Il carisma di Luigi Miceli

Cosenza partecipa ai moti costituzionali (1813; 1829; 1837) e importanti sono stati i moti mazziniani del 1844 che ispirarono la sfortunata impresa dei fratelli Bandiera.

Nel 1844 arrivano a Cosenza nuovamente il re e la regina per dimostrare che era città fedele, ma nessuno li accoglie, scatenando così la rabbia del sovrano. Lo stesso avviene nel 1853.

Nel 1860, allo sbarco di alcuni garibaldini sulle coste calabresi, i liberali cosentini irrompono in città al grido “Italia, Garibaldi e Vittorio Emanuele”, inizia la ritirata dei Borboni, il comitato insurrezionale si pone alle dipendenze di Garibaldi. Cosenza entra a far parte del regno d’Italia. Il generale fa il suo ingresso in città, i cosentini lo accolgono con tiepido entusiasmo. Nello stesso anno Cosenza è tra le prime città a proclamare Vittorio Emanuele Re d’Italia. Cosenza passa sotto un’altra dominazione, la più bieca, cinica ed emarginante, quella dei Piemontesi.

A livello parlamentare, al contrario di quanto succede alla guida della città, per almeno vent’anni si registra la leadership carismatica di Luigi Miceli.

E’ stato cospiratore, soldato, deputato d’opposizione, ministro. Il primo vero politico di spessore espresso da Cosenza.

Nato a Longobardi, rinuncia alla carriera di magistrato, alla quale i genitori volevano avviarlo, e s’iscrive alla Giovine Italia di Giuseppe Mazzini. Partecipa ai preparativi della rivoluzione calabrese del 1847 e, più direttamente, a quella del 1848. Dopo l’arrivo di Giuseppe Ricciardi in Calabria, è segretario del comitato insurrezionale, detto di Pubblica Sicurezza, e combatte contro le truppe borboniche. Fallita la rivoluzione, passa a Roma a difendere quella repubblica (1849).

Nel 1860 è tra gli organizzatori della Spedizione dei Mille di Giuseppe Garibaldi, a cui partecipa personalmente. Alla presa di Palermo viene promosso capitano.

Dopo l’Unità d’Italia è eletto deputato per il collegio di Paola (1861), siede a sinistra e fa parte del Partito d’Azione. Sotto di lui viene preparato il progetto per gli operai vecchi e inabili al lavoro e altre riforme di grande utilità sociale. Nel 1863 Luigi Miceli si dimette da deputato per protesta contro l’intervento militare contro i Garibaldini in Aspromonte da parte del Governo italiano.

Spostatosi su posizioni politiche più moderate, nel 1878 è ministro dell’Agricoltura; in seguito diventa Ministro dell’Industria e Commercio del Regno d’Italia nei Governi Cairoli, De Petris e Crispi. Il 17 novembre 1898 fu assunto all’onore del Laticlavio.

Importanti le sue dure invettive contro il Maggiore Pietro Fumel. Miceli lo accusava di agire contro i briganti cosentini e calabresi uccidendo e agendo in spregio a ogni regola del diritto e soprattutto confondendo le proteste popolari per il diritto agli usi civici delle terre demaniali silane con la guerra contro il brigantaggio.

E’ stato anche valente giornalista collaborando con “Il Popolo d’Italia”, “Il Roma” di Napoli e “Il Diritto” di Torino e dirigendo “La Riforma” di Firenze.