La parola di Renzi vale (un po’) meno di quella del divino Otelma

Open Day

(di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – È dal 2016, quando Renzi si ritirò dalla politica restandoci, che la sua parola vale un po’ meno di quella del divino Otelma. Dunque nessuno, a parte pochi spostati, ha mai creduto a una sillaba delle sue innumerevoli interviste a giornali e tv contro i pm di Firenze Creazzo, Turco e Nastasi che indagavano sui traffici e le marchette della fondazione Open. C’è un unico posto, nel mondo, dove quelle ridicole calunnie (“Mi hanno spiato e intercettato illegalmente”) hanno trovato udienza e financo approvazione: il Senato, che il 22 febbraio, con 167 Sì (destre, Pd e Iv) e 76 No (M5S e LeU), sollevò un conflitto di attribuzioni alla Consulta contro la Procura per violazione dell’art. 68 della Costituzione sulle guarentigie parlamentari. La pagina più nera, anzi marron, della storia parlamentare dopo Ruby nipote di Mubarak. Non contento, Renzi denunciò i tre pm alla Procura di Genova per abuso d’ufficio. E mal gliene incolse, perché in tribunale le balle stanno a zero: conta la legge. Ieri il gip Claudio Siclari ha archiviato la denuncia di Renzi, impartendo a lui e agli altri 166 senatori somari una lezione di diritto.

Secondo Renzi, i pm gli avrebbero sequestrato “scambi di corrispondenza, specie telematica” (chat Whatsapp e email con gli amici Manes e Carrai, un estratto conto bancario) “violando specifiche regole di condotta”, e cioè la “previa autorizzazione del Senato”, con “grave danno all’immagine pubblica e alla reputazione professionale” per le notizie di stampa. L’idea che Renzi pensi di avere ancora un’immagine e una reputazione fa tenerezza, ma il gip sorvola. E si limita a ripetere ciò che tutti i giuristi sanno da sempre e Piero Grasso e i 5Stelle avevano cercato invano di spiegare: la differenza fra “corrispondenza”/“comunicazione” e “documento”. Per acquisire le prime, se c’è di mezzo un parlamentare, occorre l’ok di Camera o Senato; per il secondo no, come afferma la Costituzione e conferma la Cassazione. E a Renzi non è mai stata sequestrata alcuna corrispondenza o comunicazione: solo documenti. Come le chat e le email con Manes e Carrai, peraltro sequestrate a loro (mai eletti) e non a lui. E come un vecchio estratto conto 2018-’20 acquisito presso la banca, non presso di lui. Corrispondenza è “un’attività di spedizione in corso”, quando invii o ricevi una lettera, un’email, un sms (attività dinamica soggetta a intercettazione, su cui il parlamentare gode delle guarentigie); non i messaggi non inviati o già inviati da tempo (documenti soggetti a sequestro o acquisizione, per cui il parlamentare è un cittadino come gli altri). Concetto semplice anche per i bambini. Ora si spera lo capiscano anche Renzi e gli altri 166 senatori somari. O serve un disegnino?