Lettere a Iacchite’: “Ragionare fa male ai tempi del Covid”

RAGIONARE FA MALE

In tempi come questi, preoccupati come siamo per la salute, ci spaventa anche il solo pensare. S^, perché pensare, ragionare può portare a conclusioni dolorose. Se è vero che la prima ondata della pandemia ha trovato tutti impreparati – penso – perché non ci si è preparati tempestivamente per la seconda e la terza?

Se, com’è vero, a marzo ed aprile i malati di Covid morivano perché non c’erano sufficienti posti in rianimazione, perché a ottobre (dopo 6 mesi!) regioni come la Calabria sono state dichiarate zona rossa per carenza di posti in terapia intensiva? Perché non si sono riattivati ospedali periferici dismessi (argomento che richiederebbe uno spazio dedicato) e si è preferito allestire ospedali da campo che sono quanto mai utili ed ora certamente indispensabili, ma che andranno via ad emergenza finita?

Perché non si sono assunti, anche temporaneamente, medici e infermieri attingendo a graduatorie già esistenti, visto che i reparti di rianimazione non lavorano come robot, ma per funzionare necessitano di personale altamente specializzato? Perché si discute di riapertura della scuola a gennaio quando i contagi sono in continua ascesa e veicolati soprattutto da giovani asintomatici, come se ci fosse una volontà perversa di farli crescere anziché diminuirli?

Perché si è scelto di investire risorse principalmente per l’acquisto di gel disinfettanti e mascherine chirurgiche di bassissima qualità e non in assunzioni di docenti per ridurre, da settembre, il numero di alunni a 15 per classe (cosa peraltro auspicabilissima dal punto di vista pedagogico-didattico) e quindi il rischio contagio? Perché non si sono usati tutti gli spazi disponibili per allestire nuove aule nelle scuole svuotate dal calo demografico, istituti religiosi, conventi, spazi comunali e delle Forze Armate a costo zero o quasi? Perché non si sono utilizzati i mezzi di trasporto di Forze Armate e Polizia per gli alunni che hanno continuato, nei mesi di settembre e ottobre, a viaggiare stipati (addirittura in piedi!) per andare e tornare da scuola? Perché, se le scuole sono considerate giustamente un luogo a forte rischio contagio, tanto da giungere alla sofferta decisione di attivare la DAD per diversi mesi, non è mai stata nemmeno ventilata all’interno dei dibattiti politici la possibilità di attribuire ai docenti l’indennità di rischio, già disposta per personale sanitario e categorie di lavoratori di pubblica utilità, considerando anche che i professori vengono inclusi all’interno delle categorie per le quali la vaccinazione è raccomandata e che vi avrà accesso prioritario?

Perché dopo un anno l’esecutivo continua ancora ad adottare uno strumento di democrazia debole come il DPCM quando la nostra carta costituzionale ne prevede altri a più forte partecipazione democratica come il decreto legge, che comporta il dibattito parlamentare, pur continuando a rispondere alle esigenze di celerità ed urgenza tipiche delle situazioni emergenziali?  Un susseguirsi di quesiti, interrogativi, dubbi annebbiano le nostre menti, ora più che mai stanche, che scrutano l’orizzonte alla ricerca di quelle certezze che stentano ad arrivare. Quante domande, ma ahimè, quante poche risposte!

Roberto Brusco