Il gran casino dell’Arpacal: la signora Santagati e il suo misterioso marito

Sabrina Santagati

L’ambiente in Calabria è un affare per la politica e la criminalità organizzata e, tanto per non farci mancare nulla, si realizza con la complicità di alcuni magistrati in combutta con alcuni componenti dei servizi segreti.

Diversi anni fa abbiamo dato il via ad un’inchiesta molto particolare perché, come purtroppo ci capita spesso di “scoprire”, tra gli imputati principali di questa ennesima vergogna tutta calabrese, sulla quale la procura di Salerno aveva aperto un fascicolo, troviamo la procura di Catanzaro. Ovviamente con responsabilità precedenti all’insediamento di Nicola Gratteri, ma che l’attuale procuratore non può non conoscere o quantomeno averne sentito parlare… 

Sì, perché attraverso una serie di lungaggini dovute principalmente ad errori di notifiche ovvero ad azioni similari, un gruppo ben preciso di magistrati ha fatto in modo di  portare a prescrizione le inchieste, allungando i termini e facendo presagire che per i reati non ancora prescritti si arriverà alla stessa conclusione.

Ricostruito il quadro, passiamo alle “notizie” di questa seconda parte della nostra inchiesta sull’Arpacal, l’agenzia regionale di “protezione” per l’ambiente.

Uno degli esposti che abbiamo avuto modo di vedere, dava l’avvio al procedimento penale n. 7469/12 mod. 44 dalla Procura di Catanzaro. Il procedimento voleva appurare le ragioni e il perché venissero fatti ulteriori affidamenti diretti ad una ditta, quando una apposita commissione interna aveva accertato che la SER.DIA di Reggio Calabria si era resa inadempiente nei confronti dell’Arpacal per mancata fornitura per un valore di poco meno di 100.000 € ai quali si sommavano forniture  difformi per diverse centinaia di migliaia di euro.

In un successivo esposto si poneva l’attenzione sull’opportunità di affidare le indagini alla Guardia di Finanza, atteso che il marito del direttore generale (potenzialmente coinvolto nel disegno criminoso) è un alto ufficiale dello stesso Corpo.

Ma chi è l’ufficiale della Guardia di Finanza marito dell’ex direttore generale dell’Arpacal ovvero la signora Sabrina Maria Rita Santagati?

Il personaggio in questione si chiama Pietro CUTRUPI, Tenente Colonnello nel corpo della Guardia di Finanza, che vanta un curriculum eccellente e dal quale non è difficile desumere che è laureato anche in Scienze delle Lingue, Storia e Culture del Mediterraneo e dei Paesi Islamici presso l’Università “L’Orientale” di Napoli.

Pietro Cutrupi
Pietro Cutrupi

Fa il docente a contratto di Lingua e Letteratura Araba presso l’Università per Stranieri “D.Alighieri” (Reggio C.) e fa parte del Gruppo di Ricerca “Geopolitica, Sicurezza e Intelligence nell’Area del Mediterraneo” presso il Centro di Ricerca MEDAlics e del Centro di Traduzioni Italiano-Arabo presso l’Università di Gafsa (Tunisia) e negli ultimi 10 anni ha frequentato numerosi corsi di formazione e di perfezionamento di Lingua e Cultura arabo-islamica in Siria, Egitto, Yemen, Giordania, Tunisia e Marocco, Palestina, Libano, Turchia, Iran.

Da una lettura attenta del curriculum e dall’incrocio con gli incarichi che il dott. Cutrupi ricopre non è difficile desumere che si occupa di servizi di intelligence e in particolare di attività svolte nei paesi orientali, paesi questi che hanno di recente interessato vari esponenti politici nazionali come ad esempio l’onorevole Amedeo Matacena, ormai passato a miglior vita… 

Va detto anche che Cutrupi, come del resto il sottosegretario ai servizi segreti Marco Minniti, anche per ragioni geografiche (sono ambedue di Reggio), certamente hanno buoni rapporti di “conoscenza”.

Per un personaggio come Cutrupi si può pensare, dunque, che non sia difficile ottenere dagli uffici giudiziari qualche “favorino” soprattutto se a rischiare è la moglie.

Ma chi è la moglie, la signora Sabrina Maria Rita Santagati? Perché viene nominata prima Commissario e poi Direttore Generale dell’ Arpacal? E come e quando viene assunta al Parco dell’Aspromonte?

Con decreto del Presidente della Giunta Regionale N° 242 del 30 Agosto 2010 Santagati Sabrina Maria Rita viene viene nominata commissario dell’Arpacal.

La dott.ssa Santagati svolge quest’incarico da settembre 2010 fino alla nomina a Direttore Generale della stessa agenzia avvenuta il 4 aprile 2012.La prima cosa strana succede proprio nel 2010. Infatti, come è facilmente verificabile presso il Parco dell’Aspromonte, la Santagati, a seguito di scorrimento di graduatoria, viene dichiarata vincitrice di un posto categoria C.

La Santagati accetta l’incarico e prende servizio a tempo pieno e nelle dichiarazioni allegate al contratto si dimentica di dichiarare che occupa un posto da commissario in un ente pubblico anzi dichiara di non svolgere altra attività.

Quindi la Santagati si trova a lavorare al 100% per Arpacal e al 100% per il Parco dell’Aspromonte, quando poi, “per caso”, i contributi versati dai due enti vanno in conflitto chiede di essere posta in par-time presso l’Ente Parco, cosa che ovviamente ottiene.

