Lettere a Iacchite’. Lavoro stagionale: in Calabria, capita anche di non ricevere la paga

Sono un uomo di 47 anni e vivo in un quartiere popolare di Cosenza. Ho un diploma professionale, e in vita mia ho svolto molti lavori, ho lavorato nei cantieri con mio zio durante la mia giovinezza, per tanti anni, per poi passare ad un lavoro meno faticoso come magazziniere in quella che un tempo tutti chiamavano la zona industriale. Un buon lavoro che però è durato poco, tre anni, l’azienda d’un tratto ha chiuso e si è trasferita altrove. Ho provato così a trasferirmi all’estero, in Germania, dove mi sono fermato per quasi 7 anni, ma la nostalgia e la triste vita che conducevo, casa -lavoro, lavoro-casa, mi hanno fatto ritornare sui miei passi. In Germania guadagnavo bene, ma la maggior parte dei soldi se ne andavano per l’affitto, una spesa che pesa tanto sullo stipendio se decidi di avere una casa solo per te. Ho lavorato ininterrottamente per quasi 7 anni in un ristorante di proprietà di una famiglia abruzzese, brava gente, presente in Germania da oltre 60 anni. E lì ho avuto l’occasione di imparare molto. Non dico di essere uno chef, ma un buon aiuto cuoco sì. So come gestire le comande e so come preparare la linea allo chef. So lavorare sia ai primi che ai secondi. L’esperienza lavorativa in una cucina, che lavora molto, è l’unica cosa che mi sono portato dietro dalla Germania.

Una volta ritornato in patria ho cercato di mettere a frutto la mia esperienza e mi sono proposto a diversi ristoranti del mio territorio, saltando da un locale all’altro come un grillo (cosa che continuo a fare come stagionale), non per volontà mia, ma spesso perché ricevere lo stipendio dalla mie parti è una impresa complicata. Non voglio criticare nessuno, ma tutti sanno che in tanti casi è così. Già il lavoro in una cucina è tra i più sacrificati che ci sia, non ci sono feste, non c’è orario, non c’è sabato, non c’è domenica, quando gli altri festeggiano tu lavori sempre, se poi a questo ci aggiungi anche una paga da fame che fai fatica anche a ritirare, è chiaro che lavorare serenamente diventa difficile.

Il mio non vuole essere un atto di accusa verso i ristoratori, anzi, capisco che l’Italia non è la Germania, e conosco bene i problemi che ha un proprietario di un ristorante. Tasse alle stelle, aumenti ingiustificati di luce, gas e materie prime, tangenti alla mafia, e poi il problema dei problemi, le troppe tasse sul lavoro. Assumere per un ristoratore è troppo costoso. Soldi che invece di versare allo stato il datore di lavoro potrebbe mettere in busta paga del lavoratore, se solo lo stato si decidesse ad annullare buona parte delle tasse sul lavoro. Sta qui la soluzione del problema, insieme alla legge sul salario minimo. Con queste regole, il datore di lavoro non avrebbe bisogno di imbrogliare lo stato e sfruttare il dipendente. È compito dello Stato, così come succede in Germania, tutelare e aiutare un settore fortemente provato dalla pandemia. E non si dica che non ci sono i soldi, perché lo sappiamo bene che i soldi ci sono, serve solo la serietà e la volontà politica.

Vi ho scritto proprio perché volevo dire questo: lavoratori e datori di lavoro del settore della ristorazione dovrebbero mettersi insieme e portare avanti questa battaglia per il bene di tutti. E in tanti dovrebbero smetterla di andare dietro a quei politicanti che hanno distrutto la Calabria costringendo la gente ad emigrare che continuano a dire che il problema della ristorazione è il reddito di cittadinanza. Che io non percepisco. La guerra “tra poveri” che qualche politico da strapazzo aizza, credetemi non è la soluzione ai nostri problemi. Gli interessi del datore di lavoro sono gli stessi del dipendente, se l’azienda va bene il lavoratore sta bene, perciò è interesse di entrambi non cadere nella trappola di questi politici che pur di non assumersi le responsabilità (come quella di dare una mano concreta al nostro settore) ci mettono, scientificamente, gli uni contro gli altri. Questa volta tocca a loro sbucciare la patata bollente. Grazie per lo spazio.

Lettera firmata