Franceschini, tutti gli uomini (e i flop) dell’imperatore della Cultura

(Luigi Lupo – true-news.it) – Come lui, nessuno mai. Dalla nascita, nel 1975, del Ministero per i beni e le attività culturali, fondato da Giovanni Spadolini, nessuno come Dario Franceschini ha occupato la carica di ministro per così tanto tempo. Il politico ferrarese, anima centrale di AreaDem, siede sulla poltrona del Ministero dei Beni Culturali dal 2014. Prima con Renzi, poi con Conte, ora con Draghi. Ma come mai? Quali saranno i suoi strabilianti poteri? Innanzitutto la diplomazia, o meglio, il saper tenere i rapporti a destra e a sinistra.

Il democristiano Franceschini, da Ferrara ai palazzi della politica romana

Scrittore, aspetto da intellettuale radical chic, Franceschini è ben voluto da tutti perché, da vero democristiano (i suoi esordi sono proprio all’interno della Dc con cui nel 1980 viene eletto consigliere comunale a Ferrara), non è alieno al compromesso politico. Durante il governo Enrico Letta del 2013, è Ministro per i Rapporti con il Parlamento. Tradotto: è il pontiere della strana alleanza tra Pdl e Pd.

E poi primo sostenitore del sostegno del Pd ai Cinque Stelle, promosso già dalle Regionali del 2015 e poi concretizzatosi nel governo giallorosso all’interno del quale ricopre il ruolo di Ministero degli Interni.

Ma come sta andando l’operato del re della cultura italiana? Del flop della piattaforma It’s Art true-news.it ha già scritto e peraltro il deputato Belotti della Lega, che sta interrogando il ministro in merito al bilancio della presunta “Netfix italiana”, ci ha ribadito di non aver ricevuto risposte.

Sembra soddisfatto il mondo dei libri, secondo fonti vicine al settore sentite da true-news.it, per il bonus 18app, che sta spingendo la lettura tra le giovani generazioni e i vari finanziamenti per promuovere la centralità dei libri. Lo stesso, però, non si può dire dei beni culturali.

Movimento “Mi Riconosci”: “Giudizio negativo su lunghissimo operato di Franceschini”.

Dove Franceschini ha imposto “una svolta netta al lavoro e al funzionamento del Ministero”.

A dirlo è il movimento “Mi Riconosci”, nato nel 2015 dall’intuizione di un gruppo di studenti e giovani professionisti legati alla galassia dell’organizzazione studentesca Link: il gruppo nasce come campagna sull’accesso alle professioni dei beni culturali e sulla valorizzazione dei titoli di studio del settore. Ed è fortemente critico sull’operato di Franceschini:” Dal punto di vista della nostra associazione – racconta a true-news.it la referente Rosanna Carrieri – il giudizio sul lunghissimo operato non può che essere negativo, per due motivi principali”.

Il ruolo della partecipata Ales

Il completo disinteresse per il lavoro, e per i salari indecenti che vengono proposti negli appalti del settore, anche negli istituti ministeriali, con l’espansione della società partecipata ALES che ha finito per diventare un ministero parallelo ed evitare assunzioni pubbliche“.
Ales è la società in house del MIC Ministero della Cultura – che ne detiene il 100% del pacchetto azionario – impegnata da oltre quindici anni in attività di supporto alla conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e in attività di supporto agli uffici tecnico – amministrativi del Socio Unico.

Presidente, riconfemato pochi mesi fa a capo di Ales, è Mario De Simoni che ricoprirà l’incarico per un ulteriore triennio, fino al 2025. De Simoni è una figura che, a giudicare dal CV, ha un variegato bagaglio di esperienze in società, non solo in ambito culturale: ha iniziato la carriera in Diners Club S.p.a, la storica società di carte di credito che nel 2020, paradossalmente al termine del lockdown, quando i pagamenti digitali sono stati incentivati, è stata messa in liquidazione volontaria, le sue carte di credito sono state rese inattive nel corso dei primi mesi del 2021.

E poi amministatore delegato di una società di Bisceglie, nel nord barese, che curava la gestione ambientale del paese prima di diventare, nel 1989, Direttore della Divisione Arte e Cultura per la società Artesia e Daniele Jacorossi Spa, facente parte della holding petrolifera “Gruppo Fintermica”. Insomma, ruoli di peso, come anche quello ricoperto dal 2003 al 2016 in Palaexpo Roma. Un’altra partecipata, società dove De Simoni è di casa. Da queste esperienze, De Simoni, fidato di Franceschini, matura la privatizzazione dei beni culturali.

