Gennaro De Cicco e il mito di Radio Scanderbek: “Un curioso giocattolo”

di Adriano D’Amico

Un curioso giocattolo, per la Apollo Edizioni di Bisignano (CS), è il nuovo libro del prof. Gennaro De Cicco, intellettuale di spicco dell’Arberia, giornalista, pubblicista, storico presentatore del Festival della Canzone Arbereshe; il suo è un romanzo storico che scorre via veloce e narra con l’affetto che merita chi non c’è più e ti ha dato tanto, la storia della Radio Libera Scanderbek, emittente radiofonica nata a San Demetrio Corone nel 1977, faro culturale dell’Arberia nel tempo che fu.

Il prof. De Cicco, protagonista di quella stagione, nel libro apre il suo cuore, i suoi ricordi e ci consente di entrarci e di leggere le tante storie che si accavallano, d’un fiato; di leggere, attraverso la Radio, la storia di quegli anni, nei quali le radio libere sorgevano un po’ ovunque in Italia, al nord come al sud, sull’esempio di ciò che avveniva oltreoceano, negli States, ove Wolfman Jack, Lupo Solitario DJ, diventavano un mito per milioni di ascoltatori ed Eugenio Finardi, in una delle sue canzoni più belle, diceva di amare la Radio: “…perché arriva dalla gente, entra nelle case e ti parla direttamente, se una radio è libera, è libera veramente, la amo ancor di più perché libera la mente…”; libertà, dunque, comunicazione diretta, immediata, tanta musica leggera, tanta musica POP.

Ecco, quindi, che nel 1977, a Terrasini (PA), allorché Peppino Impastato, un giovane militante di Democrazia Proletaria, insieme ad un gruppo di suoi amici fondava Radio Aut e sfidava Tano Seduto con il sottofondo straordinario di A wither shade of pale dei Procol Harum, a San Demetrio Corone si provava a sfidare decenni di immobilismo politico nazionale sulla questione delle minoranze linguistiche, e non solo, lanciando l’idea della Radio Libera, che si chiamava come il leggendario eroe albanese, Scanderbek e diventava, o meglio, voleva diventare, La Voce degli Italo Albanesi.

Questo doveva essere Radio Scanderbek, una voce libera ed autorevole in un contesto che tanto libero ed autorevole non era; una voce libera ed autorevole per l’Arberia, che si immaginava unita e forte; da qui, la redazione di San Demetrio Corone e le redazioni di Firmo, Lungro, San Basile, Spezzano Albanese, Plataci, ognuna con a capo un referente illustre di quel mondo, di quella piccola Patria, abitata da uomini  rissosi, irascibili e carissimi, gli arbereshe.

Per lungo tempo fu così; ed in quel magico contesto, con quello spirito, nacque nel 1980 il Festival della Canzone Arbereshe, nel 1982 il Concorso Nazionale di Poesia Arbereshe; il primo a San Demetrio Corone, il secondo a Santa Sofia d’Epiro, nei manifesti originari si legge: “…organizzato dall’Avv. Giuseppe D’Amico e dall’Amministrazione Comunale di … con la collaborazione della Radio Libera Scanderbek…”.

Il sogno della Radio è svanito, certo! Ma ciò è accaduto quando tutti i suoi collaboratori, o quasi, per un motivo o per un altro, hanno abbandonato la Redazione di Via Redenzione, delegando, giorno dopo giorno, ad altri, pesi, responsabilità e costi di gestione; si è passati in un paio d’anni dagli speciali sulle tradizioni culturali degli arbereshe, di rilievo nazionale, ai programmi pirotecnici di fulmine e tuono, con la sede spostata in un palazzo di Via Campo Sportivo.

La Radio, La Voce degli Italo Albanesi, quella scommessa lanciata insieme da un gruppo di amici e sognatori, svanì; i tanti giovani che nel corso degli anni si erano succeduti ai microfoni della emittente culturale arbereshe, se ne erano andati, senza dare spiegazioni, senza preavviso.

Non posso non ricordare gli ultimi mesi di programmazione di Radio Scanderbek: la prima generazione di dee jay non c’era più, ed anche la seconda era passata; io facevo parte a pieno titolo della terza ed ultima generazione, e ricordo bene i momenti di felicità vissuti negli studi di RLS; erano gli anni del Liceo, dei primi amori, delle dediche appassionate, Voglio Ridere, dei Nomadi o Lilly, di Antonello Venditti, delle cose dette e non dette; insomma, per dirla con Edoardo Bennato, erano solo canzonette e non piacevano più all’ultimo socio rimasto, proprio perché erano solo canzonette, proprio perché non esistevano più le redazioni di zona, i programmi culturali, non esisteva più il sogno; era venuto meno completamente lo spirito che aveva fatto nascere Radio Libera Scanderbek, La Voce degli Italo Albanesi.

Ricordo le mie lacrime di quella sera in piazza monumento, sui tubi, dopo aver spento per sempre il trasmettitore; la commozione del mio amico Antonio Loricchio e le espressioni usate da Pino Cacozza su Driza, giornale locale del tempo.

Ricordo un po’ meno i commenti saccenti di pseudo intellettuali, che contribuirono a far svanire il sogno, mostrando assoluta indifferenza verso quel progetto; di quelli che lo denigrarono; ciò nonostante, ci fu chi non si fece intimorire, né denigrare, né schernire, né sconfiggere e continuò a perseguire il suo progetto culturale per l’Arberia, fino agli ultimi giorni della sua vita.

La nostra comunità deve ringraziare il prof. De Cicco per il suo lavoro di ricerca e spronarlo a continuare; tutti quanti noi, ragazzi negli anni 70, dobbiamo ringraziarlo per aver collocato nella storia del nostro paese, nell’importante storia del novecento, un curioso giocattolo, rendendolo così immortale.