Cosenza, falsi precari all’Asp. Scenario da fine impero: potere gestito con disinvolta arroganza

Chissà cos’avrà pensato il Cinghiale, al secolo Tonino Gentile, quando ha letto il contenuto dell’avviso di chiusura indagini notificato dall’allora procuratore aggiunto Marisa Manzini anche ai suoi colonnelli, che oggi è diventato un rinvio a giudizio a tutti gli effetti.

Diciamo subito che c’è una sorta di “pentito” in questa vicenda, che è Pasquale Capicotto da Pianopoli, funzionario regionale e già responsabile dei lavoratori lsu-lpu. Sono le sue ricostruzioni dei fatti la base dalla quale partire per arrivare all’interdizione dai pubblici uffici prima e alla chiusura indagini dopo.

Il giudice deve fermarsi al livello dirigenziale, a quello dei “colletti bianchi”, almeno per ora, ma è chiarissimo che tutti sono pedine di un collaudato sistema che noi descriviamo ormai da anni e che finalmente trova spazio anche nelle ordinanze di un giudice. E dove il livello politico è rappresentato principalmente da Nicola Adamo, referente politico dell’ex sindacalista Franco Mazza e dei dirigenti regionali coinvolti e da Tonino Gentile, padrino politico dei dirigenti dell’ASP che hanno confezionato il pacco dei falsi precari. Con il contorno di tutti quei peones, da Magorno a Serra da Pappaterra a Covello e di imbarazzanti nipoti, nuore, parenti e affini. Se ognuno dovesse dichiarare quello che sa cioé la verità saremmo davanti ad un voto di scambio e ad una corruzione elettorale conclamate.

“La ricostruzione dei fatti fornita – scriveva il giudice Greco per motivare le interdizioni dai pubblici uffici – delinea uno scenario di decadenza da fine impero nel quale si osserva la definitiva subordinazione di fondamentali gangli della pubblica amministrazione a interessi privati. 

La degenerazione è tale che numerosi dirigenti apicali di uffici pubblici mostrano di adoperarsi al solo fine di dirottare risorse pubbliche in complessi – per non dire “perversi” – meccanismi volti a captare il consenso elettorale necessario ad alimentare le basi del potere gestito con disinvolta arroganza nell’ambito di organi istituzionali di diretta investitura democratica.

Le dichiarazioni di Capicotto provengono dal cuore di un sistema degenerato nel quale le istituzioni della Repubblica, disancorate dal perseguimento dei propri fini istituzionali operano al prioritario fine di assicurare la sopravvivenza di un sistema che pare del tutto inconsapevole di essere ormai prossimo alla catastrofe economica e finanziaria”.

E torniamo al Cinghiale. Cos’avrà pensato quando avrà letto la stessa profezia che gli faceva tempo fa un suo ex amico che ci raccontava la sua bramosia di denaro e potere?

Di sicuro, si sarà rifugiato nel finale tranquillizzante delle veline dei big del giornalismo, che quando devono parlare dei politici usano soltanto i nomi di Adamo e Serra e si dimenticano completamente di lui ovvero dell’arroganza fatta persona. O se preferite Tonino ‘o milionario. Povera Cusenza nostra.