Manna, amico dei boss ma libero di governare. Le beffe di Anci e… Sassoli (di Conchita Sannino)

di Conchita Sannino

Fonte: Repubblica

ARTICOLO DEL 12 GENNAIO 2022 ma purtroppo sempre attuale… 

Succede ancora, e succede adesso. Ma poiché la vicenda si sviluppa nella Calabria che qualcuno vorrebbe ancora fuori dai radar del minimo decoro istituzionale, tutto scivola verso l’oblio. Persino quando viene riportata su un autorevole comunicato con i timbri della giustizia italiana.

Accade oggi nel nostro Paese che un avvocato, Marcello Manna, sia coinvolto in una inchiesta di sentenze comprate. Manna è, come tutti i cittadini, innocente fino a sentenza definitiva di segno contrario: ma oggi è accusato dalla Procura di Salerno di aver comprato un giudice calabrese, a prezzo modico, 5 mila euro, per fare assolvere un esponente della ‘ndrangheta accusato di omicidio, suo cliente.

Cadono però tutte le richieste dei pubblici ministeri per farlo arrestare e lui, nella totale indifferenza di altre istituzioni, continua a essere non solo avvocato a piede libero ma anche amministratore pubblico. Manna infatti è anche sindaco di Rende, 35.000 abitanti, in provincia di Cosenza, e riveste persino il ruolo di presidente dell’Anci Calabria, la sezione regionale dell’associazione dei Comuni italiani. 

Il giudice che si sarebbe fatto corrompere da Manna, per inciso, è Marco Petrini, allora presidente della Corte di Assise di Appello di Catanzaro, che è stato già giudicato e condannato in primo grado per altre ipotesi di corruzione ed ha collaborato con la giustizia raccontando in quale busta gli venne consegnato a suo dire il denaro dall’avvocato Manna, non i soldi ma la busta che li conterrebbe compare persino in un video.

Manna però contesta aspramente le dichiarazioni di quel giudice che sarebbe stato suo complice, dice che lì dentro aveva infilato solo atti processuali, professa la sua totale estraneità e parla di accanimento giudiziario. Intanto continua a governare.

Tutto parte dalle indagini del procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, che consegna alla procura di Salerno, competente a indagare sui magistrati calabresi una serie di filoni legati alla zona grigia. anche dei tribunali.

Una delle indagini aperte riguarda il giudice Petrini e il suo amico Manna, che avrebbe brigato per fare assolvere il boss Francesco Patitucci, ritenuto capo della ‘ndrangheta di Cosenza. Di fronte a questo scenario, i pubblici ministeri salernitani chiedono l’arresto per Manna con l’aggravante della finalità mafiosa. 

Ma la prima volta il gip di Salerno risponde picche: ritiene che non vi siano esigenze cautelari. La seconda non va meglio con i giudici del Riesame per i quali sono fondate le esigenze cautelari a carico del Manna ma non l’aggravante mafiosa. Il Riesame concede quindi solo la misura interdittiva unicamente per l’attività forense, peraltro sospesa, visto che a questo punto – spiegano i pm in un comunicato – resta ormai solo la strada del ricorso in Cassazione e tocca al procuratore di Salerno Giuseppe Borrelli e ai suoi sostituti andare fino in fondo su questa battaglia.

Nel frattempo comincia con una cupa distrazione il 2022 della vigilanza antimafia. Colpiscono infatti più elementi.

Che un tribunale del Riesame abbia considerato sufficiente una interdizione limitata all’attività di avvocato e non a quella di pubblico amministratore.

Che l’Anci. da sempre in prima fila, non abbia chiesto al sindaco di farsi momentaneamente da parte come rappresentante di tutti i comuni della Calabria.

Colpisce addirittura che Manna in un post di legittimo cordoglio per la morte di David Sassoli citi le parole del compianto presidente europeo come un faro… 

Strano, molto strano perché l’Europa sembra lontanissima vista da questo squarcio del Cosentino e del Salernitano.