La nota della Corte dei Conti su Ales

E, infatti, dalla relazione approvata dalla Sezione controllo enti della Corte dei conti con delibera n. 21/2021, emerge che, nel 2019, risulta – si legge sul portale della Corte dei Conti “che Ales ha gestito complessivamente 58 contratti di servizio, di cui 28 stipulati con le Direzioni generali del Mibact e 30 con gli Istituti culturali dotati di autonomia e con i c.d. Grandi musei, per un totale di 29 contraenti e 161 Referenti sul territorio, con i quali la struttura si è costantemente relazionata per gli aspetti organizzativi e gestionali”. Un aumento della spesa e del valore di produzione che ha portato nel 2019, sfogliando il bilancio, a un decremento dello stato patrimoniale rispetto all’esercizio precedente del 5,20 per cento, attestandosi a circa 105,74 mln, di fronte ai a 111,54 mln del 2018, a causa della diminuzione dell’attivo circolante (5,18 per cento).

Carrieri: “A Franceschini piace garantirsi comunicati stampa a profusione a discapito della manutenzione di numerosi siti culturali”

Continua Carrieri: “Oltre alla “gestione privata o privatistica di sempre più beni culturali, con la creazione di nuove fondazioni, l’aumento dei prezzi dei biglietti, la scelta di puntare tutto su poche manciate di siti, privilegiando mega progetti (alcuni fallimentari – si pensi a verybello o itsart – o superflui, come la ricostruzione dell’arena del Colosseo”, a Franceschini piace apparire ” in modo da garantirsi comunicati stampa a profusione, senza curarsi della manutenzione ordinaria e del fatto che centinaia di altri siti stiano nel frattempo chiudendo o riducendo drasticamente i servizi“.

Il “sistema” delle nomine ai musei: Franceschini fa girare i suoi fedelissimi

Ma Franceschini è stato anche il fautore di una delle più radicali innovazioni nella gestione del ministero. Rinnovando, a modo suo, con un’impronta politica piuttosto che tecnica, il sistema delle nomine dirigenziali ai musei autonomi e agli isitituti di cultura. “E’ passato – continua il movimento “Mi Riconosci” – da nomine interne per concorso a nomine esterne fiduciarie, che fanno seguito ad una selezione per titoli e colloquio, dando un imprinting più politico e meno tecnico al ministero. I cosiddetti concorsi internazionali, sono in realtà bandi per i quali vengono selezionati prima 10 candidati ammessi – secondo criteri molto vaghi – al colloquio orale e poi individuata una terna di possibili dirigenti, per arrivare infine alla nomina fiduciaria, appunto. Sono dunque nomine in deroga, che dal 2016, quando questo nuovo genere di “concorsi”, a seguito della Riforma Franceschini, sono iniziati hanno già sollevato diverse perplessità all’interno del nostro settore. Non sono mancati infatti ricorsi, e non va taciuto che il 4 febbraio la Corte dei Conti ha presentato al Ministero dei rilievi in merito alle ultime nomine, sottolineando come non risultasse chiarita la valenza attribuita al colloquio e ai criteri per l’individuazione della terna“.

Con questo sistema, Franceschini farebbe girare i suoi fedeli da una direzione all’altra. Come nel caso di Massimo Osanna: a marzo 2014 è succeduto a Giuseppe Proietti in qualità di Soprintendente archeologo per i Beni Archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia, dal 2016 è stato direttore generale della Soprintendenza di Pompei, carica tenuta fino al luglio 2020 quando è passato al ruolo di Direttore generale dei Musei del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali. Nell’aprile 2021 Osanna ha inoltre avocato a sé la direzione ad interim del Parco archeologico di Paestum e Elea-Velia, in attesa della selezione del nuovo direttore tramite bando. Insomma, Osanna re dei più importanti siti archeologici e culturali italiani.

La Corte è anche intervenuta sul dpcm del 20 ottobre 2020 con cui Franceschini ha nominato Stéphane Verger, membro del Consiglio scientifico del Musée du Louvre, come direttore del Museo Nazionale Romano chiedendo che “venisse chiarita la motivazione del giudizio che deve connotarsi per correttezza e trasparenza“.

Indietro nel 2015, anno in cui Franceschini era Ministro ai Beni Culturali e al Turismo durante il governo Renzi, la Corte faceva notare “che il 90 per cento dei servizi dei musei era in mano a 8 società concessionarie“. E oggi la situazione non è tanto differente: ad esempio, CoopCulture, una delle società più grandi che si occupa di beni culturali, è presente in 127 musei, mentre Civita in 29.

Civita, il think tank degli amici di Franceschini

Civita apre un altro capitolo curioso degli intrecci politici e dirigenziali di Franceschini: il think tank, che si definisce ” protagonista nel campo della promozione culturale”, è presieduto da Gianni Letta che, secondo numerosi rumours, avrebbe affiancato il Dario del Pd nella promozione a Fuortes come ad della Rai. Ma le sorprese non finiscono qui. Nel comitato di presidenza di Civica, compare anche il nome di Domenico Arcuri. Proprio lui, commissario dell’emergenza nel 2020, “mister mascherine”, fortemente supportato da Franceschini. Un vero navigatore della politica e delle nomine, a capo del personale impero della cultura italiana.