Giustizia nel caos. Gratteri, Salvini, il “giglio magico” e il centrodestra più mafioso che ci sia

Più le cose evolvono e più sembra che in Calabria già da tempo si fosse cristallizzato il sistema di potere Salvini – Renzi che si preparava a eliminare politicamente e forse in alcuni casi giudiziariamente il precedente. Si sono trovati esperimenti e alleanze che ora sembrano delinearsi anche a livello nazionale, nonostante – almeno ufficialmente – l’ebetino stia appoggiando il governo Conte 2. E lo si è fatto soprattutto in una cena di cui ci siamo già occupati… Più o meno un anno e mezzo fa. Il ristorante era “La lanterna”, luci soffuse e sguardi amichevoli. Le indiscrezioni mormoravano di 6000 euro a tavolo. Ovviamente tutto offerto, tutto pagato. Da chi? Da chi aveva organizzato la cena e cioè dall’associazione “Fino a prova contraria”. Il tema centrale, infatti, era il garantismo. Si parlava di riforma della giustizia. E ne parlavano politici, imprenditori e magistrati. Molti imprenditori, alcuni politici e alcuni magistrati.

Bisogna sottolineare alcuni perché altri come Federico Cafiero De Raho l’avevano ritenuto inopportuno. Davigo nemmeno – secondo alcuni – aveva gradito. E allora chi c’era? Gratteri, Salvini e Boschi sicuramente. Il giglio magico renziano era tutto presente, insieme a Salvini l’ex ministra Paola Severino, e gli ex ministri leghisti Giulia Bongiorno e Lorenzo Fontana, che conversavano pacatamente con il procuratore Nicola Gratteri. Oltre a lui il procuratore di Palermo Lo Voi (quello che si era occupato del caso Diciotti!).

Praticamente la fotografia a distanza di un anno di chi avrebbe poi votato contro la riforma della prescrizione di Bonafede. Prove tecniche. E la riforma di Bonafede non cade a caso in questo discorso perché a quel tavolo si parlava proprio di garantismo. “Siamo stati da sempre garantisti” dicono i leghisti, e poi c’è l’opinione (riportata) di Gratteri, che diceva che non avrebbe preferito iniziare la riforma dalla prescrizione, ma puntare sull’informatizzazione. Salvini invece diceva che voleva processi più veloci.

L’opinione del procuratore di Catanzaro sembrava essere abbastanza in linea con quella detta con foga a Di Martedi quando aveva ripetuto – appunto – l’importanza dell’informatica e che dopotutto era sempre meglio di niente e magari serviva a spingere ad altro. E probabilmente però oggi non si troverebbe cosi d’accordo con i suoi commensali. Da quel gennaio 2019, infatti, sono passate alcune foto fondamentali. L’appoggio della Lega all’azione di Gratteri in Calabria e addirittura un incontro con Salvini in piena campagna elettorale. Gennaio 2020, appena un mese prima dell’emergenza virus, alla vigilia della vittoria del centrodestra più mafioso ed impresentabile che si sia mai visto in Calabria.

Non solo, ma nel frattempo Renzi ha fondato Italia Viva e tutta una serie di figuri molto chiacchierati ci si sono fiondati dentro. In Calabria il referente è l’ex parlamentare PD, Magorno. Proprio il parlamentare che aveva mollato l’ex governatore Oliverio mentre Gratteri portava avanti Lande Desolate, e si apprestava a farsi fotografare accanto allo stesso procuratore in un incontro a Diamante.

Giochi di potere che in Calabria si sperimentavano. Chi ha avuto il fiuto di capire da che parte tirava il vento ha spiegato le vele e ha salpato, gli altri sono rimasti incastrati e abbandonati come per esempio Enza Bruno Bossio, Nicola Adamo e probabilmente persino uno eccellente come Pino Gentile (abbandonato da Scopelliti). Perché il sistema che cerca di instaurarsi è trasversale esattamente come quello che lo ha preceduto e ha governato fino a ieri. E qualsiasi sistema di potere non può che essere tale.

Non è certo un mistero che Salvini abbia voglia di levarsi dai piedi tutto l’entourage che ancora fa capo a Berlusconi. In Calabria è stato chiaro anche se l’opera non gli è riuscita completamente.

Prima che lo si insinui, non si vuole certo pensare che le azioni di Gratteri siano state pensate per delegittimare, se non altro, solo determinate persone e cioé Palla Palla e il Pd corrotto ma non certo quello che faceva capo a Renzi. Di sicuro, è stato proprio il procuratore ad “azzoppare” Palla Palla, bloccandone la ricandidatura e in pratica decidendo con largo anticipo la vittoria del centrodestra impresentabile almeno quanto il beone di San Giovanni in Fiore.

Non stiamo certo dando ragione alla terribile Madame Fifì, che lo ha detto apertamente perchè – al di là della vittoria del centrodestra in odor di mafia -, sembra che Gratteri adesso abbia un’opinione distante dai suoi ex-commensali sulla riforma (ha detto che la accetta con riserva…) e quindi c’è da pensare che prima o poi “azzopperà” anche quei campioni che hanno portato voti determinanti al centrodestra e che già sono spuntati nell’inchiesta “Rinascita”. Per esempio, Pino Gentile della famiglia dei Cinghiali di Cosenza, elemento centrale della loggia coperta di Pittelli e Chiaravalloti. Ma pure Vito Pitaro e Brunello Censore, formalmente a sinistra ma che hanno finito per correre con la destra. Per non parlare del re degli impresentabili, l’orripilante Mimmo Tallini da Catanzaro, oggi addirittura presidente del consiglio regionale (!). 

Al resto del centrodestra, poi, ci dovrebbe pensare a Reggio il suo amico Bombardieri, che già a febbraio ha arrestato Creazzo e chiesto l’arresto di Siclari ma che ha tutte le carte in regola per “accalappiare” loschi figuri del calibro di Ciccio Cannizzaro detto “bummino” e Giuseppe Neri, che hanno portato migliaia e migliaia di voti “sporchi” alla causa del centrodestra più mafioso ed impresentabile che ci sia.

Ma le questioni più urgenti per Gratteri sono quelle di Cosenza. Ivi compresa quella che fa capo al cerchio magioco renziano, tutto schierato dalla parte del famigerato gruppo paramafioso de iGreco. E che è alla base della clamorosa rottura con i magistrati Lupacchini e Facciolla, con annesse intercettazioni che scottano e che potrebbero “pericolosamente” venire alla luce. Ma non solo. C’è sempre quella vecchia inchiesta – che fu prima di Bruni e poi di Falvo – che porta alle elezioni comunali di Cosenza del 2011 e del 2016 vinte entrambe da Mario Occhiuto (sempre “salvato” dalle coperture della sua ex amica Jole Santelli) ma con l’assenso determinante – oltre che dei clan cosentini della ‘ndrangheta – proprio del Pd, che ha giocato a perdere in entrambe le occasioni.

E c’è anche il processo Passepartout, dove indagato risulta pure Rocco Borgia, un amico di babbo Renzi, e c’è da fare chiarezza anche su chi è quel parlamentare all’epoca del Pd intercettato nell’inchiesta Frontiera (pochi mesi prima che Gratteri si insediasse) vicino al clan Muto sul quale poi con un omissis è calato il silenzio. Perché se Gratteri non intervenisse su queste vicende, finirebbe per dare ragione a Madame Fifì, che diceva che le sue inchieste avevano un solo obiettivo: far vincere il centrodestra più mafioso ed impresentabile che ci sia mai stato in Calabria. E questo ormai lo dice persino la Santelli, figuratevi un po’ come siamo messi…