La deriva del Rendano e lo scempio della cultura rendese (di Francesca Campolongo)

Ho letto le cose scritte da Ugo Caruso e vorrei rincarare la dose non solo su Cosenza, ma anche su Rende.

Le scrive una insegnante che, dallo scorso anno scolastico, è rientrata in Calabria, a Rende. Le scrivo a proposito del Teatro di Tradizione Alfonso Rendano che, anche quest’anno, ha presentato una programmazione imbarazzante, intriso com’è della più corriva cultura popolare trash che anima, ormai, le menti e l’anima di questa impoverita, culturalmente e umanamente, area urbana.

Il glorioso Rendano è stato affittato ad una società privata che ha riempito il cartellone, naturalmente, di triti De Filippo, ritrite commedie musicali, spettacoli di personaggi televisivi d’accatto, conditi da qualche cantautore o cantante sul viale del tramonto: una pena infinita!

Non esiste una stagione lirica tanto è vero che la prima, andata praticamente deserta perché noi vecchi abbonati ci siamo rifiutati quasi tutti, è consistita in un recital di due cantanti d’opera. Una prima operistica senza opera!

Solo a Cosenza è possibile che un’Amministrazione faccia una cosa simile senza coprirsi di ridicolo e costretta ad andarsene fra i fischi. Per Capodanno, invece, si trovano i soldi, e tanti, per un gruppo rock?  Quanto è costato il concerto? E perchè, come dice Caruso, se c’erano i soldi per il Litfiba, non se ne sono trovati per la stagione lirica del nostro Teatro di Tradizione che potrebbe perdere (qualcuno lo sapeva?) questo titolo se non vi si svolgono rappresentazioni di opere liriche per un certo numero di anni?

Le scrivo anche perché, insieme a tutte le altre cose che non funzionano in Calabria, ho assistito, basita, allo svolgersi degli spettacoli che hanno programmato per l’ultimo Settembre Rendese.

Nel 2015  ricorrevano i 50 anni della manifestazione che, ho l’età per ricordarlo, ha sempre cercato di coniugare la qualità degli artisti ingaggiati con il carattere popolare del Festival.

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Per carità non pretendevo di vedere e sentire cantautori raffinati, pièce teatrali o jazz d’avanguardia, ma Anna Tatangelo, Martufello, tali Manlio Dovì e Gigi Vigliani,  Paolantoni ed altri mi sembra che siano davvero troppo!

Dov’è finito il buon gusto, dov’è finito l’uso accorto del denaro pubblico che, a mio parere anche di educatrice, dovrebbe esser speso anche per elevare il livello culturale dei cittadini e non solo per farli divertire con prodotti “artistici”  facilissimi e televisivi?

Certo, in questi quasi due anni, da che sono tornata stabilmente qui a Rende, ho notato che la città si era (posso dirlo?) involgarita: tutti questi bar, pizzerie e locali che sparano, a volume altissimo, musica trash, mandrie di ragazzi che, vagando, urlano nelle strade e nelle piazze a tutte le ore, quella ridicola pizza più lunga del mondo che ha bloccato la città per una giornata senza, nemmeno, raggiungere lo scopo del record che è stato, appena qualche giorno dopo, fissato all’EXPO di Milano, il traffico e i parcheggi selvaggi, la discoteca all’aperto accanto ad un quartiere popolosissimo, ma fortemente voluta dall’attuale sindaco.
In quest’area urbana, se si eccettuano alcune manifestazioni di Fondazioni private, non vi è più una sola attività culturale pubblica di un qualche interesse. Questa area urbana si è trasformata, in pochissimo tempo, da città che aveva qualche ambizione culturale e qualche guizzo interessante, da città che poteva ambire ad essere la capitale della cultura in Calabria, a città che si deve accontentare delle scelte “grossiers” dei propri Amministratori .
Francesca Campolongo