Lamacchia, il predestinato. La “guerra” con Morrone e il paradosso della calunnia

Bonaventura Lamacchia (da oggi pomeriggio agli arresti domiciliari perché condannato in via definitiva per calunnia) è sempre stato un predestinato. Nel suo percorso ci sono stati tanti, troppi passaggi che non potevano che lasciar prevedere il risultato finale. Ma lui è sempre andato fino in fondo, è caduto, ha pagato ma si è rialzato. In qualche modo. Per poi ricadere ancora.

E’ questa, in estrema sintesi, la parabola dell’ingegnere. I sei mesi di condanna del processo Telesis (con tanto di pena sospesa, risalenti al 4 novembre scorso, appena un mese fa) valgono molto di più di una assoluzione. Lo avevano detto tutti. Lamacchia era stato addirittura arrestato nel 2010 per questa storia delle tangenti sul caro estinto. Ma ora è chiaro che gli si stava preparando il “trappolone” di oggi.

Il ruolo di Bonaventura Lamacchia sarebbe stato quello di avere implementato il portafogli clienti delle ditte di onoranze funebri controllate dalla cosca Bruni. Lamacchia era inserito nel racket delle pompe funebri, grazie ai suoi collegamenti con il titolare di una casa di cura di Cosenza, ed era accusato di tentata estorsione, aggravata dalle modalità mafiose. Il suo grande accusatore è stato Ennio Morrone, con il quale aveva condiviso anche la militanza nell’Udeur. Tutto nasce dal rapporto col figlio Luca per la casa di cura “Il Sorriso”. Lamacchia è stato denunciato da Luca Morrone: avrebbe esercitato pressioni (così si leggeva negli atti) su di lui “perché i funerali delle persone morte nella clinica venissero affidati all’impresa di pompe funebri di Luigi Naccarato, controllata dalla cosca capeggiata da Michele Bruni”.

Luca Morrone, comunque, al quale Lamacchia aveva chiesto un incontro insieme a Bruni, si sarebbe sempre sottratto alle pressioni. Il fratello di Bonaventura Lamacchia, Ernesto, per il quale Bruni ha chiesto la stessa condanna del fratello, era all’epoca direttore sanitario della casa di cura “Il Sorriso”.

L’impianto accusatorio del pm Bruni è stato smontato. Lamacchia ha vinto, il grande sconfitto è Ennio Morrone. Questa volta non ha avuto soddisfazione, anzi. Il vento per lui alla procura di Cosenza dev’essere cambiato. O è solo una congiuntura perché questo era un processo del pm Pierpaolo Bruni? Più probabile la seconda ipotesi.

Ennio Morrone
Ennio Morrone

Lamacchia è un predestinato, dicevamo. Alla fine degli anni Ottanta è il giovane sindaco democristiano di Spezzano Piccolo. Ma si affaccia prepotentemente alla ribalta cosentina con il Cosenza Calcio. E’ prima dirigente e poi amministratore delegato della società rossoblu che torna in Serie B dopo 24 anni e l’anno successivo sfiora la Serie A. Ma il Cosenza Calcio non è gestito proprio a regola d’arte e, pochi mesi dopo la sua nomina a presidente, nel 1993, arriva il primo patatrac. Viene arrestato per una vicenda di lottizzazioni legata al periodo in cui era stato sindaco e non è proprio semplicissimo venirne fuori. Come se non bastasse, pochi mesi dopo, anche il Cosenza Calcio viene addirittura escluso dal campionato di Serie B per una vicenda legata alla regolarità delle procedure eseguite per l’iscrizione (falsificazione delle cartelle fiscali dell’Etr…). La società aveva accumulato una cinquantina di miliardi di debiti e faceva acrobazie per iscriversi in un periodo in cui non si poteva lucrare, almeno alla luce del sole, sul business pallonaro. Lamacchia viene indagato, il Cosenza salvato in extremis da Matarrese che ha inserito una “x” sul calendario ma pesantemente sanzionato nel corso del campionato con 9 punti di penalizzazione.

Lamacchia però aveva già lasciato la patata bollente a Paolo Fabiano Pagliuso. Era la fine di ottobre del 1994.

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Nonostante tutto il casino, Lamacchia non solo riesce a rimettersi in piedi ma viene anche eletto alla Camera dei deputati nel 1996. Dopo la fine della Dc, si era buttato con Rinnovamento Italiano (lista Dini). Il fatto di essere deputato lo mette al sicuro, all’epoca, da brutte sorprese. Ma non per sempre… Nel 1999 si butta con l’Udeur di Mastella. Candidato alle europee nella lista Udeur, aveva riportato 8.030 voti di preferenza nella circoscrizione meridionale senza essere eletto.

E’ un predestinato, Lamacchia. E sapeva bene che c’era ancora un conto da pagare. Arriva così una condanna penale nell’ambito di un procedimento che lo vedeva imputato con altre persone per avere distratto, secondo l’accusa, somme di danaro da una società, la Edicom, per circa due miliardi di vecchie lire. Soldi che sarebbero dovuti confluire nell’attivo fallimentare e che invece erano stati destinati alla creazione di altre societa’. Lamacchia aveva patteggiato la pena. Un altro patatrac.

Nel 2010, quando aveva provato ad impegnarsi di nuovo col Cosenza Calcio, era arrivata l’ennesima mazzata. Ma, a distanza di anni, ancora una volta, è riuscito ad evitare il tracollo generale. Almeno per il momento. Aspettando un appello, che non si svolgerà più a Cosenza ma a Catanzaro.

Nel frattempo, proprio poche ore fa, gli è arrivata un’altra mazzata che sa tanto, come si dice in gergo calcistico, di compensazione. Scagionato da Telesis ma condannato per… calunnia. Una storia vecchia, sepolta chissà dove, che però è arrivata utile nel momento in cui evidentemente serviva a qualcuno.

Questo è il paradosso di oggi.

L’ingegnere Lamacchia è un predestinato ma ha un grande intuito e, se volete, una certa genialità. Quando diventò presidente del Cosenza convinse Gianni Di Marzio a ritornare a Cosenza e ad intraprendere la carriera di direttore generale. E’ stato un successo, finchè è durato. E Di Marzio portò a Cosenza Alberto Zaccheroni, che riuscì non solo a salvare i Lupi con 9 punti di penalizzazione ma anche a portarli a ridosso della zona promozione. Sarà una magra consolazione, ma questo gli va riconosciuto. Da tifosi del Cosenza Calcio.