Gratteri confessa: “Nelle indagini sulla massomafia oltre un certo livello non posso andare”

NICOLA GRATTERI MAGISTRATO

Alla fine, dopo tanto esternare, anche Gratteri si è arreso alla triste realtà dei nostri territori dove la massomafia la fa da padrona, confessando che oltre un “certo livello” le inchieste non possono andare. Finché si tratta di indagare e arrestare “crapari” con l’hobby del narcotraffico, le lodi si sprecano; fino a che le sue inchieste coinvolgono qualche personaggio borderline legato al mondo delle professioni o delle piccola politica locale, i complimenti fioccano, ma se poco poco alza il tiro oltre il dovuto, i complimenti diventano minacce e il magistrato che conduce le indagini diventa un personaggio scomodo. Niente di nuovo in Italia. Lo abbiamo visto con Falcone e Borsellino. Ma la novità sta nel fatto che anche Gratteri finalmente lo dice. E lo dice chiaramente: “Finché indaghi su nomi e cognomi noti della ‘ndrangheta tutti ti dicono che sei bravo, che hai coraggio. Ma se vai a toccare i centri di potere oliati che si interfacciano con la ‘ndrangheta e la massoneria deviata allora diventi scomodo. E cominci a dare fastidio”.

Gratteri confessa quello che scriviamo da anni: a Cosenza, e non solo, esiste una cupola massomafiosa capace di fermare anche un magistrato come Gratteri. Che nulla può contro gruppi di potere che controllano ogni aspetto della vita sociale, economica e politica della nostra regione. E questo spiega bene il perché Cosenza è definita un’isola felice, checché se ne dica. Nessuno ha mai osato indagare sui pezzi da 90 che operano, nel malaffare, indisturbati nella nostra città, nessuno ha mai osato indagare per dare un nome e un volto a queste persone. Lo diciamo da sempre: a Cosenza l’impunità per gli amici degli amici è garantita dalla “cupola” che, come dice Gratteri, deve avere forti agganci con pezzi di istituzioni deviate: ministri, sottosegretari, deputati, senatori, alti magistrati, banchieri, burocrati di ogni ordine e grado, vertici delle forze di polizia, e grandi professionisti del malaffare.

A Cosenza se appartieni alla cupola puoi commettere tutti i reati che vuoi che nessuno ti dice niente: si sa che a Cosenza il giro di affari sporchi è talmente grosso che possono comprarsi chiunque. E la prova che a Cosenza giunge il denaro sporco da ogni dove, sta nella presenza massiccia di sportelli bancari. Il che cozza con la realtà economica locale dove l’unico lavoro è quello pubblico, e la disoccupazione, tra i giovani, supera il 60%. La domanda che ne consegue è semplice: se nessuno lavora, se non esistono fabbriche e grandi “attività produttive” a che servono tutti questi sportelli bancari in città? Chi versa denaro in queste banche?

Domande alle quali nessuno può rispondere. Toccare questo tasto significa finire nei guai seri. E questo Gratteri lo sa da sempre, anche se lo dice solo ora. E lo sappiamo bene noi che per denunciare tutto ciò ne abbiamo passate di tutti i colori.

Vorremmo chiedere al dottor Gratteri a cosa e a chi si riferisce quando parla di “centri di potere oliati”. Vorremmo chiedere al dottor Gratteri se è in grado di fare nomi e cognomi di chi “ostacola” il suo lavoro. Vorremmo chiedere al dottor Gratteri se sa indicarci in quali zone grigie delle istituzioni si nascondono quelli a cui le sue inchieste danno fastidio.

Ma sappiamo bene che anche queste domande resteranno senza risposta. Gratteri non può fare di più di quello che fa: oltre un certo livello anche per lui vale “l’imponimento” di non andare avanti. E la mancanza di azioni giudiziarie forti contro il malaffare massomafioso che regna in città lo dimostra. Cosi come è evidente che anche la procura di Salerno si è dovuta arrendere ai massomafiosi che gli hanno imposto l’insabbiamento di tutte le inchieste a carico di 15 magistrati delle procure di Cosenza, Catanzaro e Crotone, tranne che per Facciolla. L’unico che aveva osato denunciare certi poteri.

Diceva bene chi diceva (proprio perché conosceva bene la situazione) che dobbiamo imparare a convivere con il malaffare. Purtroppo per noi calabresi non c’è via d’uscita. Neanche questo governo, che tanto si vanta delle lotta contro la mafia, è riuscito a promuovere la benché minima azione contro i corrotti. Basta guardare il silenzio del ministro Bonafede sui tanti fatti illeciti che hanno coinvolto mezza magistratura calabrese, per capire che neanche il governo può mettere becco negli affari degli amici degli amici calabresi.

Mettiamoci l’anima in pace e speriamo in un sussulto d’orgoglio di popolo contro i corrotti, che se aspettiamo a Gratteri, o qualche altro magistrato, ni cci trovanu ridiannu!