente al fatto che Stefano Tocci avesse sposato una nipote della mia seconda moglie, indussero qualcuno a ritenere che avevo motivo di malanimo nei confronti di Mario Spagnuolo…”.

L’AUDIZIONE DI FACCIOLLA

A questo punto l’ispettore Lupacchini inserisce l’audizione di Eugenio Facciolla dell’8 maggio 2005, nella quale sono contenute denunce che hanno fatto scalpore.

“… Innanzitutto – e su questo punto sono stato chiaro con il dottore Lombardi in una serie di colloqui privati – non ho capito le ragioni per le quali il procuratore avesse radicalmente modificato il proprio atteggiamento nei confronti di Spagnuolo, tanto da renderlo titolare di una serie di funzioni che finivano di fatto per svuotare il suo ruolo.

In secondo luogo, ero memore delle prese di posizione del dottore Enzo Calderazzo allorché contestò allo Spagnuolo un’autoassegnazione di procedimento di competenza della DDA relativo ad un troncone del processo sulle autostrade. Successivamente a questa presa di posizione da parte di Enzo Calderazzo, questi ebbe a patire delle reprimende da parte del procuratore generale Pudia, in ordine alla mancata trasmissione al Tribunale di Cosenza degli atti relativi all’omicidio Capalbo, di cui era inopportuna l’esibizione in corso di indagini preliminari.

Deceduto Calderazzo, il procuratore generale Pudia ha reiteratamente fatto carico anche a me della mancata trasmissione degli atti al Tribunale di Cosenza. Il Calderazzo, prima di morire, mi chiedeva se un interrogatorio del collaboratore di giustizia Franco Garofalo fosse stato trasmesso a Messina, dal momento che in quell’interrogatorio si riferivano vicende relative ad un furto patito dal procuratore di Cosenza Alfredo Serafini, al tentativo di recupero della refurtiva ai fini della restituzione ad opera della criminalità con la mediazione dell’avvocato Manna e del dottore Spagnuolo; ed al mancato recupero della refurtiva stessa nonché all'”indennizzo” al procuratore Serafini mediante la donazione di un pezzo d’oro fuso.

Tutto questo mi induceva insomma in sospetto circa le ragioni che avessero potuto indurre il procuratore Lombardi a modificare atteggiamento, tanto più in considerazione dello strettissimo rapporto tra lo Spagnuolo e il magistrato Vincenzo Luberto, il quale mi aveva tolto il saluto a seguito dell’incriminazione di Domenico Barile e che avevo nuovamente incrociato nelle indagini sul Cosenza Calcio, essendo stato il Luberto per lungo tempo fidanzato della figlia del commercialista Fiertler, coinvolto nella vicenda stessa…”.

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