I segreti del riciclaggio: i Compro-oro

L’ultima tappa della nostra trilogia sui segreti del riciclaggio tra istituti finanziari, centri scommesse e Compro-oro, termina proprio con questi ultimi, che spesso (così come gli altri due) non mostrano trasparenza e le attività che svolgono nascondono ben altri fini.

I negozi Compro-oro a Cosenza, crescono a dismisura (non è possibile effettuare una stima precisa, dato che non tutti devono essere necessariamente registrati), comunque se ne contano circa 35.

I cittadini passeggiando per le strade della città e notando il numero elevato di compro-oro, sono soliti domandarsi, data la crisi, “ma chi si vende oro di questi periodi, se non riusciamo neanche a comprarlo? Come fanno queste attività a sopravvivere nei tempi bui in cui navighiamo?”

In realtà aprire un negozio compro-oro non è un’impresa particolarmente complessa ed è raro in questo tipo di attività il pericolo di invenduto, dal momento che le società di raccolta dell’oro spesso stipulano col negozio delle convenzioni che regolamentano il ritiro della merce, che tra l’altro viene pagata immediatamente.

Spieghiamo nel dettaglio cos’è e come si può aprire un negozio di compro-oro.

COS’ E’ UN COMPRO-ORO

L’attività di tale negozio consiste essenzialmente nella vendita di gioielli
e oggetti preziosi di altra natura a privati, grossisti, intermediari e società di fusione dei metalli.

Ciò che caratterizza questo tipo di negozio, e che lo distingue da una normale oreficeria, è il fatto di acquistare esclusivamente oggetti usati, per poi rimetterli nel mercato come prodotti finiti, oppure come oggetti da rottamare destinati alla fusione. L’investimento iniziale è piuttosto modesto, il mercato di riferimento è stabile e le competenze necessarie per svolgere il lavoro sono facilmente acquisibili. Questi elementi determinano un relativamente basso rischio d’impresa.

Per questo crescono a dismisura…

COME APRIRLO

Innanzitutto, per aprire un Compro-oro bisogna richiedere l’autorizzazione alla questura, non prima di averne data comunicazione al comune e Camera di Commercio e aperta la partita IVA. Per ottenere la licenza da parte della Pubblica Sicurezza, sono necessari il possesso di determinati requisiti, quali la fedina penale pulita.

Bisogna anche disporre di un locale che abbia una superficie di almeno 20 mq in cui vengano adottate le misure di sicurezza idonee a garantire l’incolumità delle persone che vi lavorano all’interno (presenza di paratie con vetri blindati antisfondamento, di cassaforte, di sistema di allarme, di telecamere di videosorveglianza).

Chi intendete effettuare la vendita di oro usato esclusivamente con l’obiettivo di mandarlo poi alle fonderie, deve attenersi ad una serie di regolamentazioni e leggi, come la TULPS e la 7/2000. Per rivendere l’oro bisogna aspettare almeno 10 giorni, il tempo cioè necessario per gli eventuali controlli da parte della Finanza. Il compro-oro deve identificare il proprio cliente mediante un documento di identità munito di fotografia in corso di validità al momento della compravendita degli oggetti preziosi. Il cliente deve essere maggiorenne. E’ vietato l’acquisto di oro usato da parte di minori.

Dunque, ciò che è certo, è che aprire un compro-oro è facile e fa guadagnare.

Ma anche questi sono facile nascondiglio per la mafia e le attività illecite. E chi osserva attentamente il fenomeno capisce che dietro l’insegna compro-oro c’è un mondo sommerso, che viaggia sul treno della legalità ma che è compare stretto con l’illegalità.

 “Negli ultimi anni, questo genere di attività – che galleggiano sul sottile filo che divide legalità e illegalità – si sono decuplicate, non esiste via o piazza senza il suo bel angolo di disperazione. Il giro d’affari è di circa 7-10 mld di euro ogni anno, le regole sono labili o inesistenti e dietro molte attività vi è la mano della malavita, lesta ad invadere le opportunità che il mercato globalizzato offre. Lo confermano i dati della Guardia di finanza. Difatti solo l’1% dei compro-oro è registrato presso l’apposito elenco di Bankitalia.”

Infatti chiunque svolge l’attività di commercio di “oro da investimento” e/o di “materiale d’oro ad uso prevalentemente industriale” senza averne dato comunicazione alla Banca d’Italia, ovvero in assenza dei requisiti richiesti, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da lire quattro milioni a lire venti milioni (art. 4 della Legge n. 7/2000).

USURA, RICICLAGGIO, RICETTAZIONE 

I Compro-oro per i motivi prima elencati, sono difficili da controllare; alcuni aprono, chiudono e cambiano proprietario nel giro di una decina di giorni. Il trucco sta proprio lì in quei dieci giorni.
Come funziona?

Attraverso la criminalità organizzata acquistano le attività, pagandole il triplo del valore reale, intestandole a prestanome. Intestatari di società quasi sempre estere, che nel giro di una settimana passano ad altri e poi ad altri ancora, attraversando paesi fino a far perdere le tracce del primo acquirente.

La legge citata prima, che dice che i proprietari devono tenere in giacenza l’oro per 10 giorni con la fonte di provenienza segnata in un apposito registro, non sempre viene rispettata. Se i proprietari prendono un grosso quantitativo dai malavitosi, lo rivendono e una volta che si sono perse le tracce del denaro sporco, chiudono subito.

Impossibile fare un controllo per la polizia amministrativa, ed è impossibile scoprire da dove proveniva il tesoro sporco. Così il negozio passa nelle mani di un nuovo proprietario, a cui veri e finti indigenti, continuano a portare oro e oggetti di valore.

Dunque ricapitolando: quando l’organizzazione ha bisogno di ripulire del denaro attraverso l’oro aprono le attività, prendono il grosso quantitativo, lo pagano al 10% a chi lo porta, chiudono i battenti dopo la grande operazione, e poi cedono la proprietà. Lo fanno in dieci giorni.

Questo è il quadro completo di una “magica trilogia” dell’inganno e del malaffare, dove è proprio il caso di dire, non è tutto oro quel che luccica.

Valentina Mollica