Cosenza, la vittoria degli attivisti. Fanno un deserto e lo chiamano pace

Questo articolo risale ai mesi scorsi quando ancora non era stata diffusa la sentenza del Tribunale di Catanzaro che rigetta la proposta di sorveglianza speciale per gli attivisti cosentini Jessica Cosenza e Simone Guglielmelli. 

di Giampaolo Provenzano

Da quel 14 Aprile 2021, quando la protesta del collettivo Fem.in balzava sulle cronache dei media nazionali, l’atteggiamento repressivo della questura di Cosenza sembra aver fatto progressi senza precedenti. Alle richieste legittime di risposte concrete da parte di tutti i Calabresi per la situazione sanitaria della nostra regione si è risposto ancora una volta con la repressione, diventata lo strumento preferito dalle istituzioni per il dialogo con i margini.

Solo qualche tempo fa la protesta delle cittadine e dei cittadini per il passaggio nella terribile zona rossa per mancanza di posti letto in terapia intensiva e per una sanità al collasso sanitario ed economico esplodeva nelle strade, una piccola scossa per la coscienza calabrese che presto è stata dimenticata.

Basti pensare ai risultati delle tornate elettorali, dove Franz Caruso, il “socialista”  di Cosenza, conferma- promuovendoli- la giunta di Roberto Occhiuto, diventato ormai Presidente della Regione Calabria. Ben quattro degli assessori di Caruso infatti vengono proprio dalla maggioranza dell’ex sindaco della città Bruzia, confermando un continuum amministrativo che ha portato i bilanci in una situazione “disastrosa”, per stessa ammissione dell’attuale sindaco.

Dunque si continua a  non rispondere alle domande dei cittadini e delle cittadine ma al contrario la questura di Cosenza accelera il passo della repressione dilagante predisponendo, nel giro di una settimana, due misure che non hanno altro scopo che quello di intimorire chi le contraddizioni le vive, le attraversa e le risolve. Meglio ribadirlo subito: accanto a Simone, Jessica e la comunità tutta di Piazza Piccola troveranno una marea.

In un clima instabile, fatto di corruzione e malaffare, la questora Petrocca ha deciso di notificare una richiesta di Sorveglianza speciale a Jessica Cosenza e Simone Guglielmelli per fermare la loro “ascesa criminale” fatta di mutualismo, cooperazione e servizio alla città.

Un provvedimento del genere non trova pari negli ultimi trent’anni a Cosenza se non in Francesco Azzinnaro, attivista sindacale delegato per vertenza dei tirocinanti calabresi; in una città divorata dai Bevilacqua e dai Patitucci, assistiti legalmente persino da qualche sindaco del circondario, – ca va sans dire- il problema è il libero pensiero, la creazione di conflitto sulle questioni che il popolo cosentino e calabrese vive ormai senza speranza alcuna di cambiamento, chi difende i diritti dei margini e della comunità impegnandosi quotidianamente per migliorare le condizioni della Città.

Pochi giorni prima della notifica di sorveglianza speciale, il clima intimidatorio messo in moto dalla questura ha toccato alcuni attivisti di Piazza Piccola, multati per aver organizzato un “tour” in un centro storico abbandonato al degrado con edifici storici che restano immobili, aspettando il crollo: immagine plastica della Calabria.

A chi si oppone al clientelismo e all’abbandono con proposte e attività si risponde con notifiche e intimidazioni di sorta che non hanno altro scopo se non quello di intimare un silenzio placido; ancora una volta: fanno un deserto e lo chiamano pace.

Il nostro è un territorio devastato dalla desertificazione giovanile, dalla disoccupazione funzionale al sistema del bisogno, dalle infiltrazioni della criminalità organizzata in ogni nervo istituzionale ma il problema per la questura di Cosenza sono gli attivisti, i sobillatori della libertà, uomini e donne, corpi che vivono e attraversano la Città cambiandola con le azioni e la pratica.

Il messaggio è quello di sorvegliare e punire, in una democrazia sempre più blanda dove il dialogo, il conflitto e la coscienza popolare non sono contemplati.

A questa provocazione per il libero pensiero non possiamo che rispondere in modo fragoroso, senza avere null’altro da dire che la repressione non spaventa chi lotta affinché ci si possa liberare dalle catene dell’oppressione.

Simone, Jessica, Stefano, miei coetanei, sognatori delusi e mai stanchi, non vi conosco ma vi sento. So da sempre che vorrebbero dividerci, tenerci lontani per non farci vedere quanto siamo simili, in quanti siamo, per non farci riconoscere nella miseria della nostra società e immaginarne una nuova.

La pandemia della nostra generazione ha radici profonde, lunghe più di trent’anni, e ora, quando siamo chiamati a scegliere del nostro destino, arrivano a prenderci e isolarci, pensando di trovarci soli. No, non lo saremo. Rilanciamo una lotta che non possiamo più rimandare, guardiamoci negli occhi per scoprirci fratelli e sorelle, generando parentele, famiglie di cuori e anime, corpi e pensieri. Non è la fine: è un nuovo inizio.