La “guerra” degli avvocati. Nipotini di Calamandrei sterminati da tasse e contributi

dalla pagina FB di Salvatore Lucignano 

“Nipotini di Calamandrei sterminati da tasse e contributi”. 
Potrebbe essere questo il titolo di un film sulla deflazione del numero di avvocati italiani, immaginata da chi in questi anni ha dominato le rendite di posizione interne al mercato legale nazionale.
Le ragioni che hanno portato ad ingolfare l’ordine forense erano chiare: servivano schiavi, concubine, elettori, clientes, disperati a cui vendere formazione e specializzazioni, gente che pagasse le laute pensioni dei ricchi e dei vecchi.

Oggi il percorso funziona all’inverso: i grossi studi vogliono espellere dal mercato i più deboli, sanno benissimo che non c’è lavoro per 250 mila iscritti, e dunque guardano con estremo favore ad una contribuzione minima insostenibile, ed anche all’aumento dell’aliquota del regime forfettario, dal 15 al 23%.

Non è un caso che ieri, su questa possibile, ennesima mannaia che pare voglia abbattersi sugli avvocati più poveri, il sedicente organismo politico de noantri, l’Eccìeffe (a proposito… eccì.. eccì…) non abbia detto una parola.
Cacciare i più poveri dall’albo, subissarli di contributi e tasse, è la sola exit strategy perseguita dalle istituzioni forensi italiane. L’alternativa sarebbe stata l’assunzione delle proprie mostruose responsabilità per l’abnorme numero di avvocati che hanno lasciato abilitare, ed una azione politica, credibile ed incisiva, volta a ridurre tale numero, con i provvedimenti che ho indicato già parecchi anni fa:
1. Moratoria ai nuovi accessi.
2. Cancellazione dei pensionati attivi e dei docenti.
3. Istituzione di albi separati, per gli avvocati del libero foro e per chi sceglie di patrocinare a spese dello Stato.
4. Richiesta di corsie preferenziali per l’assunzione di avvocati di status nella pa.

La crisi della giurisdizione italiana è intimamente intrecciata alla crisi morale ed economica degli avvocati. Aver costruito un esercito di pezzenti, costretti spesso a vivere di contenzioso fittizio, adusi a derubare clienti e controparti, ha favorito la bulimica giuridificazione di molteplici aspetti della vita dei cittadini, che in un paese normale in Tribunale non sarebbero mai entrati.
Se la politica non risolve questa patata bollente, esautorando le istituzioni forensi, commissariando finalmente il Consiglio Nazionale Forense, ed ideando una exit strategy per la fine dell’Avvocatura di massa, anche i problemi della giurisdizione resteranno tutti sul tappeto.
Con 250 mila avvocati in giro, affamati di cause, pensare di avere una giustizia efficiente è pura utopia.