La “cupola” Reggio-Cosenza: Paolo Romeo, il suo “cavallo vincente” e il solito Tursi Prato

L’inchiesta “Fata Morgana” prima e quella celeberrima “Mammasantissima” dopo hanno riportato alla luce gli intrecci della ‘ndrangheta con la massoneria e, di conseguenza, la “cupola” Reggio-Cosenza che ha governato e per certi versi governa ancora indisturbata la Calabria corrotta che ci ritroviamo davanti. Con “Fata Morgana” e “Mammasantissima” la Dda di Reggio Calabria ha colpito le infiltrazioni della ‘ndrangheta nella Perla dello Stretto di Villa San Giovanni, contestando però agli indagati non solo i reati “classici”, ma anche l’appartenenza a un’associazione segreta con modalità mafiose.

Una super loggia di cui farebbe parte, ovviamente, l’avvocato Paolo Romeo, considerato un’eminenza grigia cittadina (e non solo).

Nel ’95, le rivelazioni dei pentiti Lauro e Barreca nell’ambito dell’operazione “Olimpia” lo portano in cella, ma per poco. Per condannarlo e riportarlo in carcere ci vorranno addirittura 9 anni (la sentenza definitiva della Corte di cassazione per concorso esterno in associazione mafiosa è del febbraio scorso 2004, pochi giorni dopo la costituzione nel carcere di Vibo) e in questo tempo Romeo non se n’è stato certo con le mani in mano.

Ma nel 2004 in Cassazione ha ricevuto una condanna in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa, in merito ad un’accusa di legami con la ‘ndrangheta del 1993 quando la magistratura chiese alla Camera dei Deputati l’autorizzazione all’arresto.

La prima sezione della Corte di Assise di Reggio Calabria con sentenza del 12 ottobre del 2000 lo ha condannato a cinque anni di reclusione con l’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso. La condanna, ridotta a tre anni e per concorso esterno, diventa definitiva in Cassazione nel febbraio 2004 e lo riporta in carcere.

Nei suoi confronti è stato disposto un provvedimenti di custodia cautelare in carcere, il 9 novembre 2004, insieme all’ex deputato Amedeo Matacena, nell’ambito di un’inchiesta per pressioni esercitate su alcuni magistrati della Procura distrettuale, al fine di condizionare le inchieste che stavano svolgendo sulle collusioni tra ambienti politici e mafiosi reggini.

L’inchiesta era stata condotta dalla Procura distrettuale di Catanzaro e la richiesta di emissione delle ordinanze di custodia cautelare è stata firmata dal procuratore della Repubblica di Catanzaro, Mariano Lombardi, dal procuratore aggiunto, Mario Spagnuolo, e dal sostituto procuratore Luigi De Magistris.

L’impianto accusatorio non differisce molto da quello originario di “Olimpia” e da quello di questi mesi di “Mammasantissima”: Romeo era a capo di un comitato politico-mafioso che ha tessuto trame occulte a Reggio. Tanto da allontanare prefetti e questori sgraditi, influenzare il voto, delegittimare la magistratura reggina. Per non parlare di quella catanzarese e in particolare di De Magistris, fatto letteralmente a pezzettini dalla magistratura corrotta, dalla massoneria deviata e dai media di riferimento dei servizi segreti.

Ma non era ancora il colpo definitivo all’avvocato Romeo, che torna in libertà in tempo per condizionare le Regionali del 2010 sostenendo il “cavallo vincente” Peppe Scopelliti.

Romeo, con tutto il carisma che ha, incanta ed ammalia tutti i personaggi della politica e quando parla (e viene intercettato) è di una chiarezza disarmante. I magistrati raccontano come prima delle elezioni, l’avvocato definiva con le cosche le strategie della ‘ndrangheta al voto. Decretando fortune e rovina dei politici.

“Peppe Scopelliti, Alberto Sarra e Antonio Franco… chi li poteva a tutti e tre assieme! C’è stato un periodo che chi li ammazzava? Nessuno! C’è stato un momento che li ho messi tutti assieme e hanno vinto. E sono arrivati al settanta per cento”.

Capito? Paolo Romeo, ovvero l’anima nera della politica reggina, muove i fili come un grande burattinaio ed ha sempre ragione a scegliere i “cavalli vincenti”.

Le Regionali del 2010 sono uno dei passaggi fondamentali nella recente storia politica della Calabria. Certe intercettazioni costruiscono retroscena inediti e, unite alle accuse della Dda di Reggio Calabria a Romeo e soci, gettano un’ombra oscura su quel periodo storico.
I magistrati reggini partono da quella che considerano una certezza: l’intervento garantito da Romeo “in favore di Scopelliti già in vista dell’individuazione delle candidature regionali del 2010”. Le carte dell’ordinanza “Mammasantissima” parlano di «una serie di iniziative collegate alla lista Noi Sud». Ma “la decisività dell’intervento di Romeo – scrivono i pm – e, quindi, del suo peso politico, si ricava dalle captazioni telefoniche del 28 luglio 2009 con il deputato (all’epoca, ndr) Marilina Intrieri”.

Marilina Intrieri

Il riassunto della telefonata è indicativo del rapporto tra i due: la Intrieri informa Romeo di aver ricevuto una telefonata di Scopelliti “che, trovandosi alla Camera dei deputati, le aveva chiesto di incontrarla”. Prima di vederlo, la deputata chiede lumi a Romeo, che le consiglia di vedersi con l’allora sindaco di Reggio. I due si risentono qualche giorno dopo.

Intrieri spiega che Scopelliti “era abbastanza teso” ma che non avevano avuto modo di parlare diffusamente delle problematiche a lui connesse: anche in questa occasione, la Intrieri chiedeva se “poi hai saputo qualche cosa” e Romeo confermava che “ci siamo visti in questi giorni”. La deputata aggiunge: “Mi confermano che è lui il candidato”, e riceve una conferma da Romeo. I due, poi, rimanevano d’intesa di vedersi nei giorni successivi insieme all’”amico nostro di Cosenza che è su Vibo”.

Chi sia questo amico diventa più chiaro dopo l’ennesima telefonata di Marilina Intrieri a Romeo, che serve per fissare un incontro per il pomeriggio del successivo mercoledì. Incontro “che – scrivono ancora gli inquirenti – avveniva il 6 agosto 2009 presso il locale denominato “Cordon Bleu”, sito sul corso Garibaldi di Reggio Calabria, alla presenza, oltre che del Romeo e della Intrieri, anche di Giuseppe Tursi Prato“.

Ancora lui, Pino Tursi Prato, l’eterno capro espiatorio, che abbiamo lasciato in carcere dopo l’inchiesta della DDA di Catanzaro che ha assolto tutti (anche il pentito Franco Pino!) tranne lui.

Ma di questo incontro e di quello che voleva significare scriveremo in un capitolo a parte.