Il clan Lanzino e lo stato deviato: tutte le accuse dei carabinieri onesti al colonnello Ferace

Ferace

La Corte di Cassazione ha annullato la condanna a 8 mesi di reclusione contro di me. Al di là delle motivazioni che sono state date, c’è da ribadire che il processo per fare chiarezza sulla vergognosa storia delle talpe del clan Lanzino all’interno dei carabinieri di Cosenza nell’epoca in cui comandavano il colonnello Ferace e il capitano Franzese è pieno di testimonianze pesanti e compromettenti.

Ricordiamo a tutti, tra l’altro, che Ferace e Franzese sono denunciati direttamente da sette carabinieri che facevano presente, peraltro con grande imbarazzo, l’esistenza delle talpe, con tanto di intercettazioni, che spifferavano tutto alla famiglia del boss Lanzino, tranquillamente latitante.

Sin dal 2008 era stato istituito un gruppo di indagine per la ricerca di Lanzino, latitante a… Rende.

Atteso che non si riusciva a prenderlo (!!!), nel 2012 i carabinieri di Cosenza decidono di costituire un nucleo investigativo (altamente qualificato) con a capo il luogotenente De Cello e composto dal maresciallo Redavid, dal maresciallo Lupo, dal maresciallo Cerza, dal maresciallo Citino, dall’appuntato Greco e dal brigadiere Limongi.

Le indagini erano ad un punto di svolta, tanto che erano riusciti, secondo quanto dichiarato in aula dal maresciallo Lupo nel Tribunale di Cosenza, a mettere delle microspie, dette spore, addirittura dentro le scarpe e la borsa della compagna di Lanzino, la signora Stefania.  Per non parlare delle microcamere e dei microfoni, posizionati, proprio da Cerza, nell’abitazione della signora.

ettore-lanzino-586x487 Improvvisamente, in modo del tutto autonomo ed arbitrario, e badate bene, senza relazionare nulla al pm della DDA di Catanzaro Pierpaolo Bruni, titolare dell’inchiesta, il colonnello Ferace decide, nell’aprile del 2011, di istituire un gruppo parallelo di indagine, con compiti di indagine c.d. classici (appostamenti, pedinamenti, ecc), con a capo Cerza.

Dell’attività di questo gruppo autonomo, De Cello, che era il capo del nucleo investigativo effettivo, non sapeva nulla, poiché si relazionava solo con Ferace.

Ora, prestate attenzione alle date:

Il 17.05.2011 viene acquisita una intercettazione a casa Lanzino, dove viene fuori il nome del maresciallo Cerza.

Il 18.05.2011 l’intercettazione viene ascoltata dal maresciallo Lupo, dal maresciallo Redavid e dall’appuntato Greco, che informano subito De Cello, che a sua volta avverte i capitani Lando (non quello dei fumetti e neanche Buzzanca, ma… il carabiniere) e Franzese.

Questi ascoltano l’intercettazione, si rendono conto che effettivamente c’era l’indicazione del nome e la descrizione fisica e mandano il tutto al Racis di Messina per amplificare la traccia.

Il Racis fa il suo lavoro, e l’ intercettazione “pulita” ripropone lo stesso contenuto, che viene ascoltato da altri carabinieri per evitare suggestioni.

Anche questi carabinieri super partes confermano quanto emerso in precedenza.

A questo punto, tutto si ferma; nessuna indagine interna volta innanzitutto a tutelare il Cerza ed a chiarire e riscontrare quanto avvenuto, venne posta in essere.

Pierpaolo Bruni
Pierpaolo Bruni

Perché? Forse perché Ferace non voleva che si venisse a sapere che aveva formato un gruppo parallelo senza avvertire il pm Bruni e perché, combinazione, l’intercettazione riguardava chi aveva messo lui a capo di quel gruppo?

Anche perché al dottore Bruni, solo due giorni dopo relazionarono della interruzione della attività captativa, ma non dei motivi che l’avevano causata!

