Ventidue anni senza Giacomo Mancini, l’ultimo sindaco di tutti i cosentini: il corteo di 2 km al funerale

FOTO DI ERCOLE SCORZA

8 aprile 2002-8 aprile 2024. A ventidue anni dalla sua morte, Cosenza non ha mai dimenticato il suo sindaco, Giacomo Mancini, l’ultimo sindaco di tutti i cosentini, specialmente nell’ultimo squallido decennio nero (2011-2011), il più buio di tutti i tempi nella storia di Cosenza, nel corso del quale un viscido impostore, truffatore conclamato e prescritto, ha messo in ginocchio la città facendole conoscere per la prima volta l’onta del fallimento e del dissesto. Non andiamo certo meglio oggi, che a ricoprire quel ruolo è solo il prestanome di quello stesso soggetto che nel 2002 non si fece nessun problema ad “adescare” l’allora ingenua pupilla di Mancini per poi scaricarla come un rottame appena tre anni dopo. Di conseguenza, la stragrande maggioranza dei cosentini oggi si rifugia nel ricordo del Vecchio Leone per non vedere la vergogna nella quale è sprofondata la città. Questa è la cronaca del solenne funerale di Giacomo Mancini. 

Corteo di almeno due chilometri

Funerali di Mancini, migliaia di garofani e l’orazione di Piperno
Il cartello di un gruppo di nomadi: «Il nostro tetto, il tuo paradiso»

di Fabrizio Roncone

Corriere della Sera
12 Aprile 2002

COSENZA – Ai fiorai era stata chiesta una gran quantità di garofani rossi. Così ne han portati mazzi bellissimi, quasi sbocciati nella notte, e c’è chi non s’è fatto pagare. «Per Giacomino, questo e altro», dicono alzando lo sguardo oltre il muro della folla, che aspetta l’arrivo del corteo funebre, nella piazza del Comune. Sono andati a prenderlo a casa, nei vicoli del centro storico: Giacomo Mancini s’era fatto sfuggire questo desiderio qualche settimana fa. Dicono sia stato, fino all’ultimo, lucido e passionale.

Il corteo sarà lungo almeno due chilometri. Avanzano in testa gli uomini della Protezione civile con un numero impressionante di cuscini e di corone fiorate. Seguono i gonfaloni di tutte le città della Calabria, i sindaci con la fascia tricolore e i vigili urbani in alta uniforme. La gente applaude, piange, si tiene per mano. Ci sono signore elegantissime, di nero vestite, accanto a studentesse con il piercing all’ombelico. Preti e operai, handicappati e impiegati comunali. Scolaresche schierate in fila per due.

I negozianti davanti alle saracinesche abbassate. Carabinieri sull’attenti e nomadi che, riconoscenti per l’attenzione con cui il sindaco Mancini seguì le loro sorti, tengono alto un cartello: «Il nostro tetto, il tuo paradiso».

C’è un sole forte: Marco Minniti, dei Ds, sfoggia un paio di occhiali scurissimi. Lo precede il ministro Giuseppe Pisanu, venuto a rappresentare il premier Berlusconi e a rendere omaggio «ad un grande socialista». I socialisti – pochini – stanno in ordine sparso, tra gli amici di una stagione politica durata più di quarant’anni. C’è Enrico Boselli, segretario Sdi, e c’è Giorgio Ruffolo. L’ex ministro democristiano Emilio Colombo è dietro al giornalista Lino Jannuzzi. I fotografi, inutilmente, cercano Claudio Martelli.

FOTO MARCELLINO RADOGNA

I figli dell’uomo che fu segretario, ministro e deputato del Psi, «ma anche e soprattutto patriarca di questa città», letto il messaggio del Capo dello Stato Ciampi, affidano a Franco Piperno, ex leader di Potere Operaio e amico personale del padre, la prima orazione funebre. «Fu tra i pochissimi a rifiutare l’idea delle “leggi eccezionali”. Intuendo che, nei momenti difficili, non bisogna ridurre le libertà del cittadino, ma aumentarle». Poi va al microfono l’ex dirigente del Pci, Emanuele Macaluso. «Giacomo fu un costruttore di democrazia. A volte, purtroppo, incompreso».