Il gran casino dell’Arpacal: gli agganci con i servizi segreti nella prefettura di Catanzaro

La prefettura di Catanzaro

RIASSUNTO DELLE PUNTATE PRECEDENTI

Ormai da anni stiamo documentando, con dati di fatto, come l’Arpacal sia un ricettacolo di malaffare e corruzione grazie a coperture pressoché insuperabili. E’ il caso di un’inchiesta delegata nel 2013 dalla Direzione Distrettuale Antimafia alla questura di Catanzaro. Le indagini riguardavano diverse materie su cui bisognava indagare che proviamo di seguito a sintetizzare:

  1. Acquisizione di un complesso immobiliare in Catanzaro – attuale sede dell’Arpacal;
  2. Fornitura di 6 automezzi Land Rover adibiti a laboratorio mobile;
  3. Realizzazione di un progetto di manutenzione unico per beni mobili e immobili dell’agenzia;
  4. Forniture informatiche antecedenti il 2010;
  5. Affidamento del servizio di pulizie degli immobili;
  6. Realizzazione di un impianto fotovoltaico.

Per quanto riguarda il punto n.1 dalla relazione presentata annualmente dall’Antimafia, risulta chiaro ed acclamato che i costruttori catanzaresi non sono collegati con quelli reggini, ragione per la quale si sarebbe dato l’avvio all’indagine.

La fornitura dei mezzi fu affidata, in quanto risultante aggiudicataria, alla Sifo Hospital che operava nell’area dell’ex SIR di Lamezia Terme.

Agli amministratori della ditta, il procuratore Maffia ha notificato la conclusione delle indagini per Gianluigi Morelli, Fabio Morelli e Raffaele Calidonna (amministratore occulto) per i reati di distrazione di risorse dell’asse fallimentare oltre che di appropriazione di risorse comunitarie (si tratta di diversi milioni di euro).

Ritornando alla gara per la fornitura, va detto che la ditta Sifo Hospital ha acquistato gli automezzi dalla concessionaria di Pino Salvatore di Lamezia Terme, il quale ha una sorella che si chiama Costanza e che è dirigente della prefettura di Catanzaro ed è incaricata anche della gestione delle situazioni di emergenza ambientale.

Abbiamo fatto tutte queste premesse per tentare di spiegare come un importante fascicolo già presentato alla procura della Repubblica di Catanzaro e consegnato alla prefettura di Catanzaro in forma riservata per il prefetto, possa essere finito nelle mani di alcuni soggetti coinvolti nei reati denunciati.

ECCO COME L’ARPACAL HA EVITATO LE PROCEDURE DI ACCESSO

Ma cosa conteneva il fascicolo depositato in prefettura?

Qual’era la finalità?

Dov’è finito?

Nella lettera indirizzata al prefetto, veniva richiesto l’avvio delle procedure di accesso, fase che precede la nomina dell’Organo Commissariale da parte del Consiglio dei Ministri. E non certo dal presidente della Regione, che, sia di destra o di sinistra, come abbiamo visto, è certamente corrotto e corruttibile.

In estrema sintesi, dopo aver opportunamente documentato fatti e circostanze, i promotori chiedevano l’intervento dello Stato.

Secondo l’art. 117 della costituzione resta nei poteri delle Regioni l’organizzazione del sistema di controllo, ma nel contempo spetta allo stato la tutela dell’Ambiente dell’ecosistema e dei beni culturali.

L’attivazione delle prerogative che la Costituzione assegna allo stato si rendeva necessaria ed obbligatoria in quanto dalle oltre 100 procedure di infrazione aperte dall’Europa sulla regione Calabria in campo ambientale non si rinvengono  esiti di attività di controllo e vigilanza che la legge ha affidato alle Agenzie per la Protezione Ambientale, cosa abbondantemente dimostrata nelle nostre precedenti puntate.

Lo stato, in applicazione dell’art. 120 della Costituzione, si sarebbe dovuto sostituire all’Organo di Controllo che dipende dalla Regione e comunque non garantisce le funzioni che la legge gli assegna. Al punto tale che la Regione Calabria nella graduatoria delle infrazioni comunitarie occupa i primi posti e primeggia anche tra quelle con il minor numero di infrazioni accertate, questo proprio per l’inefficienza dell’Organo a cui la legge affida il potere di vigilanza, controllo e monitoraggio in campo ambientale.

Trascorsi ormai anni dalla richiesta di accesso, non si ha alcun riscontro della procedura, sia che la stessa fosse stata ritenuta legittima sia che non lo fosse stata, cosa che ci induce a pensare che la prefettura di Catanzaro non ha mai formalmente istruito nessuna pratica.

Le ragioni e il perché la procedura non sia andata avanti ed il fascicolo abbia cambiato percorso li dobbiamo cercare “nell’interessato intervento di uomini appartenenti ai Servizi (segreti)” che hanno le sedi territoriali presso le prefetture.

Va ancora spiegato che il provvedimento di commissariamento, che notoriamente riguarda i Comuni soggetti ad infiltrazioni mafiose, avrebbe consentito di uscire da una situazione di stallo dalla quale con i vari commissari, contraddistinti dalla mancanza dei titoli richiesti per ricoprire l’incarico, non siamo mai usciti. E che, purtroppo per noi calabresi, riflette il grado altissimo di corruzione e di impunità della classe dirigente politica. Con tanti saluti al procuratore Gratteri, che – com’è evidente – non ha certo cambiato il corso delle cose al di là delle solite, inutili chiacchiere al vento. 

10 – (continua)