Per quasi un mese non fu possibile ai carabinieri che avevano trascritto l’intercettazione relazionarsi con lo stesso dottore Bruni.

Quindi, stanchi di questa situazione e mossi dalla voglia di tutelare anche il loro lavoro, il 13.06.2011 redigono ed inviano (il 14) una annotazione di servizio alla DDA e quindi a Bruni. In questa nota, chiaramente, c’era scritta, nero su bianco, la circostanza che Ferace avesse formato questo gruppo (senza relazionare al pm) e che proprio la persona che era stata messo a capo di questo gruppo era il “protagonista” (o la “talpa”) della intercettazione.

Apriti cielo!

Ferace e Franzese
Ferace e Franzese

Non solo: questi carabinieri venivano convocati da Franzese, che chiedeva loro se fossero proprio sicuri di ciò che avevano scritto, per quanto (“combinazione”!!!), dopo una settimana, solo e soltanto, i carabinieri firmatari di quella annotazione di servizio, vennero trasferiti d’ufficio.

Vennero anche raggiunti da sanzioni disciplinari perché si erano rivolti ad un avvocato per tutelare le loro ragioni.

Formalmente nulla quaestio, ma nei fatti, con una vera e propria ritorsione, venne smantellato l’intero nucleo investigativo, con grandissimo danno per le indagini: e ricordiamoci tutti che, infatti, Ettore Lanzino successivamente enne arrestato dal ROS e non dai carabinieri che avevano Ferace la talpa al comando.

Il 29 settembre 2011 i carabinieri trasferiti sono stati richiamati dal comando provinciale e fatti ritornare agli identici servizi precedenti al trasferimento. Poche ore dopo, tuttavia, hanno presentato formale denuncia alla procura della Repubblica di Cosenza nei confronti di Ferace, Franzese e Lando e improvvisamente sono stati definiti “incompatibili” con le attività di ricerca (si fa per dire…) del latitante Lanzino.

Quattro mesi dopo (gennaio 2012) Redavid, Citino, Lupo e Greco sono stati destinati al caso Bergamini. Ma intanto si metteva in moto la consueta, gioiosa “macchina da guerra” della procura di Cosenza, che puntualmente archiviava tutto. E così, nel mese di ottobre del 2012, i carabinieri vengono nuovamente trasferiti. Dopo qualche mese (finalmente!!!) i carabinieri arrestano Ettore Lanzino.

Ai trasferimenti, dunque, è seguita anche l’interruzione delle indagini sul caso Bergamini, che erano affidate sempre allo stesso gruppo. Insomma, una via e due servizi.

Non solo: proprio il pm del processo voluto dallo stesso Ferace produsse in udienza la registrazione che fece il carabiniere Marano di un incontro avuto con Ferace nel parcheggio del Carrefour, dove chiaramente si legge, ed il tono è minaccioso per non parlare del linguaggio, come il buon Ferace gli dice che lui avrebbe fatto quello che voleva e che  i carabinieri  “li muoveva come pedine” (testuale).

In buona sostanza, Ferace per evitare guai si è giocato il maresciallo Cerza, sacrificandolo e senza avere le palle di porre in essere una seria indagine.

Cerza in sostanza ha preso ordini dal principale e, se ha colpe, non è questa la sede adatta per stabilirlo. Qui c’è solo l’abuso di potere di un tenente colonnello dei carabinieri ovvero Ferace, che per parare il colpo ha tentato di insabbiare la sua mancanza di professionalità.

Quindi: la notizia è fondata, i fatti sono documentati e c’è tutto l’interesse pubblico a che ciò venga conosciuto. E visto che la Cassazione ha sancito che raccontare questi fatti non determina la galera, io sono liberissimo di ricordarli e di riportarli alla luce perché c’è urgente bisogno di ristabilire la verità dei fatti anche per le loro ricadute sulle indagini per l’omicidio di Denis Bergamini. E ci sono sette carabinieri più il procuratore Bruni che possono confermare quello che scrivo. Adesso le “intimidazioni” sono finite, grazie a Dio.

Gabriele Carchidi