Giustizia. Caro Gratteri, l’impunità per i ladri di stato esiste da sempre, e lei lo sa bene

Ogni volta che ci capita di scrivere qualcosa sul dottor Gratteri, sentiamo il bisogno di partire sempre con la stessa premessa, e questo per meglio far comprendere ai soliti imbecilli – spadaccini a tutti i costi che si sentono investiti del sacro compito di difendere l’onore e la rispettabilità del loro beniamino, anche quando, ed è il nostro caso, non ce n’è bisogno – che nominare Gratteri si può.

Solo il nome di Dio non si pronuncia invano, e Gratteri non è Dio: le critiche che muoviamo al dottor Gratteri non sono mai sulle sue riconosciute qualità umane e professionali, che Gratteri è una persona onesta noi lo abbiamo sempre scritto (anche se per gli imbecilli restiamo dei blasfemi), ma sulle sue quotidiane esternazioni da tuttologo. Gratteri non è un totem, non è una immaginetta sacra, non è un santone, un guru, un semidio, una figura mitologica, il Papa; Gratteri è un onesto magistrato che ha scelto anche di diventare un personaggio pubblico, e in quanto tale, soggetto, al pari di tutti, a critiche.

Non si commette peccato a criticare un suo libro, una suo pensiero, una sua convinzione. Del resto Gratteri è un uomo libero che esprime il proprio pensiero in ogni dove: radio, giornali, Tv, convegni, perché non dovremmo esserlo anche noi? La libertà di espressione non è una esclusiva di Gratteri, il diritto alla parola appartiene a tutti, anche agli imbecilli. Ognuno, assumendosi le proprie responsabilità, è libero di dire ciò che vuole: gli imbecilli possono liberamente continuare a pensare a noi come dei sacrileghi, e dei bestemmiatori, e noi vogliamo essere liberi di criticare Gratteri, senza per questo subire mobbing da legioni di imbecilli convinti di essere dei crociati alle prese con una guerra santa. Avere visioni diverse del mondo fa parte della realtà, succede. E noi non sempre ci troviamo d’accordo con il Gratteri/pensiero. E quando succede lo scriviamo, motivando sempre la nostra legittima critica, è così che funziona la democrazia, si rassegnino gli imbecilli.

Da qualche settimana Gratteri è impegnato, legittimamente, ad esternare in ogni dove la sua feroce critica sulla riforma della Giustizia voluta dal “governo dei migliori”, che definisce la peggiore di sempre. Con questa riforma dice Gratteri, si garantisce l’impunità agli amici degli amici, ai colletti bianchi collusi, e ai politici corrotti che incappano nelle maglie della giustizia. E questo potrebbe essere vero. Se hai un buon aggancio in Tribunale e un bravo avvocato capace, attraverso mille trucchetti, di tirare il processo per le lunghe, la prescrizione del reato è assicurata.

Ma è anche vero, ed è quello che non dice Gratteri, che di fatto l’impunità dei marpioni e dei massomafiosi, di fatto già esiste. E la prova della loro impunità è sotto gli occhi di tutti: Cosenza isola felice. Gratteri sa bene, perché ha preso visione dell’inchiesta sul “Sistema Cosenza” che va avanti da quasi 7 anni, che ci sono personaggi che neanche lui può toccare: politici, magistrati e servitori dello stato infedeli che, a Cosenza, si sono macchiati dei peggiori crimini contro i cittadini e lo stato.

Eppure, nonostante le prove a loro carico, continuano imperterriti e impuniti a saccheggiare le pubbliche risorse e a violentare la Costituzione. Prima di parlare dell’impunità garantita dalla riforma Cartabia ai ladri di stato, Gratteri, dovrebbe spiegare com’è possibile che una cupola di massomafiosi agisca impunita da decenni a Cosenza, senza mai “pagare dazio” per le loro risapute e provate malefatte. Solo così i suoi discorsi acquisterebbero genuinità. È facile dire che il governo garantisce l’impunità alla classe politica, senza mai dire che se l’impunità esiste è anche perché esistono decine e decine di magistrati (sono almeno 15 i magistrati del distretto di Catanzaro indagati dalla procura di Salerno per collusione e corruzione, inchieste di cui si sono perse le tracce) al servizio del malaffare.

Gratteri dovrebbe spiegare, prima di accusare gli altri di favorire l’impunità, come mai il suo ufficio non ha inteso dare seguito all’inchiesta sul “Sistema Cosenza”: che fine ha fatto “il fascicolo” con le dichiarazioni dei pentiti, dei consiglieri comunali, dei professionisti, dei servitori dello stato, insieme ad anni e anni di intercettazioni, pedinamenti, e appostamenti, sugli intrallazzi massomafiosi a Cosenza? Ecco, caro dottor Gratteri risponda anche a queste domande, se ci riesce. Altrimenti la sua critica sulla riforma Cartabia resta, per noi, solo un cumulo di chiacchiere.