Covid Cosenza. L’ultimo saluto a Franco Curti, ala destra della Morrone e della “De Martino” rossoblù vicecampione d’Italia

Il 9 aprile si sono tenuti nella chiesa del cimitero di Cosenza i funerali di Francesco Curti, di anni 77. Per me era zio Ciccio. Una persona trasformata violentemente in un numero tra i morti di Covid nell’ospedale di Cosenza! Fino a quando non avevo vissuto personalmente questo calvario non mi ero reso conto di quanto potesse essere atroce volgare e ingiusta la morte ai tempi della pandemia. Franco amava profondamente la sua Cosenza ed era conosciuto dagli appassionati del calcio cittadino per aver militato prima nella Morrone e poi nella gloriosa formazione giovanile “De Martino” del Cosenza negli anni ’60 e per essere stato in seguito allenatore delle giovanili del Commenda, del Castrolibero e del Rende.

Francesco Curti, classe 1943, era un’ala destra, un “tornante” come si diceva una volta. Su e giù per la fascia: grande corsa e soprattutto rapidità ma anche ottime qualità tecniche e agonistiche. Si era rivelato nella Morrone, la seconda squadra cittadina: ancora giovanissimo, era stato tra i protagonisti della prima storica promozione dei granata di Ubaldo Leonetti in Serie D insieme ai fratelli Emilio e Franco Rizzo (Franco, il più giovane, sarebbe poi passato al Cosenza e al Cagliari e fu il primo calciatore calabrese a vincere uno scudetto e ad esordire in Nazionale), a Benito Pancaro (padre di Pippo, anche lui in seguito protagonista in Serie A e in Nazionale), a Pino D’Angelo, Dante Morimanno, Franco Stancati, Marotta, Prantera, Conti, Luigi Manna e Politano. Nomi gloriosi per chi ricorda la storia del calcio cosentino. Nella stagione successiva, in Serie D, Franco Curti si impose ancora di più nella formazione titolare e le cronache dell’epoca riportano un suo memorabile gol sull’ostico campo di Mazara che valse alla Morrone una splendida vittoria, conquistata tra l’altro in nove uomini. I granata, da matricole assolute, si classificarono al 6° posto strabiliando tutti e Curti venne acquistato dal Cosenza e inserito nella formazione giovanile, la “De Martino” (equivalente alla “Primavera” di oggi), che sarebbe passata alla storia per aver conquistato il titolo di vicecampione d’Italia nella stagione 1961-62.

La formazione del Cosenza De Martino vice Campione d’Italia 1962. In piedi: Lecce, Perfetti, Pisano, Millea, Palmieri. Accosciati: Ippolito, Tascone, Florio, Curti, Malvasi, Ortale

Il tecnico era l’eterno Ciccio Delmorgine e tra i suoi compagni di squadra brillavano il fortissimo libero Franco Millea, i mediani Pietro Malvasi (proveniente dalla Morrone come Curti) e Mario Pisano, i terzini Perfetti e Palmieri, gli attaccanti Salvatore Florio, Nino Ortale e Rolando Gramoglia. I lupacchiotti erano riusciti ad eliminare il Napoli dal girone dopo un elettrizzante spareggio vinto per 4-0 sul neutro di Potenza, poi avevano eliminato anche la Sambenedettese e si giocarono la finale in due partite contro il Genoa. Al vecchio “Morrone” i grifoni si imposero per 2-1 ma a Marassi, nella primavera del 1962, vinse il Cosenza per 1-0 e così il campionato si sarebbe deciso ai calci di rigore. Vinse il Genoa ma i ragazzi cosentini furono senza dubbio i vincitori morali di quel torneo indimenticabile. Curti – che aveva appena 18 anni – rimase ancora per qualche anno tra i giovani del Cosenza e poi iniziò a lavorare, ma non dimenticando mai la sua passione per il calcio e allenando tra gli anni Settanta e Ottanta diverse squadre giovanili. 

Persona buona e sempre disponibile con tutti, è stato per quarant’anni dipendente dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza, concludendo la sua onesta carriera nel ruolo di responsabile del personale quando ancora non c’era la malapolitica di oggi. Con uno spirito che gli ha permesso di sopravvivere a mille avversità (incluso un grave problema di salute alla mano che l’aveva costretto al ricovero). Purtroppo questa volta non è riuscito a vincere la sua battaglia seppur combattendo come un leone. Questa maledetta malattia è bastarda e ti costringe ad allontanarti da tutti e infine a morire da solo. Solo era Franco quando qualcuno lo ha chiuso nella bara con i vestiti che aveva in ospedale quando quasi un mese fa lo avevano ricoverato !

Non ha potuto avere tutti i suoi parenti accanto a piangerlo, a dargli un ultimo saluto. Non ha potuto ricevere un funerale nella sua parrocchia ma la cosa più triste e sconvolgente è che non ha potuto ricevere un ultimo bacio da sua moglie, con la quale ha avuto tre figli e cresciuto quattro nipoti.. e con la quale ha trascorso felicemente quasi tutta la vita. La moglie che in un paradosso pirandelliano all’epoca del Covid ha avuto il triste annuncio della morte del marito nel freddo gelido della Terapia intensiva dell’Annunziata, ricordandoci purtroppo come l’ essere umano è tra i più impotenti della terra.
Ciao zio Ciccio