La nuova Corigliano-Rossano nasce sul mare (e senza l’Enel)

di Alberto Laise

La nuova città di Corigliano-Rossano sta nascendo lentamente e tra mille difficoltà e, forse, ripensamenti. Le difficoltà erano facilmente immaginabili e pesantemente sottovalutate durante la fase referendaria (in primis la mediocre e lacunosa legge istitutiva, la scarsa collaborazione tra le due ex amministrazioni e la mancanza dello studio di fattibilità) ed è ingeneroso cercare di addossarle a presunte posizioni referendarie di chi amministra oggi. Non è vero e non è serio.

Detto ciò – che non vuol dire che la stessa fusione debba essere considerata un danno – e riconoscendo che, altrettanto probabilmente, potrebbe anche essere stato giusto “osare” per non perdere il treno, oggi dovremmo tutti lavorare affinché si realizzi nel modo più completo ed efficiente possibile. Quest’opera va “disegnata” attraverso gli strumenti amministrativi, attraverso la scrittura condivisa e larga dello Statuto, attraverso il piano triennale delle infrastrutture che deve essere anch’esso patrimonio comune e collettivo. Ed in quest’ottica particolare significato, simbolico ed immaginifico ma, al tempo stesso, anche concreto, acquista la progettazione del Lungomare unico che unirebbe le due ex città sul mare. E’ attraverso quest’opera che si può creare e dare forma plastica all’unione ed alla fusione. Un nuovo inizio che parte dalla principale risorsa del nostro territorio: il mare ed il rapporto che il territorio ha con esso. Non solo turismo ma anche pesca, attività economiche ed enogastronomiche di pregio, persino ricerca biomarina ed ittica.

E se questo diventa il cuore pulsante della città, allora occorre, a mio avviso, prendere posizione in merito alla presenza della Centrale Enel. Da decenni, come tutte le forze politiche ammettono, si trascina una discussione tra le amministrazioni e l’Enel che fatica ad arrivare alla conclusione che i cittadini sembrano volere: la definitiva ed assoluta bonifica del sito e lo smantellamento della Centrale. I vantaggi che, in termini economici, ha portato al territorio sono stami minimi se non residuali e, sicuramente, esauriti da anni. Pensare oggi che si possa, attraverso il Recovery Found, perorare la causa di una sua “riconversione ecologica” è semplicemente un tradimento al territorio. La presenza della Centrale all’interno dell’area urbana e sul litorale rende inutile ogni qualsivoglia processo di riconversione dell’area. La presenza di quelle ciminiere ha per anni rappresentato uno stupro del nostro territorio che oggi deve finire. Non si può immaginare una città moderna, votata all’ambiente, portandosi dietro in eredità quel mostro di ferro e fumo. E non bisogna assolutamente cadere nel tranello della riconversione ecologica. La produzione industriale d’energia non è in nessun caso compatibile con il turismo, con le attività marittime e con l’ambientalismo. E la nostra comunità ha già pagato, anche in termini di salute, un prezzo troppo alto a quell’insediamento che tanto poco ha dato in cambio.

Ed allora è fondamentale che si chiariscano i termini delle proprie intenzione, che ci si adoperi affinché gli interessi di questa comunità trovino ascolto nelle stanze del ministero e che si metta la parola fine alla prepotenza ed all’indifferenza dell’Enel. Il sito non può più essere un osso da spolpare per garantire l’interesse di pochi anche attraverso progetti che nulla hanno prodotto in questi ultimi anni. Piuttosto si deve cercare di unire tutte le forze sane della città affinché si realizzi l’affrancazione completa di questo territorio dagli interessi, legittimi e non, di altri territori. E, nel disegno della nuova città, nel suo essere un opera d’arte da costruire, credo proprio che quelle lunghe ciminiere non possano essere un valore aggiunto.