Estate 2019, Vinicio Capossela e l’estasi del Kaulonia Tarantella Festival: l’altra faccia della Calabria

Francesco Cirillo l’ha scritto con grande risalto nel corso dell’estate che ci ha appena lasciato: per nostra fortuna resiste ancora una Calabria diversa. “… Vuoi per la cattiva pubblicità dovuta alla presenza delle cosche ‘ndranghetiste, vuoi per una politica diversa fatta negli anni precedenti, in questa parte della Calabria non si vedono le brutture del Tirreno. Qui il tempo sembra essersi fermato. Non c’è alcuna invasione turistica, non esistono spiagge blindate, e lungo la 106, tra uno stabilimento balneare e l’altro ci sono chilometri di spiagge libere. Caulonia, Stigliano, Riace, Camini, Monasterace, Siderno conservano ancora oggi spiagge stupende, e ancora di più andando verso Reggio Calabria ci si abbaglia per la bellezza di panorami stupendi liberi dal cemento e da formicai umani. I paesi che si attraversano percorrendo la 106, vigilano molto sulla propria identità culturale e gastronomica. Hanno una storia millenaria e nelle feste paesane si sentono solo tarantelle e si vede gente ballare solo la tarantella calabra. Il dialetto è quello reggino che varia da paese a paese, e le influenze sono solo quelle dei territori. Paesi straordinari con centri storici come quello di Bova, di Bivongi, di Caulonia, di Riace, Monasterace, o Locri, mantengono ancora quegli antichi profumi e sapori della vecchia Calabria. I segni dell’abbandono dei centri storici sono i segni della politica calabrese, non quelli del turismo caciarone e aggressivo. La cosa è ben diversa ed è proprio da qui che potrebbe nascere il sogno di una Calabria diversa, basata su un turismo fatto di visitatori e non di mannari, rispettosi delle tradizioni locali e della gente e rispettosa dell’enorme patrimonio storico culturale che qui è presente in ogni paese…”. 

Cirillo ha proprio ragione e non dev’essere un caso se quest’anno in una di quelle feste paesane appena citate, il Kaulonia Tarantella Festival, ha fatto tappa un grande della musica italiana, Vinicio Capossela, che il 17 agosto ha dato vita ad un concerto-spettacolo che – dopo il Jova Beach Party – è stato certamente il più grande evento dell’estate calabrese, per giunta gratuito e aperto a tutti e senza rompimenti di coglioni di manager più o meno caciaroni e imbroglioni.

Alla fine, Capossela era estasiato, tanto da scrivere testualmente: “Kaulonia Tarantella Festival, un Minotauro emerso dai mari di Magna Grecia, richiamato dai tamburelli e dalla battente di Francesco Loccisano. Grazie a tutti gli amici delle Calabrie. Serata indimenticabile, sotto l’egida del Cristo Filantropico“.

VINICIO CAPOSSELA
Ballate per Uomini e Bestie: Atto UnicoIl concerto è stato l’occasione per presentare le canzoni del nuovo disco “Ballate per uomini e bestie”. Un’opera di grande forza espressiva che guarda alle pestilenze del nostro presente travolto dalla corruzione del linguaggio, dal neoliberismo, dalla violenza e dal saccheggio della natura.

In un’epoca in cui il mondo occidentale sembra affrontare un nuovo Medioevo inteso come sfiducia nella cultura e nel sapere e smarrimento del senso del sacro, Capossela sceglie di pubblicare un canzoniere che, evocando un Medioevo fantastico fatto di bestie estinte, creature magiche, cavalieri erranti, fate e santi, mette in mostra le similitudini e il senso di attualità che lo legano profondamente alle cronache dell’oggi. Il racconto e il canto divengono strumento per tentare un riavvicinamento al sacro e alle bestie, indispensabile punto di accesso al mistero della natura, anche umana.

La forma scelta da Capossela per questa sua nuova impresa artistica è quella della ballata, come occasione di pratica metrica e di svincolamento dalla sintesi. La ballata prende il caos delle parole in libertà, l’esperienza liquida del divenire, le riduce a storia e le compone nel fluire di strofe. Tra i quattordici brani che compongono l’album non mancano poi canzoni ispirate alla grande letteratura, da testi medievali alle opere di poeti amati come Oscar Wilde e John Keats.

In scaletta, oltre ai brani del nuovo album, anche alcuni classici del repertorio di Capossela legati a doppio filo al tema del concerto.

«Erano diversi anni che ricevo l’invito a partecipare a questo festival così dionisiaco – ha affermato Capossela –. Avrei voluto esserci già dai tempi di “Canzoni della cupa”, che è un lavoro sulla radice. Dylan negli anni 60 diceva “non c’è niente di rassicurante nella musica folk”. Essa viene dalle leggende e dalle pestilenze, come rose che crescono nelle orbite dei teschi. Nella musica folk c’è anche una potenza primigenia, vulcanica. C’è l’amore, l’ingiuria, il sonetto. Rappresenta un poema della storia dell’umanità scritta da ognuno».Ecco, chi ha visto il concerto di Capossela a Caulonia si è potuto inebriare, come lui stesso, di tutte queste cose. Vinicio tornerà in Calabria a dicembre ma in un teatro, a pagamento e con un manager rompicoglioni che dovrà “fatturare” sulla sua arte. Per fortuna, noi siamo stati a Caulonia ed era tutto gratis e anche irripetibile. Ciao papponi…