Estate a Casa Berto, Lirio Abbate: “Il giornalismo libero come argine al potere mafioso”

Dopo uno scintillante inizio con Diego De Silva, Francesco Costabile ed il suo docufilm su Piero Tosi, e dopo l’incantevole lettura di Ovidio di Anna Della Rosa, giovedì scorso è stata una giornata pienissima di avvenimenti a villa Berto, a Capo Vaticano, con l’intervista al Gal Terre Vibonesi, la lecture di Lirio Abbate sul giornalismo e infine l’attesissimo concerto dei Cumededè, ormai star musicali della Calabria, capitanati dal grande Checco Pallone e da Piero Gallina.

Davanti ad un numeroso ed attento pubblico accorso a villa Berto, a Capo Vaticano, Lirio Abbate, vicedirettore de L’Espresso, giornalista di inchiesta e scrittore di successo, ha difeso la libera informazione come argine contro le mafie a cui proprio queste ultime sono solite mettere il bavaglio con azioni violente e dimostrative. Per tale ragione, alcuni “martiri” dell’informazione, alcune vicende giudiziarie sono sempre di attuale importanza per essere riposte nel dimenticatoio.

Sono le storie di tanti bravi e coraggiosi giornalisti, il leitmotiv del monologo di Abbate: Giuseppe Fava, Cosimo Cristina, Mauro De Mauro, Giovanni Spampinato, Giuseppe ‘Beppe’ Alfano, Mario Francese e suo figlio Giuseppe, Giancarlo Siani, Mauro Rostagno, Peppino Impastato.

Il giornalismo, quindi, come argine al potere mafioso, la stampa libera in difesa della democrazia: questi i temi proposti dal noto saggista palermitano, nel suo “Non erano eroi ma giornalisti. La libertà di informare oggi” andato in scena nel quadro delle manifestazioni culturali promosse dalla rassegna “Estate a casa Berto”.

Ad un attento uditorio, Abbate ha proposto in sequenza diapositive, video, foto, per ricordare alcuni dei tanti bravi giornalisti che hanno avuto il coraggio di raccontare e denunciare le prevaricazioni mafiose, pagando con il sangue il loro coraggio. Tra le tante vittime di Cosa Nostra, Giuseppe “Pippo” Fava, scrittore, saggista e giornalista siciliano ucciso nel 1984 da cinque proiettili calibro 7,65 alla nuca, per essersi opposto alla malavita catanese, di cui denunciava instancabilmente le violenze. Una storia, questa, finita tragicamente ed in modo simile a quella di tantissimi altri suoi colleghi, come Mauro de Mauro, rapito dai sicari di cosa nostra la sera del 16 settembre 1970 e di cui solo quarant’anni dopo, grazie alle rivelazioni di un pentito, è stato svelato dove fu ucciso e seppellito.

E, ancora, Giuseppe Alfano, Mario Francese, Giancarlo Siani e Peppino Impastato, quest’ultimo nato da una famiglia mafiosa che però ha sempre combattuto denigrandola attraverso la radio locale Radio Aut, realizzata assieme ad alcuni suoi valorosi amici.

Un accenno è stato anche rivolto alla nota inchiesta “Mafia capitale”, il sistema mafioso di Roma retto da Carminati e che Lirio Abbate aveva denunciato già due anni prima che la magistratura, e le istituzioni tutte, ne svelassero i contorni.

La serata si è conclusa con l’ottima performance musicale dei Cumededè, gruppo composto da dodici elementi, tra cui otto percussionisti, che hanno proposto vari gusti musicali e diversi arrangiamenti, spaziando nelle epoche, nei generi e nei contesti sociali con originalità e raffinatezza.

Nel programma di stasera spicca la proiezione de “La terra dell’abbastanza” di Damiano e Fabio D’Innocenzo con la protagonista Milena Mancini presente a casa Berto e il concerto a mezzanotte al night di Massimo Garritano creato dal grande scrittore sulla punta di Capo Vaticano.

Si conclude domani con la proiezione del documentario di Rai Cultura su Berto, per la prima volta proiettato fuori dal piccolo schermo. Antonia Berto e un ricordo di suo padre concluderanno la quinta edizione della rassegna ormai adulta e sicuramente ormai caposaldo dell’estate calabrese.