La metamorfosi di Palla Palla e Ciccio Bello: da giustizialisti a finti garantisti per restare sulle poltrone

Cinque anni fa, Mario Oliverio alias Palla Palla e Giuseppe Falcomatà alias Ciccio Bello, avevano rappresentato il riscatto del centrosinistra dopo anni di buio e avevano conquistato rispettivamente la Regione Calabria e il Comune di Reggio Calabria agitando la mannaia del “giustizialismo” rispetto alle malefatte di quel pezzo di malacarne di Peppe Scopelliti, che nel breve volgere di un anno aveva visto crollare il suo castello d’argilla grazie ad una serie di pesantissime inchieste giudiziarie. Il centrosinistra, e in particolare Oliverio e Falcomatà, avevano avuto gioco facile nelle rispettive elezioni ed era stato semplicissimo dire ai calabresi che Peppe era un politico corrotto e borderline con la mafia. Adesso, da poco più di un anno, Oliverio e Falcomatà stanno facendo la stessa fine di Peppe e da giustizialisti che erano sono diventati finti garantisti e attaccati alla poltrona come nessun altro prima.

Elenchiamo allora un po’ di fatti.

A maggio 2018 la prima indagine contro Oliverio per abuso d’ufficio in un’inchiesta della procura di Catanzaro per la nomina di un “amico degli amici” del Vibonese a Calabria Verde. A dicembre 2018 il secondo avviso di garanzia, sempre per abuso d’ufficio, per un’altra inchiesta della procura di Catanzaro e il successivo provvedimento del gip che dispone l’obbligo di dimora a San Giovanni in Fiore. L’accusa della DDA (che aveva chiesto gli arresti) è pesantissima: avrebbe garantito un finanziamento da oltre 4 milioni di euro a una ditta vicina alla ‘ndrangheta per realizzare i nuovi impianti sciistici di Lorica e l’aviosuperficie di Scalea, chiedendo in cambio di rallentare i lavori di piazza Fera a Cosenza per ostacolare l’attività amministrativa del sindaco Mario Occhiuto, che dal canto suo li rallentava per evitare che a inaugurare la piazza fosse… il commissario dopo la sua sfiducia. Dopo pochi giorni, ma sempre per la stessa vicenda ecco il terzo avviso di garanzia, stavolta per corruzione, ma dopo qualche mese la Cassazione chiede l’annullamento dell’obbligo di dimora, scagionandolo da tutte le accuse. A maggio 2019 la procura di Catanzaro chiede nuovamente l’arresto di Oliverio per un’inchiesta su grossi appalti pubblici del cosentino (la metropolitana leggera Cosenza-Rende-Unical e il nuovo Ospedale di Cosenza), ma il gip respinge la richiesta. Nell’inchiesta emerge l’intervento del governatore calabrese per spingere numerosi consiglieri comunali di Cosenza a dimettersi e provocare la decadenza del sindaco Occhiuto.

A luglio 2019 l’ennesima inchiesta della Guardia di Finanza di Catanzaro che ha portato al sequestro preventivo di 95.000 euro nei confronti dello stesso Oliverio che avrebbe distratto fondi pubblici destinati alla promozione turistica della Calabria per scopi personali e politici in quel di Spoleto insieme ad una pletora di cortigiani per finanziare le imprese editoriali di Paolo Mieli… Analogo il percorso del sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà, che a febbraio 2019 ha ricevuto un avviso a giudizio con accuse pesantissime (“abuso d’ufficio e falso“) per le irregolarità nell’assegnazione del Miramare. Un’inchiesta che ha travolto tutta la Giunta (l’ex assessore Marcianò, che ha scelto il rito abbreviato, è già stata condannata a un anno di reclusione nonostante avesse la posizione meno grave di tutta l’Amministrazione), che si aggiunge ai precedenti indizi dei rapporti tra il giovane sindaco Pd di Reggio Calabria e le cosche della ‘ndrangheta emersi da alcune intercettazioni che hanno svelato il legame, particolarmente stretto, tra il sindaco e Serafina Libri, figlia del noto boss don Pasquale Libri nonché cugina dei Libri arrestati nella maxi operazione “Libro Nero” che ha letteralmente “decapitato” il Pd locale. Nell’inchiesta sono finiti agli arresti domiciliari il capogruppo del Pd in consiglio regionale, Sebi Romeo, il segretario del Pd di Melito di Porto Salvo, Concetto Laganà e il dentista Giuseppe Tortorella, assessore all’Urbanistica nella Giunta di Falcomatà padre negli anni ’90, accusato di associazione mafiosa. Nell’inchiesta è stato pesantemente coinvolto anche Demetrio Naccari Carlizzi, cognato dell’attuale sindaco Falcomatà, accusato di “concorso esterno in associazione mafiosa“.E’ vero, da un lato, che di indagini e inchieste che colpiscono importanti personaggi politici di tutti i livelli e di tutti i partiti, in Italia ce ne sono tante. Ma è anche vero che il Partito Democratico, e in modo particolare questo Partito Democratico, quello calabrese, ha creato le figure di Oliverio e Falcomatà proprio cavalcando l’onda della morale e della legalità con lo stesso giustizialismo manettaro che oggi è diventato una bandiera del Movimento 5 Stelle. Oliverio e Falcomatà sono nati e cresciuti politicamente, arrivando a ricoprire il loro attuale incarico, nella sinistra anti-berlusconiana e anti-scopellitiana che faceva un uso politico delle inchieste della magistratura per strumentalizzarle contro l’avversario di turno, com’è successo con Berlusconi su scala nazionale e con Scopelliti su scala locale. Sia Berlusconi che Scopelliti, però, hanno rassegnato le dimissioni, rispettivamente nel 2011 dal Governo e nel 2014 dalla Regione Calabria, e hanno scontato la loro pena (Scopelliti in modo particolare, si trova ancora recluso in carcere da un anno e mezzo).Invece il Pd giustizialista che ha cavalcato la bandiera della legalità, oggi non molla un centimetro e i suoi rappresentanti Oliverio e Falcomatà, nonostante indagini e inchieste ben più gravi rispetto ai loro predecessori, restano al loro posto. Non solo. Entrambi stanno lavorando per ricandidarsi (!!!) alle imminenti elezioni Regionali e Comunali, e addirittura una parte del partito li appoggia e li sostiene, mentre lo spirito più moderato e democristiano interno al Pd tenta di ostacolarli “quantomeno per un minimo di dignità politica“.

Oliverio e Falcomatà si autoincensano come paladini della buona politica, con parole che ai loro concittadini suonano in modo particolarmente stonato. Perché se fossero solo quelli giudiziari, i problemi degli amministratori comunali e regionali reggini e calabresi, sarebbe il meno. Il problema reale è che in tutti questi anni hanno affossato una terra già sofferente con una politica miope, sommaria, distaccata e completamente disinteressata dai bisogno della gente. Hanno fatto poco, per fortuna, perché quel poco che hanno fatto è stato talmente tanto dannoso che i reggini e i calabresi sono arrivati persino a rimpiangere gli anni dei commissariamenti o dei presidenti facenti funzione.

Intanto il dato è che abbiamo un sindaco e un Governatore travolti dagli scandali e un partito incapace di ripulirsi e rinnovarsi, stretto nella morsa del suo stesso giustizialismo sciacallo che oggi s’è trasformato in un evidente garantismo di convenienza, tra l’altro con l’aggravante di non palesare neanche un minimo di autocritica per una situazione ai limiti dell’imbarazzo…