Calabria. Giornalisti prezzolati, la relazione del Ministero: 6 milioni percepiti illegittimamente. E la Regione ne assume ancora!

Qui non è più questione di colore politici perché va avanti così ormai da più di dieci anni e centrosinistra e centrodestra si sono alternati. Ventitré giornalisti calabresi sono stati e vengono ancora pagati illegittimamente a peso d’oro e senza mai aver partecipato ad un concorso. E fanno capo sia all’una sia all’altra “parrocchia”. 

Chiamati direttamente dal potere politico che rappresentano sfacciatamente e puntuali come un orologio svizzero nel presentarsi alla cassa per ingrassare se stessi e i padrini politici ai quali leccano il culo da anni.

Addirittura già nel 2015 il Ministero dell’Economia e delle Finanze aveva reso pubblica una relazione al vetriolo contro questo vergognoso stato di cose. I compensi illegittimi che avevano percepito ammontavano a qualcosa come 5 milioni 858mila euro, quasi equamente divisi tra la struttura speciale dell’ufficio stampa del consiglio regionale e quella dell’ufficio stampa della giunta regionale. E questi 5 milioni 858mila euro si sono tranquillamente almeno raddoppiati nel corso dei 5 anni che sono passati. 

Poiché nel calderone sono degnamente rappresentate tutte le anime di una Casta, quella dei giornalisti calabresi, che viaggia di pari passo con quella politica, agli organi di (dis)informazione della nostra regione è stato tassativamente vietato di pubblicare i dettagli della relazione.

Di conseguenza, siamo ben felici di informare i cittadini sui loro megastipendi attraverso le tabelle dettagliate che, tra l’altro, sono pubbliche…

Ma entriamo nei meandri di questa “gioiosa macchina da guerra”.

Partiamo da Oldani Mesoraca, tuttora dentro l’ufficio stampa della giunta, esperto cerimoniere catanzarese. Era un semplice amministrativo. Si dimise e fu assunto, con legge, come giornalista, ma ciò non era possibile, poiché dal momento stesso in cui ci si dimette si esce dalla pubblica amministrazione. Eppure è ancora lì e percepisce i suoi bravi soldini.

Patrizia Greto (moglie di Pietro Melia, giornalista Rai in pensione), Giovanni Merlo (genero di Filippo Veltri, caposervizi dell’Ansa in pensione), Natale Licordari (figlio di Tonio, ex caporedattore della Gazzetta del Sud), Giuseppe Meduri (figlio di Renato, ex senatore di Alleanza nazionale), Mario Vetere (corrispondente del Quotidiano) e Massimo Antonio Calabrò non hanno mai fatto un concorso.

Filippo Diana, Luisa Lombardo e Cristina Cortese hanno superato un concorso a tempo determinato e sono stati stabilizzati illegittimamente dall’Ufficio di presidenza, anche qui in contrasto con l’art. 97 della Costituzione.

Mario Oliverio, quando era appena arrivato, ha dato il benservito a tutti i giornalisti dell’ufficio stampa della giunta ma l’ufficio di Presidenza del consiglio regionale non ha fatto lo stesso con Romano Pitaro e Gianfranco Manfredi, che sono rimasti tranquillamente al loro posto.

Ma ritorniamo alla relazione del Ministero.

STRUTTURA SPECIALE UFFICIO STAMPA DEL CONSIGLIO REGIONALE E RIVISTA “CALABRIA”

Cinque unità di personale.

“Destano perplessità – si legge nella relazione – le modalità di reclutamento del personale. E infatti, con deliberazione dell’Ufficio di presidenza, si procede all’assunzione diretta di tre giornalisti: Cristina Cortese, Filippo Diano e Luisa Lombardo (2005). Il legislatore regionale non può avere disposto la libera assunzione del personale così come effettuato dall’ente, che risulta pertanto totalmente illegittima in quanto disposta in violazione del principio costituzionale che recita “… ai pubblici uffici si accede mediante concorso”.

Dagli atti esibiti dall’ente emerge una ulteriore anomalia rappresentata dalle nomine del capo dell’ufficio stampa Gianfranco Manfredi e dal vice capo dell’ufficio stampa Romano Pitaro.

Assunzioni poi ulteriormente prorogate con una prima deliberazione dell’Ufficio di presidenza n. 1 del 16 gennaio 2006 con la quale si prorogano gli incarichi in esame fino al 30 giugno 2006.

Poi, successivamente a tale data, l’ente non ha esibito ulteriori atti se non la deliberazione dell’Ufficio di presidenza n. 70 del 7 agosto 2012 con la quale viene nominato, quale capo dell’ufficio stampa, Romano Pitaro.

A tale proposito, si deve necessariamente osservare che la proroga delle assunzioni così disposta andava effettuata prima della scadenza del termine finale (31 dicembre 2005) e non dopo (16 gennaio), così come ha invece ritenuto di fare l’Ufficio di presidenza ma soprattutto genera perplessità l’esame dei contratti di lavoro così sottoscritti. E infatti, i contratti di “lavoro a tempo pieno” con i quali sono stati incaricati i giornalisti sopra indicati, non fanno riferimento a nessuna procedura selettiva per la loro individuazione (carattere fiduciario)”.

Maria Cristina Cortese, Filippo Diano, Luisa Lombardo, Gianfranco Manfredi e Romano Pitaro hanno percepito illegittimamente dal 2008 al 2012 qualcosa come 3 milioni 400mila euro. E sono ancora al loro posto…

L’UFFICIO STAMPA DELLA GIUNTA DELLA REGIONE CALABRIA

“Per la definizione dell’ufficio stampa – si legge ancora nella relazione del MEF -. l’ente ha sempre ritenuto di far ricorso a professionalità esterne senza tenere in nessun conto invece delle possibilità di reperire all’interno delle proprie risorse umane il personale idoneo allo scopo violando il decreto legislativo numero 165/01.

Con deliberazione del consiglio regionale è stato assunto a tempo indeterminato (28 febbraio 1995) Oldani Rocco Mesoraca laddove lo stesso avrebbe rassegnato le dimissioni in data 31 marzo 1995”. Una sorta di tragicomica barzelletta, che costa ai calabresi decine di migliaia di euro!

Il quadro delle somme illegittimamente erogate al personale così assunto è impressionante.

Silvio Mellara, Mario Vetere, Giuseppe Meduri, Giovanna Carla Rondinelli, Natale Licordari, Massimo Antonio Calabrò, Rita Campanaro, Emilia Casciaro, Laura Cimino, Paola Nania, Marianna Russo, Giuseppe Soluri, Giacomo Di Iasio, Francesco Ferrara, Patrizia Greto e Giovanni Merlo sono costati alla Regione oltre due milioni di euro in quattro anni.

E mentre la legalità vorrebbe che si facesse finalmente un regolare concorso, Jole Santelli ha appena nominato altri sei papponi che vanno ad aggiungersi alla moglie di Melia e al genero di Veltri nella pappatoia: si tratta di Pietro Bellantoni e Mario Campanella, che ormai hanno girato tutti i “colossi” dei massomedia calabresi e sono più sputtanati delle prostitute, di Pippo Gatto e Armando Acri, lecchini riconosciuti in quota Occhiuto prima e Santelli adesso, di un fotoreporter e di una sociologa. Della serie: continuiamo così, facciamoci del male!