Il rapporto di lavoro con il Parco dell’Aspromonte resta part-time fino a quando la stessa non conclude i sei mesi di prova previsti dalla normativa per i neo-assunti.

Durante questo periodo la dott.ssa Santagati continua a svolgere l’attività lavorativa al 100% presso Arpacal e ovviamente viene regolarmente retribuita al 100%. Dopo il periodo di Commissariamento, la Santagati risulta vincitrice di un concorso per la nomina a direttore Generale di Arpacal.

La normativa vigente per la nomina a Direttore Generale, come del resto per la nomina a commissario, impone il possesso di un’esperienza quinquennale di direzione di struttura complessa opportunamente documentata nel campo ambientale, esperienza che  la stessa non possiede.

E va ricordato che la procura di Reggio Calabria per lo stesso tipo di reato commesso chiaramente dalla Santagati,  ha chiesto ed ottenuto il rinvio a giudizio per l’ex presidente del Consiglio regionale Francesco Talarico. Ma per la Santagati non scatta un bel nulla.

Ecco come l’inflessibile procura di Reggio motivava il rinvio a giudizio di Talarico, che evidentemente non aveva gli stessi santi in paradiso della Santagati.

La Santagati, Marisa Fagà e Talarico

Rinvio a giudizio, nell’ambito dell’inchiesta sulle nomine all’Arpacal, per l’ex presidente del Consiglio regionale Francesco Talarico. A decretarlo è stato il Gup di Reggio Caterina Catalano. Si andrà dunque a processo. Secondo l’accusa sarebbero stati nominati dirigenti che non avrebbero avuto i titoli necessari per ricoprire tali incarichi di vertice.  Per Talarico l’accusa è di aver ratificato le nomine di chi aveva attestato falsamente i requisiti idonei a sostenere tali incarichi direttivi all’interno dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale. Oltre a Talarico, a rispondere in Tribunale di abuso d’ufficio e falso in atto pubblico, dovranno comparire in aula il prossimo 3 marzo 2015 a Reggio anche i funzionari Luigi Multari e Giovanni Fedele, Marisa Fagà, presidente Arpacal, e Mario Russo del consiglio d’amministrazione dell’Agenzia regionale”.

La Santagati comunque si è resa parte attiva nel commettere altri reati e violazioni, infatti dalla lettura delle carte troviamo altre nefandezze che nessuno, stranamente, ha visto.

Francesco e Antonella Dodaro

Come primo atto dopo l’insediamento avvenuto nel 2010, la signora Santagati ha revocato l’annullamento di una gara per l’acquisto di un immobile a Castrolibero (Cosenza), di proprietà del signor Francesco Dodaro, editore de “Il Quotidiano della Calabria”, per € 2.700.000 (la procedura era stata annullata dalla precedente gestione) e ha stabilito che lo stesso immobile del signor Dodaro richiede una ulteriore spesa di adeguamento di oltre 2 milioni di euro.

Come secondo atto non ha dato seguito alla sentenza del TAR n. 1134/2010 che in  data 10/06/2010  annullava con sentenza i provvedimenti impugnati (Concorso per Dirigente Biologo) e ne ordinava l’esecuzione allo stesso Ente, il quale in realtà non ha mai provveduto ad eseguirla ma invero ha simulato una sospensione dei vincitori per qualche mese e poi ha riconfermato lo stato di fatto. La ricorrente invece ha avuto un incarico nella società  “Ponte di Messina”.

Ha operato senza l’approvazione dei bilanci di previsione  2013, 2014 e 2015  e la gestione in questi tre anni è stata fatta come se i tre esercizi fossero stati approvati in tempo e non nel 2016 come di fatto è avvenuto in violazione dell’art. 57 della Legge Regionale n. 8/2002.

Ha abusato di affidamenti di servizi diretti senza espletare gare. In particolare la ditta SER.DIA di Reggio Calabria è stata incaricata per una serie di servizi. Ve detto che al suo arrivo, dietro formale richiesta, la Commissaria dovette istituire una commissione di verifica che fu costituita con Determina 159/11. E dalle verifiche emersero gravissimi inadempimenti in merito ad alcune gare vinte da questa ditta quantificabili in oltre 100.000€ di danno. Come accennavamo anche prima.

Nel 2011 nomina il Dott. Pietro De Sensi, Direttore Amministrativo facente funzione dell’Arpacal, nonostante in contemporanea lo stesso svolgesse le funzioni di assessore all’ambiente del Comune di Lamezia Terme. I due incarichi, come prevede l’art. 66 del d.lgs. 267/2000 TUEL, e della legge Regionale 20/99 che assimila il Direttore Amministrativo dell’Arpacal a quello delle ASP, sono tra loro incompatibili.

Le violazioni commesse dalla Santagati necessiterebbero di molte altre pagine ma noi ci limiteremo a queste e cercheremo di capire perché una procura rigorosa come quella di Reggio Calabria per un reato di minor gravità procede in modo spedito mentre per quelli ascrivibili alla Santagati o non procede o quando deve, lo fa in modo molto lento, tanto lento da far nascere il legittimo dubbio che il ritardo sia stato organizzato.

Quando qualcuno è in grado di organizzare un ritardo di questo tipo o un non luogo a procedere, questo qualcuno deve esercitare molto potere proprio come quello che esercita il dott. Cutrupi, che certamente non sarà coinvolto in questa vicenda, ma sarebbe opportuno, proprio per fugare ogni dubbio, che ad accertarlo fosse la procura e non una manifestazione di “credo” alla quale i calabresi spesso si devono affidare.

2 – (continua)