Covid, record di nuovi casi dall’inizio della pandemia: sono 7.332. Il parere degli esperti

L’Italia registra oggi mercoledì 14 ottobre il picco più alto di nuovi contagi dall’inizio della pandemia di coronavirus: nelle ultime 24 ore sono stati accertati 7332 nuovi casi. Finora il peggior incremento giornaliero di positivi venne registrato il 21 marzo con 6.557 positivi rintracciati a fronte di un numero di tamponi assai più basso e a un numero di decessi molto più alto. Oggi infatti anche il numero di tamponi effettuati ha raggiunto il suo record: 152mila in un giorno. I morti sono 43 e aumentano ancora le persone ricoverate in ospedale: 394 in più rispetto a martedì, 5470 in totale. Allo stesso modo crescono i pazienti in terapia intensiva: oggi sono 539, con un incremento di 25.

Sono 1.844 i nuovi positivi registrati in Lombardia, di questi 1.032 in provincia di Milano, di cui 504 in città. Sono invece 17 i decessi, numero che porta il totale complessivo oltre i 17mila, a 17.011. Nella regione finora più colpita dal coronavirus nelle ultime 24 ore il numero di posti letto occupati nei reparti Covid è aumentato di 99 unità, mentre in terapia intensiva il saldo di ingressi/uscite è +2. Forte rialzo dei contagi anche in Veneto, con 657 nuovi infetti, e in Toscana con 575. Record di incremento in Puglia con 315 casi, di cui 71 riferibili a un focolaio scoppiato in una Rsa di Alberobello. Restano stabili i nuovi positivi in Emilia-Romagna: oggi 339, dopo i 341 di martedì.

Per Andrea Crisanti il nostro Paese è davanti a un bivio: “Così come siamo il sistema è saturo. Via via che i casi aumentano, la capacità di contact tracing e fare tamponi diminuisce e si entra in un circolo vizioso che fa aumentare la trasmissione del virus”. La curva epidemica, come dimostrano i dati dei contagi delle ultime settimane, è già in risalita. E le previsioni del virologo dell’università di Padova, qualora non si intervenga in modo deciso, non lasciano spazio a dubbi: “Tra 15 giorni non vorrei trovarmi a discutere di 15mila casi al giorno“, dice a Rainews24. Un’impennata che si rifletterà anche sulla situazione negli ospedali: i ricoveri in terapia intensiva “sono in ritardo di una settimana, i morti di circa 20 giorni: con l’aumento dei contagi i numeri peggioreranno” È per questo che serve subito un’inversione di rotta, altrimenti “un lockdown a Natale è nell’ordine delle cose”, aggiunge, citando l’esempio della Gran Bretagna che ha deciso di fare un lockdown durante le vacanze scolastiche.

Anche Walter Ricciardi, il consulente scientifico del ministero della Salute e membro del comitato esecutivo dell’Oms, vede nero: “Qualche giorno fa ho stimato che se non si fossero prese misure come quelle che stiamo prendendo adesso si sarebbe potuto arrivare a novembre a 16mila casi (al giorno, ndr)”, dice a Tv2000. “In realtà il ritmo di crescita è talmente forte che potremmo arrivarci anche prima. Per cui è necessario rispettare le vecchie regole e introdurre queste nuove”.

A chiarire ulteriormente quale sarà l’impatto sugli ospedali del Paese è l’epidemiologo dell’Iss, Patrizio Pezzotti: “Tra la comparsa dei sintomi e il decesso trascorrono mediamente due settimane“, avverte a La Stampa. “Perciò le oltre 40 vittime che contiamo oggi sono quelle che si sono ammalate quando avevamo poco più di 1.600 contagi al giorno. Ora, con quasi 6mila contagi in un giorno e con il nostro tasso di letalità, la curva dei decessi tra un paio di settimane è destinata a sfiorare le tre cifre“.

L’unica soluzione, su cui concordano sia Pezzotti che Crisanti, è quella di far ripartire il meccanismo del tracciamento dei contatti. “Il sistema si è rotto facendo aumentare contagi e vittime quando con l’incremento dei positivi non è stato possibile fare sul territorio i tamponi a chi ha avuto contatti a rischio con positivi”, aggiunge l’epidemiologo. Ancora più duro l’esperto padovano, che con la sua strategia ha permesso al Veneto di contenere il virus nei mesi più duri della pandemia. Il problema, spiega sempre a Rainews, è che finora il governo ha adottato “misure per inseguire il virus” anziché “per anticiparlo. È vero che non c’è un manuale per affrontare la pandemia, ma dalla prima ondata avremmo dovuto imparare molte cose“. A suo parere, in realtà un blocco totale dei movimenti è da escludere (almeno per ora). “Forse più che le Regioni dobbiamo chiudere temporaneamente determinate aree di una regione, capire quali sono i luoghi dove ci sono più contagi. Se si generalizza si crea più danno che beneficio”.

Crisanti poi se la prende con i membri del Comitato tecnico scientifico che fin qui hanno consigliato Palazzo Chigi nelle iniziative da intraprendere: “È incredibile che non ci siano esperti del mondo accademico come avviene in tutti i Paesi del mondo. Invece ci sono esperti che l’epidemia l’hanno vista in televisione, non hanno visto come si combatte contro il contact tracing e gli effetti delle misure”. Su un punto il docente padovano è d’accordo con il Cts: i mezzi di trasporto affollati “sono una situazione che favorisce il contagio“. La soluzione, però, non è “discutere se diminuire la capienza”. Una cosa che si potrebbe fare è obbligare i passeggeri a indossare mascherine chirurgiche e vietare l’ingresso con mascherine fai da te“. Fonte: Il Fatto Quotidiano