Cosenza, tutti gli intrecci massomafiosi per Piazza Fera (di Saverio Di Giorno)

di Saverio Di Giorno

Piazza Fera di Cosenza ancora una volta nel mirino dell’Antimafia; è l’ennesima volta. Piazza Fera è uno di quei posti mitologici che rappresenta plasticamente il potere in Calabria: come vengono gestite le opere pubbliche, che significato hanno, di quali coperture godono. Quella piazza è un mezzo di scambio, un palcoscenico sul quale si muovono protagonisti che ormai non sanno più dove andare. Stiamo per tornare un po’ dietro nel tempo, per capire cosa si muove intorno a questa piazza.

Tempo fa, in un articolo sul patto tra magistratura corrotta e politica, vi facevamo leggere intercettazioni che risalgono al 2006. Protagonisti, Franco Pacenza (all’epoca Ds), arrestato per avere imposto assunzioni in cambio di copertura politica ed Ennio Morrone, pilastro portante della massomafia cosentina e calabrese, potentissimo perché nella stessa loggia di Clemente Mastella, all’epoca addirittura Guardasigilli.

Ad ordinare l’arresto, il pm Cozzolino. Franco Pacenza vomita bile contro Cozzolino e l’altro lo tranquillizza, “ha trent’anni …  è di Napoli, sappiamo dove se la fa”. Parole già gravi di per se, ma aggiunge anche che deve star tranquillo perché sono già stati informati gli “amici”, così li chiama: Nicola Adamo, Rino, Spagnuolo e Serafini (procuratore di Cosenza all’epoca). Chi sia ad avere brutte compagnie difficile dirlo: se Morrone con gli amici, o gli amici con Morrone. O magari tutti insieme appassionatamente nella stessa loggia coperta. 

Un nastro tuttora pieno di misteri, come tanti ce ne sono in questa storia. È il 2006, ma già si capisce bene il clima che si respira dentro la procura di Cosenza. Molti di questi protagonisti li ritroviamo nella storia dell’appalto di Piazza Fera, prima fra tutti Nicola Adamo, ma anche lo stesso Cozzolino, che archivierà l’inchiesta della procura sulla piazza. Era il 2006 e lui aveva solo 30 anni, come dicono nelle intercettazioni. Sono gli anni delle inchieste di De Magistris, nelle quali si troverà una strana coincidenza: chi non parla di Cosenza andrà avanti nella carriera, gli altri no. Coincidenze.

Questo richiederebbe una divagazione troppo lunga, ma vale la pena ricordare solo una cosa. Cercando tra le dichiarazioni, quelli che subito protestarono per la vicenda di Pacenza furono Marco Minniti (guarda caso anche lui vicinissimo alla rete degli indagati di De Magistris) e Jole Santelli. Quelli che oggi parlano di garantismo.

Ritornando alla piazza e soprattutto alla procura di Cosenza: questa passerà da Serafini a Spagnuolo e qui ad aiutarci nella storia sono delle vere e proprie denunce fatte dal pm Facciolla. Lui riferisce di stretti rapporti tra Spagnuolo (all’epoca all’antimafia) e Luberto. Quest’ultimo, secondo un’ispezione ministeriale, riceve informative da Stefano Dodaro (capo, all’epoca, della squadra mobile di Cosenza), marito di Manuela Morrone, giudice a Cosenza e figlia di quel Morrone delle intercettazioni. E il cerchio si chiude.

Ecco il valore della piazza. Il simbolo della gestione della cosa pubblica a Cosenza: utilizzata per dare “lavoro” e come arma di ricatto per giochi politici (si ricordino le intercettazioni nell’altra inchiesta sulla piazza, Lande Desolate nelle quali appunto i lavori erano utilizzati per ostacolare o favorire carriere).

Ritornando a Luberto: sugli appalti, i traffici e le opere sulle quali indaga lui sembra sempre sparire qualcosa. È stato spostato proprio per questo (aver imboscato le intercettazioni riguardanti il politico Ferdinando Aiello sulla Sibaritide). Di un altro caso particolare, riguardante Scalea, vi abbiamo già raccontato noi e anche qui ritroviamo i soliti protagonisti; ce ne sono anche degli altri che riguardano ospedali e cliniche e anche in questo caso a intralciare il cammino è intervenuto Facciolla. Ora quest’ultimo è stato trasferito nonostante le accuse a suo carico siano archiviate. Come dicevamo, c’è chi “crescendo” inizia ad archiviare e ha la carriera spianata e chi invece non archivia nulla, anzi apre fascicoli e trova diversi ostacoli. Infine, da notare che anche in questi altri casi c’è di mezzo il clan Muto, come sulla piazza di Cosenza. Ma questa è una storia che ha bisogno di un capitolo a parte…

“Ha trent’anni”. Rino Gaetano su questa età cantava: Mi alzo al mattino con una nuova/ Illusione, prendo il centonove per la rivoluzione/ Ma ci ripenso però mi guardo intorno per un po’/E mi accorgo che son solo/In fondo è bella però è la mia età e io ci sto. De Magistris ha ancora 30 anni, Facciolla anche e anche noi vogliamo starci.