Draghi-bis? Un italiano su due dice no: meglio tornare al voto

(DI FEDERICO SORRENTINO – Il Fatto Quotidiano) – Gli italiani hanno così tanta fiducia in Mario Draghi, tanto da volerlo ancora a Palazzo Chigi? Mica tanto. È complicato al momento quantificare se l’appeal di SuperMario possa fare ancora breccia nel cuore degli elettori. La crisi è in divenire, entro mercoledì potrebbe rientrare o forse no. Quindi “è un momento difficile per fare indagini”, rivelano in coro i sondaggisti in queste ore. Eppure, a dispetto dello sciame unilaterale che spinge per la prosecuzione di un esecutivo guidato dall’ex presidente della Bce, nei sondaggi degli ultimi giorni emerge una spaccatura quasi perfetta tra gli italiani che vorrebbero un Draghi-bis e quelli che invece vorrebbero tornare alle urne.

In particolare – rileva Izi Spa in un sondaggio svolto tra il 14 e il 15 luglio e ripreso da La Repubblica – poco più della metà degli italiani (53%) sarebbe contraria alle elezioni anticipate. Dall’altra parte c’è dunque una fetta altrettanto ampia di persone, quasi una su due, che nelle urne ci tornerebbe eccome. Molti di quelli che vorrebbero evitare il voto poi, non sono spinti tanto dalla fiducia in Draghi quanto dall’impressione che ricorrere alle elezioni sia un fastidio, “non sia una buona idea”, “chissà dopo cosa succederebbe”. Quindi meglio allontanare lo spettro delle urne e restare con il Migliore dei dimissionari nonostante il suo gradimento sia sceso sempre di più tra gli italiani negli ultimi 365 giorni: “Dal 58% dell’anno scorso siamo passati al 48-49% attuale”, rivela Noto Sondaggi.

A confermare un sentimento diviso a metà tra i nostri connazionali c’è anche un sondaggio commissionato da Affaritaliani.it ed effettuato da Roberto Baldassari di Lab 21: qui il voto anticipato sarebbe la soluzione preferita per il 45,6% degli italiani (anche qui, quasi uno su due), mentre il 2 ottobre sarebbe la data più probabile per tornare alle urne. Eppure si moltiplicano le richieste per far restare Draghi a Palazzo Chigi: Italia Viva fa partire una petizione, i sindaci delle maggiori città scrivono un appello, il Vaticano si dice preoccupato e invoca “responsabilità”.

Gli stessi partiti sono al momento indecisi su come comportarsi. Stare dalla parte di Draghi oggi non vuol dire solamente fare un governo di unità nazionale, come nel febbraio 2019. I partiti valutano anche quel che succederà da qui in avanti, a pochi mesi dalla fine della legislatura e con una campagna elettorale che inevitabilmente si giocherà su temi che hanno già diviso e fatto discutere l’esecutivo Draghi.

Primo fra tutti, il fattore guerra. C’è infatti il nodo molto ingombrante dell’invio delle armi in Ucraina, spesso tacitato nel dibattito pubblico ma che avrà un peso in futuro. “Il 70% degli italiani è contrario”, ricorda Roberto Weber, direttore dell’Osservatorio Politico. Sembriamo quindi più pacifisti di quanto non faccia pensare l’azione di governo e i partiti questo lo sanno bene: sacrificarsi ora per Draghi e intestarsi certe battaglie potrebbe rivelarsi pericoloso.

Il voto anticipato dall’altra parte spaventa, sarebbe un salto nel vuoto per molti. “C’è una sostanziale spaccatura negli elettori del M5s” ora scisso, ricorda Lorenzo Pregliasco di Youtrend. Quindi: Conte avrebbe lo slancio populista di un Salvini o di un Grillo? Quanti elettori grillini seguirebbero Di Maio? Tornare presto al voto sarebbe comunque “un assist per il centrodestra” come dimostrato da un recente sondaggio, svolto proprio da Youtrend e Cattaneo Zanetto & Co., da cui emergerebbe un boom di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia qualunque sia la coalizione avversaria, con o senza intesa Dem-grillini. Il perimetro delle alleanze è dunque determinante, “oggi ci sono pochi punti fermi specialmente al centro. Non sapere le coalizioni, in presenza di collegi uninominali, complica i calcoli”, ribadisce Pregliasco.

Lo conferma anche Weber: “Di alcune coalizioni non sappiamo nulla, c’è l’atomizzazione del cosiddetto centro ma Calenda, Renzi, Di Maio, +Europa e Verdi non sono facilmente federabili”. Infine c’è il problema della legge elettorale. Tra chi è contrario al voto prevale l’impressione che “tutto possa rimanere così”, tanto che l’ipotesi-elezioni pare animare più i partiti, indecisi se staccare la spina a Draghi o meno.