Il neoliberismo e lo svuotamento del lago Ampollino (di Battista Sangineto)

di Battista Sangineto

Il sindaco di Cotronei, Nicola Belcastro, denuncia -in una lettera trasmessa alla Regione Calabria, alla Prefettura di Crotone e per conoscenza alla Società A2A che è proprietaria del lago (sì, proprietaria!) ed al Consorzio di Bonifica Ionio crotonese- che la multinazionale A2A ha abbassato significativamente il livello delle acque del Lago Ampollino, nella Sila crotonese.

A seguito di queste manovre, secondo Belcastro, si è verificata una mancanza di accumulo idrico per i rilasci verso il consorzio di bonifica; una riduzione per i minimi vitali dei vari torrenti, fiumiciattoli e rivoli esistenti; una oggettiva difficoltà di prelevamento della risorsa idrica da parte dei mezzi antincendio nel periodo di massima allerta per rischio incendio.

Questa vicenda della manutenzione dei laghi silani -che sono stati venduti dall’ENEL, allora dello Stato, ad una multinazionale leader nel settore dei multiservizi (fatturato 6.5 miliardi di euro) – è la migliore rappresentazione possibile della ricetta neoliberista applicata al paesaggio e ai beni comuni. La multinazionale A2A aveva già fatto, nel 2013, la stessa manovra di svuotamento degli invasi dicendo di voler procedere alla asportazione della melma depositatasi sul fondo, per renderli più capienti e, di conseguenza, più produttivi.

Secondo la “teoria economica standard” il comportamento della società in questione è pienamente legittimo: rendere più efficienti e più produttivi beni di sua proprietà. Un privato non deve tener conto, se non in piccola misura, degli eventuali costi generali che saranno a carico della collettività: scomparsa di un paesaggio e di un equilibrio ecologico storicamente, ormai, formatisi, fanghi smaltiti nei torrenti e, quindi, nel mare calabrese che, come tutti sappiamo, non avrebbe bisogno di ulteriori fonti di inquinamento. Bisogna ricordare che l’art. 9 della Costituzione ed il D. Lgs. n. 42 del 2004 tutelano, come elementi del paesaggio, non solo i laghi naturali, ma anche i laghi artificiali, come del resto, ha confermato la sentenza 164 del 29 maggio 2009 della Corte Costituzionale che, fra le altre cose, dice: “…L’art. 142 citato – come già la “legge Galasso” – non distingue, ai fini della tutela paesaggistica, tra laghi naturali e laghi artificiali, con ciò dovendo intendersi che anche questi ultimi sono in essa ricompresi, ben potendo costituire realtà significative sotto il profilo naturale, estetico e culturale…”.

Il paesaggio del lago Ampollino è, dunque, tutelato e non si potrebbe intervenire, modificandolo così significativamente, senza l’autorizzazione da parte degli organi periferici del Mibac, le Soprintendenze ABAP. Il problema doloroso è che lo Stato, in Italia, ha svenduto -su pressione dei mercati che posseggono il debito pubblico e sulla base della convinzione ideologica che il privato è più efficiente- parte del patrimonio dell’ENEL, oltre che dell’ENI, della Telecom, dell’Italgas, delle Ferrovie, delle Poste, delle Autostrade et cetera.

Ancor più doloroso, per me, è che la liberalizzazione e la privatizzazione del mercato elettrico siano state realizzate, come tutte le altre, dal centrosinistra: in questo caso specifico nel 1999, dal Governo D’Alema con il cosiddetto Decreto Bersani, e portate a termine il 1 luglio 2007, dal Governo Prodi. Il beffardo risultato di queste politiche è che sul mercato italiano, uno dei più liberalizzati d’Europa, attualmente operano più di 100 aziende che, come ognuno di noi sa, non hanno fatto diminuire la bolletta della luce né dei privati cittadini, né delle imprese, tanto è vero che l’energia elettrica è la più costosa d’Europa.

Nel caso dei laghi della Sila c’è l’aggravante che lo Stato non avrebbe dovuto vendere un bene pubblico che, per sua stessa natura, non sarebbe vendibile, e nemmeno modificabile, perché si trova in un Parco naturale nazionale che ha vincoli, di legge e costituzionali, di parecchi tipi: paesaggistici, ambientalistici ed archeologici. Secondo “la teoria economica standard”, quella che Wolfgang Streeck dice che si insegna in tutte le università, la crisi delle finanze statali (l’alibi principe delle privatizzazioni) sarebbe dovuta al mancato chiarimento nei rapporti fra proprietà (statale) e la responsabilità che ne deriva (la gestione della proprietà). La ricetta neoliberista per ridurre lo spreco e la cattiva gestione consiste nel sottrarre i beni comuni alla proprietà ed alla gestione dello Stato e di affidarli ai privati che, “agendo in maniera individuale e razionale nel senso dell’accezione economica standard, sono in grado di sfruttare in maniera efficiente le risorse”. Lo scienziato sociale tedesco, direttore del Max-Plank-Institut di Colonia, sostiene che l’idea implicita di questa “teoria economica standard” è che i beni comuni siano sempre e necessariamente mal gestiti dallo Stato.

Quel che più colpisce – sia Streeck, sia me- è che “la politica di liberalizzazione ha unito tutti i governi del mondo capitalistico, sia quelli conservatori sia quelli socialdemocratici”. La terza via di Blair, Clinton, Schröder, Prodi, D’Alema e di Jacques Delors è stata complice e, addirittura, protagonista negli anni ’90 e 2000 di questa svolta neoliberista, avendo ignorato o trascurato “il fatto che la compatibilità fra capitalismo e democrazia è molto limitata ed è generalmente subordinata all’esistenza di una regolamentazione severa e efficace”. Tutti i governi che si sono succeduti dal 2007 ad oggi, hanno usato lo stesso alibi degli anni ’90 per portare a compimento la liquidazione dei beni comuni e lo smantellamento dello stato sociale che sono gli assi portanti e coerenti delle loro posizioni ideologiche. Mi auguro che gli italiani ed i calabresi, anche sulla scorta di questa vicenda, non votino più, in futuro, per partiti neoliberisti come il Pd, i 5stelle, la Lega ed il centrodestra.