Lettere a Iacchite’: “Cosenza, c’era una volta il Liceo Classico Telesio…”

La vicenda del Telesio:” Quousque tandem abutere, Iaconianni, patientia nostra?“
Sono un telesiano di lungo, lunghissimo corso ma, a distanza di tanti anni, avverto ancora il senso di appartenenza alla mia bella scuola.
Ogni volta che intravedo, anche da lontano, le colonne dell’antico Telesio, è come se stessi sostenendo gli esami di licenza ginnasiale, fra il sorriso compiaciuto di donna Ginevra Mancini e l’affettuoso incoraggiamento della signorina Panaro.
Il prof. di latino e greco, Livio Vinicio Palange, ci aveva inculcato il culto della classicità “perennis”, ma in classe ci proponeva anche temi di attualità, cosicché saremmo arrivati alla maturità davvero formati e maturi.
E poi il prof. Pisani, con il suo sarcastico anticlericalismo, don Carlo, con la sua bonomia semplice: il diavolo e l’acqua santa.
Al di sopra delle loro beghe e delle nostre marachelle, il preside Pizzarello, burbero benefico che avevamo timore persino d’incontrare nei lunghi corridoi.
Che freddo in quei corridoi, che calore nei nostri cuori!
Ed ora? Ora il Telesio, che è stato visitato da un mio amico, ben più giovane di me, con i suoi vecchi compagni di classe, ho saputo che è diventato via via bellissimo, più grande, con tante innovazioni ultra positive, l’antico e il moderno in simbiosi. Oggi, purtroppo, sento che una parte degli alunni andranno a frequentare presso le “Canossiane”.   
Le Canossiane? Mia sorella le ha frequentate dall’asilo alla licenza media, anche questo per me è un luogo del cuore.
Ma perché, mi chiedo, i liceali devono lasciare la loro scuola arricchita di tante cose belle? Perché un preside, che tanto ha fatto per far crescere questa prestigiosa scuola, priva i propri alunni della loro sede naturale per catapultarli in via Carlo D’Aquino? Chi prenderà, o ha preso possesso, delle aule della loro scuola?
Chiedo un po’ in giro ed apprendo che le aule sono occupate dagli alunni delle elementari e delle medie del Convitto Nazionale e che altre aule sono state costruite per questi nuovi alunni: resto stordito.
Mi arrovello su queste informazioni.
Il mio pensiero va poi ai poveri insegnanti: rimangono inerti, non hanno nessun senso di appartenenza, non hanno senso critico, sono completamente passivi? D’altra parte, parlo così perché non ho letto nulla sui giornali cittadini, né ho sentito parlare di manifestazioni. Vivo in centro, qualcosa l’avrei orecchiata, qualche amico o conoscente mi avrebbe dato qualche altra notizia. Certo, se così fosse, potremmo già evitare di chiamare il Liceo “Liceo Classico Bernardino Telesio” e gli insegnanti “insegnanti del Telesio”.
Vado avanti, spinto dalla curiosità e dalla nostalgia, ma anche dallo spirito battagliero del giurista, e mi chiedo come sia stato possibile che il preside sia riuscito a convincere gli organi collegiali a togliere dalla loro sede gli alunni naturali. Mi convinco e forse mi illudo che gli insegnanti non si siano resi conto di tanta assurdità. Un’altra domanda: ma i genitori dei liceali sono contenti di tutto ciò? Se io che non ho figli e nipoti al Liceo sto scrivendo, loro dovrebbero fare ben altro, ma sicuramente ci saranno tante lamentele, forse hanno creato un comitato. Sarà certamente così, diversamente saremmo all’assurdo. 
Un pensiero, maligno forse, da Azzeccagarbugli che sa di latino, attraversa la mia mente vegliarda: l’antico Telesio, frequentato dai nostri antenati che imparavano a memoria le Catilinarie, le Bucoliche, la Divina Commedia, Saffo e i versi più belli dei tragici, sta per diventare un college, ma un college all’americana.
Penso che i presidi Pizzarello, Giallombardo, Spadafora e Ciacco, giusto per citare quelli di mia memoria, si staranno rivoltando nella tomba. E’ un’espressione molto dura, gergale, ma rende l’idea, quella mia personale intendiamoci.
Si impossessa alla fine di me un moto di disappunto ed allora, come a Virgilio, mi viene di invidiare l’ineffabile vita di Titiro: “Titire, tu patulae recubans sub tegmine fagi”, non senza aver prima pensato: “Quousque tandem … Quousque  furor iste tuus …”.
Il preside un tempo illuminato avvicinato a Catilina, un avventuriero, ma questa fortissima associazione mi viene in mente; così come i ragazzi che se ne andranno li accosto a Melibeo, pastore sfortunato, costretto a lasciare ciò che è suo da generazioni, per non ritrovarlo forse mai più.
A me sembra che tutto risponda a logiche di mercato, che con la Cultura hanno ben poco in comune.
Forse, però, devo prendere un binocolo per guardare lontano. Per il momento, quello che vedo senza lenti non mi piace, anzi, mi fa male come una pugnalata al cuore.
Un ex alunno del fu “Liceo Ginnasio “B.Telesio”