Lettere a Iacchite’: “Rende, vi spiego chi è il signor Massimino Aceto detto Max”

In riferimento al Vostro articolo sull’impianto di bitume di Ortomatera, sequestrato al sedicente imprenditore Massimino Aceto, noto anche come Max per distinguerlo dall’altro Massimino famoso a Rende cioè Massimino “baffetto” Manna, cugino diretto del sindaco, c’è qualcosa che sfugge, soprattutto all’autorità giudiziaria (http://www.iacchite.blog/castrolibero-corsi-e-ricorsi-quando-sequestrarono-limpianto-di-bitume-a-max-aceto/).

E allora vi informo che il “signor” Massimo Aceto, noto bancarottiere, risulta nullatenente, residente addirittura a Siderno ma di fatto abita in una villa con piscina a contrada Difesa in Rende, gestisce un patrimonio immobiliare intestato a moglie e figlia, sempre in zona, la mattina esce alla guida di un Suv Mercedes o altro grosso veicolo della stessa marca (a capitu oi fra…) e ha un frantoio, ubicato proprio nel sito dove fu sequestrato l’impianto di bitume e non ho ancora finito. Prendete un attimo di fiato, che continuo…

Le ditte che operano in campo edile, Aceto Group srl, e in campo “deforestazione“, quelle con le quali taglia legna dappertutto con la complicità dei comuni di Cosenza e Rende (e con il camion sul quale c’è addirittura scritto il suo cognome, pensate quanto è sfrontato e sfacciato quest’uomo…) sono intestate ad altre teste di legno. Specializzato in lavori edili abusivi insieme al famigerato cugino del sindaco mazzettaro (https://www.iacchite.blog/lettere-a-iacchite-rende-palazzinari-pronti-a-cementificare-tutta-contrada-santa-chiara/), il “signor” Aceto è stato anche subappaltante nei lavori del parcheggio di piazza Fera/Bilotti e in quelli della struttura sciistica di Lorica, lavori balzati nuovamente alla ribalta delle cronache proprio qualche tempo fa. Del resto, quest’ultima, è una storia che conoscete bene. Ma non come quella del cantiere di Surdo, sempre dello stesso soggetto, dove ha perso la vita un uomo dieci anni fa. Ma questa è un’altra storia che mi riservo di raccontarvi un’altra volta.

Lettera firmata