Ergastolo ostativo: Gratteri critica la sentenza Cedu, ma tace sull’assoluzione di Franco Muto

Peggio dei populisti c’è solo un magistrato populista, in questo caso Nicola Gratteri. Fa specie che un magistrato della sua “levatura”, rispetto alla bocciatura della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo dell’ergastolo ostativo in Italia, si esprima vomitando una serie di cazzate e inesattezze che per il mestiere che fa, viene da dire: ma siamo sicuri che Gratteri abbia conseguito la laurea in giurisprudenza?  Perché dopo l’intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano, dove “analizza” i possibili e nefasti effetti della “rimozione” dell’ergastolo ostativo, i dubbi che abbia letto anche la Costituzione italiana sorgono spontanei. Eppure i magistrati giurano sulla Costituzione, e si presume che tutti sappiano cosa c’è scritto dentro. Ma Gratteri evidentemente si è dimenticato dell’articolo 27 della nostra Costituzione che recita così: “La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.  Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato [134].Non è ammessa la pena di morte”.

Ma nonostante ciò si diletta nel lanciare falsi allarmi solo per far accrescere la sua fama di castigatore di mafiosi, così come fa Salvini quando dice questo governo non è stato votato dal popolo, dimenticandosi di dire che la nostra è una Repubblica parlamentare.

Gratteri come Salvini ama parlare alla pancia della gente, strumentalizzando l’analfabetismo funzionale dei tanti italiani disposti a credere alle sue chiacchiere, tipo: da domani tutti i boss in galera condannati all’ergastolo potranno tornare liberi. Non è così, e questa non è certo la giusta interpretazione (alla sentenza Cedu) che ci si aspetta da un magistrato avveduto e rispettoso della Costituzione che ha sempre il dovere di spiegare al cittadino come stanno realmente le cose, e difendere con ogni mezzo necessario lo stato di diritto. Ma a Gratteri più che lo stato di diritto e la Costituzione interessano i riflettori dei media puntati sulla sua stella. E pur di essere illuminato è disposto a fare del becero populismo anche sui principi fondanti della nostra civiltà giuridica. A cui lui evidentemente non appartiene.

Resta un fatto: come mai Gratteri si affanna a parlare della sentenza Cedu –  dicendo che se ne vanno in malora 150 anni di storia di lotta alla mafia –  e non ha mai pronunciato una sola parola sulla sentenza che assolve Franco Muto dall’essere mafioso? Come mai Gratteri sulla mancata mafiosità di uno dei boss più sanguinari della Calabria, sentenza pronunciata dal Tribunale di Paola, non ha mai proferito una sola parola? In questo caso, caro Gratteri, la lotta alla mafia, non va in malora?

È chiaro da tutto questo che Gratteri non ha mai letto Sciascia, altrimenti saprebbe che per un magistrato difendere lo stato di diritto è la prima regola. Una lettura che gli consigliamo. Così come gli consigliamo di tirare fuori un po’ di coraggio e dire apertamente, invece di dilettarsi in inutili populismi, che è per l’abolizione dell’articolo 27 della Costituzione. Lo dica chiaramente se ha coraggio. Dica chiaramente che bisogna abolire questo articolo della Costituzione che favorisce, secondo lui, i boss mafiosi.

E comunque, per rispondere in modo adeguato a tutte le castronerie pronunciate da Gratteri forniamo ai lettori le precisazioni del professor Andrea Pugiotto, ordinario di diritto costituzionale all’Università di Ferrara, tra i massimi esperti in Italia di ergastolo ostativo, sulla sentenza della Cedu, che dice:

“Dopo la decisione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, non è vero che, come ho letto, rivedremo circolare per le strade i boss mafiosi. Questa è una bugia anche se detta da un procuratore antimafia”.

Continua: “Caduto l’automatismo ostativo si ritornerà alla regola della valutazione giurisdizionale individuale. Si chiama riserva di giurisdizione ed è prevista dalla Costituzione come meccanismo di garanzia per tutti i cittadini, detenuti compresi. Chi preferisce un giudice ‘passacarte’, in realtà mostra totale sfiducia nella magistratura di sorveglianza, preferendo alla sua autonomia e indipendenza una sua subordinazione alle informative degli apparati di polizia”.

Conclude dicendo: “I giudici europei non ignorano affatto il fenomeno mafioso, ma sanno che nessun reato, per quanto grave, legittima la violazione della dignità umana protetta dal ‘divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti’ previsto dall’articolo 3 della Cedu. Non sono affatto sorpreso di questa decisione. La sentenza Viola del 13 giugno scorso non faceva altro che applicare al caso italiano una giurisprudenza consolidatissima che considera contraria all’articolo 3 della Cedu una pena perpetua priva di concrete prospettive di liberazione del detenuto, alla luce del suo percorso educativo. Solo chi antepone la logica della politica a quella, stringente, del diritto, poteva anche solo ipotizzare un esito differente”.