Franco Pino e Spagnuolo: il gioco delle tre carte con Grimoli per il delitto Chiappetta

Mario Spagnuolo

Secondo lo stato italiano, Franco Pino non è più un pentito. Dopo 21 anni di collaborazione, la Giustizia ha stabilito che il suo compito è finito ma non ci ha mai detto, in tutti questi anni, a che cosa è servita la sua opera, se non ad avallare teoremi che non stavano né in cielo e né in terra, ad accusare gente già defunta o già in galera da decenni e a non disturbare in nessun caso i “manovratori”. Mai. Abbiamo scritto più volte che i “registi” del pentimento di Franco Pino sono stati l’ex procuratore della Repubblica Alfredo Serafini e quello che ha preso il suo posto (occupato per 8 anni da un buffone travestito da magistrato come Granieri). Parliamo di Mario Spagnuolo, ovvero l’ideale continuità di Oreste Nicastro e del suo “maestro” Serafini.

Dicono che sia cambiato. Dicono che dopo 20 anni passati tra la DDA di Catanzaro e la procura di Vibo Valentia, Spagnuolo sia diventato un altro uomo. Ma il problema è che le nostre vite, anche se cambiano radicalmente, ci appartengono sempre, fino a quando non esaliamo l’ultimo respiro. E allora, per far capire davvero come a Cosenza non si sia mai voluto fare giustizia, è giusto raccontare qualche caso-limite che magari Spagnuolo avrà dimenticato ma che la città di Cosenza non dimentica.

Agli inizi del 1999, dopo la farsa del processo Garden, bisognava smontare anche altri processi, tra i quali il più urgente era quello per l’omicidio del consigliere comunale rendese nonché costruttore, Pino Chiappetta, ucciso nel 1990 da un commando in un circolo ricreativo.

Franco Pino

Ad un certo punto della storia, Franco Pino, nel febbraio 1999 per la precisione, se ne esce con una dichiarazione-shock: “La magistratura di Cosenza manipola le mie affermazioni! Ci sono gravissime irregolarità nella gestione dei verbali relativi alle mie deposizioni”.  Insomma, Pino accusa i suoi amichetti Serafini e Spagnuolo di manipolargli le dichiarazioni. Secondo il pentito, Spagnuolo il furbo avrebbe manipolato i verbali facendo apparire come principale imputato e mandante dell’omicidio l’imprenditore Antonio Grimoli, concorrente diretto della buonanima di Chiappetta.

A Cosenza, dove nulla è come appare, non ci crede nessuno e si pensa immediatamente al solito gioco delle parti o, se preferite, al gioco delle tre carte tra Pino, Serafini e Spagnuolo.  E così, il 26 febbraio 1999, all’udienza del processo per l’omicidio del consigliere comunale di Rende Pino Chiappetta, in corso a Cosenza, il pm Mario Spagnuolo ha difeso il suo operato, consegnando una nota alla presidente della Corte, Maria Teresa Cameli. Spagnuolo, che secondo Pino avrebbe manipolato i verbali per inchiodare Antonio Grimoli (ovviamente a chiacchiere), ha rivendicato la correttezza dell’operato degli organi inquirenti. In aula, per alcuni minuti, è comparso anche il procuratore capo Alfredo Serafini.

Alfredo Serafini

Ma Pino ha ribadito le sue accuse. Il collaboratore di giustizia, in particolare, ha affermato di non aver mai fatto il nome di Grimoli come andante dell’esecuzione mafiosa. L’ex boss di Cosenza ha riferito ai giudici di avere in realtà fatto un altro nome che però non sarebbe comparso nei verbali. Chiappetta fu assassinato nell’ottobre del ’90. Secondo l’accusa, la sua eliminazione fu decisa nell’ambito di un regolamento di conti legato alla gestione di un appalto. Spagnuolo, nel corso dell’udienza, ha letto un documento della procura con il quale sono state ribadite la “chiarezza”, la “linearita’” e la “trasparenza” dell’operato degli organi inquirenti.

grimoli 2In realtà, la procura di Cosenza (e quindi Serafini e Spagnuolo) non ha nessuna intenzione di condannare Grimoli e usa l’espediente della finta diatriba con Franco Pino per inquinare, come al solito, le prove, fare il figurone degli intransigenti con Pino (ma ci credono solo i caggi) per poi arrivare, come da copione consolidato, all’assoluzione o al massimo alla condanna mite per Grimoli, Che, in realtà, è colui che trae i maggiori benefici dalla morte di Chiappetta. 

Ma se proprio tutto questo non fosse stato sufficientemente chiaro a tutti, anche un altro pentito ci mette il “carico”. Si trattava di Francesco Tedesco, ex latitante, il quale ha riferito di aver chiesto, dopo il suo arresto, di conferire con il magistrato. Tedesco ha sostenuto di aver fornito delle informazioni sull’uccisione di Chiappetta (che sarebbe stato eliminato al fine di allontanare dai corposi appalti che riguardavano la città un concorrente scomodo), omicidio al quale, a suo dire, Grimoli sarebbe stato estraneo.

Secondo il collaboratore, queste sue dichiarazioni non furono prese in considerazione dal magistrato che lo avrebbe anzi “dimenticato” per alcuni mesi in isolamento. Che tristezza il gioco delle parti o ancora meglio il gioco delle tre carte. Io faccio finta di voler incastrare Grimoli e tu dici che è tutto falso. E che tristezza è stata rivedere la faccia (triste) di Spagnuolo di nuovo al ponte di comando della procura di Cosenza… La faccia di uno che non cambierà. Mai.