Le fabbriche degli arcivescovi di Cosenza: un pezzo della nostra storia

Le fabbriche degli arcivescovi di Cosenza: un pezzo della nostra storia

di Sergio Nucci

Ho avuto il privilegio di sfogliare tra i primi il libro di Cristiana Coscarella “Le fabbriche degli arcivescovi di Cosenza”.

Un vero privilegio per un duplice motivo, il primo perché conferma una stima reciproca con l’autrice, il secondo perché arricchisce una non modesta collezione di testi di storia patria della quale vado sinceramente fiero, con un volume francamente curato e ben fatto.

Cristiana Coscarella con il rigore proprio dell’Accademia ma al tempo stesso con la passione della studiosa segue le tracce, indaga con competenza e puntiglio un arco di tempo abbastanza ampio dal 1500 al 1900 uno degli edifici più importanti per la società cosentina: il palazzo dell’arcivescovado, la casa dei vescovi cosentini. 

Il suo viaggio è puntiglioso e tiene conto dell’evoluzione di Cosenza e della sua chiesa. Lo scorrere del tempo, che poi è il tempo della nostra comunità, viene scandito dall’evoluzione e dalla progressiva trasformazione del fabbricato man mano che la storia di dipana. Non è dunque solo un libro tecnico nonostante trovi la luce sotto l’egida dell’Università della Calabria ma un gesto d’amore per una città e per quei luoghi dei quali si perderebbe memoria se non ci fossero ricercatori così appassionati ed innamorati, e Cristiana Coscarella fortunatamente è tra loro.

E’ impossibile muovere critiche mentre è facile sottolineare come la cronaca di una costruzione diventi storia di una collettività, di abitudini, di consuetudini, di vizi e di virtù di una città, dei suoi abitanti e dei suoi rappresentanti religiosi. Perché in fondo il libro disvela tra un progetto ed una modifica una città che cresce, si trasforma, evolve. Questo testo per le caratteristiche insite è una esempio di come si debba fare la ricerca, senza fronzoli, senza scorciatoie  e senza piaggerie, con rigore e precisione.

Perché questo libro deve dire di fatti autentici e non fantasiosi, cronache fedeli e non ricostruzioni leggendarie.

Basterebbe questo, che non è poco, per rendere onore ad una città e ad una storia che non ha bisogno di sovrastrutture per essere essa stessa affascinante e definita.