Mario Occhiuto, uomo in nero

Mario Occhiuto

Mario Occhiuto si presenta bene. Nonostante le sue umili origini. Conosce i modi e le persone giuste per stare negli ambienti che contano. La meglio società. Si è fatto largo sgomitando e studiando. E’ garbato nei movimenti e veste sempre con una certa eleganza. Per lo più abiti scuri. In omaggio alla sua passione clericale. Che, devo dire, gli donano. Un colore che lo slancia. Non che ne abbia bisogno. Infatti è sempre in forma. Un figurino. Ottu e novi fora maluacchiu ppe cent’anni.

Sa che per meglio vendersi bisogna prima di tutto apparire. La sostanza semmai viene dopo. Mario, diciamoci la verità, è figo. Che poi è quello che sotto sotto pensano tutte le donne che lo incontrano. Un bell’uomo. Uno che a un party non passa inosservato. Mario è uno che ha girato. Direi cosmopolita nella concezione di ogni suo pensiero. Ha attraversato mezzo mondo per realizzare opere uniche nel suo genere.

Perché la sua passione vera è l’architettura. Ama riempire gli spazi. O gli spazi riempire ama. Oppure ama spazi riempire. Fate voi. Traccia linee sul foglio, ma anche nell’anima. Disegna città ideali, che trovano concretezza solo nel suo “taccuino”. Ma le sue passioni non si fermano qui. Ha fatto di tutto. Cemento, movimento terra, metanizzazione, ristorazione, editoria, comunicazione. Un tuttologo. Come le ditte a cui in continuazione affida direttamente lavori. Di ogni tipo. Apre e chiude fabbriche (vedi mattonificio zona industriale) alla velocità della luce. Ha costituito decine e decine di società, tutte sistematicamente fallite. Accumulando una mole di debiti impressionante. Si parla di 20 milioni di euro.  Come l’abbia fatti, rimane un mistero.

Possibile che nessuno lo ha mai pagato per i lavori eseguiti? E gli utili, semmai ce ne sono stati, dove sono finiti? Eppure passa per un uomo di successo. Certo è che se il successo lo misuriamo dai debiti, allora è di sicuro il numero 1. Ma nonostante ciò, riesce ancora ad abbindolare qualcuno disposto a concedergli altro credito. E se questo è possibile, nonostante la sua conclamata morosità, è perché si barda della corazza di sindaco. Carica, senza la quale, a quest’ora sarebbe chissà dove. Può, in virtù di questo nobile mandato che sistematicamente tradisce, fare promesse, distribuire prebende, affidare appalti. E per chi deve ricogliere soldi da lui, magari da tanto tempo, questa è l’unica strada. Imprenditori, che pur di recuperare le dovute spettanza, sono disposti, insieme a lui, a imbrogliare, inciuciare, taroccare. Una sorta di costrizione al reato.

Per fare questo è chiaro che bisogna avere le coperture politiche e giudiziarie giuste. Altrimenti nessun imbroglio è possibile. Perché a guardare gli atti amministrativi da lui firmati, chiaro e lampante si palesa l’intrallazzo. Non c’è bisogno di spie, pentiti, e dossier, per affermare questo. E’ stato lui stesso, nelle determine, e nelle delibere, a mettere nero su bianco. Documenti che senza le coperture in procura sarebbero finiti dritti in un’aula di tribunale. Mario sa bene, che per ogni intrallazzo che si rispetti, e per la sua riuscita, è necessario “smazzare fiori” agli addetti al controllo. Senza guagna non si cantano messe. E prima ancora di pensare ai problemi dei cosentini, si impegna subito a organizzare la filiera dell’intrallazzo. Dove coinvolge, senza molti sforzi, le cariche istituzionali locali che contano. Pubblici dirigenti da noi pagati che si prestano, per denaro, a sostenere i suoi imbrogli. Non solo, offrono servizi, visto l’importanza della loro carica, contro i suoi nemici.

Ma chi sono? Ecco i nomi (oggi vi sveliamo solo quelli “locali”): in questura, il questore (ora trasferito) Anzalone. Il dirigente di polizia Alfredo Cantafora e alcuni suoi sottoposti.

Cosenza-questura

Prefettura, il prefetto Cannizzaro e diversi dirigenti e funzionari di questo inutile ufficio.

Chiesa. monsignore (dicchè) Nunnari e massoneria al seguito. E’ lui la chiave d’entrata nelle stanze segrete che contano.

Tribunale, il procuratore capo Granieri, che lo riceve ara mmucciuna a casa sua. I pm, Curreli, Airoma, Tridico.

Mario Occhiuto e Dario Granieri
Mario Occhiuto e Dario Granieri

Il direttore responsabile del quotidiano Matteo Cosenza prima, e Rocco Valenti ora. Quello della Gazzetta del Sud Alessandro Notaristefano.

Un apparato che garantisce il silenzio totale sulle sue malefatte. E si sa che il silenzio è d’oro. Senza di loro la fuga di 15 milioni di euro (quelli che abbiamo scoperto noi, chissà quanti ancora ce ne sono) dalle casse comunali non sarebbe stata possibile. Alcuni di questi, figuri, sono stati trasferiti, per “incompatibilità” ambientale. Lasciando le consegne ai loro sodali. Istruiti, e presentati agli amici degli amici, nel corso della loro presenza a Cosenza. Ma la venuta della libera informazione gli ha creato non pochi problemi. Al punto che  qualche giorno fa il procuratore Granieri ha convocato il sindaco Occhiuto in procura. Un colloquio durato più di due ore. Chissà che si sono detti. Un evento straordinario: già il fatto che non l’ha chiamato ara mmucciuna a casa sua, è un altro piccolo passo avanti per l’agognata normalità. Che a questo punto i cosentini si meritano. E scusate se è poco.

GdD