Il cantautore cosentino, 35 anni, è pronto a debuttare sul palco dell’Ariston: «Sarà il Festival della resistenza». Con «Ora» (dal nuovo album «Meridionale»): «È la storia di un uomo che si rende conto e ammette “sono stato uno stronzo»…
di Stefania Saltalamacchia
Fonte: Vanity Fair
Per Antonio Aiello, che in musica usa solo in cognome, Meridionale è un modo di essere, un inno, un ribadire le radici perché è sempre lì che – prima o poi – si torna. E ora anche il titolo del suo ultimo album (in uscita il 12 marzo). Dieci brani, tra cui Ora che lo porterà per la prima volta sul palco del Festival di Sanremo.
«Lo dedico alla mia terra», racconta via Zoom, ossia dove avvengono da un anno a questa parte la maggior parte delle conversazioni, «ma senza dualismi, senza nord contro sud perché tanto il sud appartiene a tutti.
Meridionale è sangue, è pelle, è schiuma di mare, è città al buio, è una strada dove sono ritornato, un tatuaggio, il mio atto di coraggio. L’orgoglio delle mie radici, la Calabria… la contaminazione tra decine di popoli».
Ora è un mea culpa, una dichiarazione d’intenti: «È la storia di un uomo che si rende conto e ammette “sono stato uno stronzo”. A me è successo durante il lockdown, se non fossi rimasto chiuso in casa probabilmente non l’avrei mai ammesso. Ho fatto un viaggio nel passato e mi sono chiesto perché certe cose fossero accadute… lì ho capito: lo stronzo ero stato io». Qui dà la sua personale definizione di «sesso ibuprofene»: «È sesso curativo. Ma ognuno lo può interpretare come vuole: sesso liberatorio, sesso tossico. Io mi curavo le ferite a letto, mettevo pezze sul cuore, ma non ho avuto coraggio di restare, sono andato via invece che ripartire».
Trentacinque anni, tra poche ore salirà per la prima volta sul palco dell’Ariston. «Ansia? A pallettoni», scherza, «È un palco unico che fa tremare le gambe a tutti, figurarsi a me». E ancora: «Sarà il Festival della resistenza. Sta resistendo la musica, deve resistere anche l’arte. E io onorato di poterlo fare, resisterò con tutte le mie forze, anche per la mia terra».