Cosenza. La morte del piccolo Giancarlo: Marcello Manna, il re dei quaquaraquà

Marcello Manna si atteggia a “principe” del foro. Ormai ha una certa età e dopo aver fatto apprendistato dietro a “don” Luigi Gullo e “don” Luigi Cribari, è da tempo uno degli avvocati penalisti più in vista nel porto delle nebbie.

Vent’anni fa, quando cominciava a camminare da solo, gli hanno commissionato il “colpaccio” dei pentiti del clan Perna da consegnare alla DDA di Catanzaro per inquinare le prove del processo Garden. Una manovra di bassa lega così pacchiana e grossolana che non se l’è bevuta nessuno. Se Manna avesse avuto davvero coraggio, all’epoca, o lo avrebbero gambizzato o si sarebbe fatto arrestare. Ma in realtà Manna gli attributi non ce li ha mai avuti. Eseguiva solo gli ordini dei poteri forti e grazie a quelli è riuscito ad arricchirsi e a prosperare. Fino a diventare il sindaco prestanome del Cinghiale nel Comune di Rende e a sguazzare in tutto l’arco politico cambiando “padrone” a seconda dell’aria che tira.

Non è la prima volta che tracciamo il profilo di Manna e non sarà neanche l’ultima. Tutti sanno quanto Manna sia trasversale, bugiardo, squallido e anche viscido per emulare in tutto e per tutto il suo caro amico Occhiuto perché si sa che Dio prima li fa, poi li accoppia e infine li affida al “padre protettore” delle televisione locale di riferimento.

Tre anni fa scrivevamo di Marcello Manna non perché gli avessero consegnato il foglietto con gli assessori da nominare o perché continuava a dilapidare tutto il patrimonio di Rende o perché era stato eletto con i voti della mafia, ma per la sua professione di avvocato. E il duello con Sandro Principe ancora non era neanche nella testa del suo avversario ragion per cui la nostra avversione nei confronti di questo soggetto nasce in tempi decisamente non sospetti rispetto alla campagna elettorale incandescente del 2019 che lo ha riconfermato sindaco di Rende. 

Un anno e mezzo fa Marcello “Mazzetta” si era messo in testa un’idea fantastica: dimostrare che il piccolo Giancarlo, morto annegato per colpa dei gestori della piscina di Campagnano, è morto per un’altra causa, in maniera tale da scagionare il soggetto che difende ovvero l’ex assessore della giunta Occhiuto, nonché suo cugino Carmine Manna. In altre parole: mistificare la realtà dei fatti “passeggiando” sul cadavere di un bambino di 4 anni. 

Un nutrito gruppo di testate compiacenti si sono prestate a mettergli un microfono sotto il muso e gli avevano fatto dire che i suoi periti avrebbero raccontato tutta un’altra storia a proposito della morte del piccolo Giancarlo. Tutto questo davanti ai genitori del bambino, agli amici ed agli altri familiari della coppia e a tanti cosentini onesti che avrebbero voluto giustizia per la morte assurda di un bambino lasciato colpevolmente annegare da Carmine Manna e dai suoi collaboratori e che invece si ritrovavano Manna seduto davanti al giudice per difendere l’indifendibile (come diciamo a Cusenza) ovvero a peste ca li mbacchia. 

Il 28 maggio 2019 in Tribunale i periti di Manna hanno avuto la faccia di bronzo di dire che il bambino non è morto annegato ma per un problema cardiaco che non ha mai avuto. Così vanno le cose, del resto, nel porto delle nebbie, ma anche alla Corte d’Appello di Catanzaro dove con le “mazzette” si possono comprare giudici (e infatti in questo processo ne sono passati quattro !!!), avvocati, giornalisti e tutto il cucuzzaro. Noi però non avevamo partecipato a questo scempio. E lo avevamo detto chiaro in faccia a tutti i protagonisti di questa tremenda storia. Compreso Manna, al quale nei corridoi del Tribunale abbiamo detto tutto quello che pensavamo e pensiamo di lui.

Era stato proprio allora che avevamo associato il nomignolo quaquaraquà a Marcello Manna, ricordandogli la divisione degli uomini in categorie secondo Leonardo Sciascia, e mandandogli a dire con tutto il fiato che avevamo e abbiamo ancora in corpo che lui, Marcello Manna, appartiene di diritto a quella dei quaquaraquà. Non lo batte nessuno. In attesa di vedere se le “mazzette” funzioneranno anche per il processo di Appello per la morte del piccolo Giancarlo a Catanzaro.

Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquàPochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini… E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi…E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito… E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre…