Mattoni e rubli, (anche) la svolta della ‘ndrangheta sovranista porta in Russia

La procura di Milano ha aperto un fascicolo di inchiesta sulla vicenda dei presunti fondi russi alla Lega di cui hanno parlato in inchieste giornalistiche sia il sito americano BuzzFeed sia il settimanale L’Espresso. L’inchiesta è nata infatti dopo i primi articoli del settimanale che risalgono al febbraio scorso. A coordinare le indagini sono il pm fabio De Pasquale con i pm Gaetano Ruta  e Sergio Spadaro. L’ipotesi di reato di corruzione internazionale è al centro dell’indagine. E sono già state sentite alcune persone.

L’audio registrato e il sospetto di finanziamenti illeciti

Nella registrazione, il 18 ottobre del 2018 all’Hotel Metropol della capitale russa, Gianluca Savoini, leghista da decenni, presidente dell’associazione Lombardia-Russia, parla con alcuni russi di strategie sovraniste anti-Ue e di affari legati al petrolio. Secondo BuzzFeed, che non dice come ha avuto l’audio, si cerca un accordo per far arrivare fino a 65 milioni di dollari alla Lega, ma non si sa se l’intesa sia mai andata in porto e se il partito abbia ricevuto i soldi. 

Anche La Stampa aveva pubblicato un’inchiesta sul legame tra Lega e Russia ma spostando la sua attenzione proprio sulla Calabria e sulla ‘ndrangheta. 

di Domenico Quirico

Fonte: La Stampa

L’estate cala con la luce del mattino sulla piana di Rosarno e pare riveli e apra le forme dei monti e renda compatti il cielo e la terra. Non c’è più il tragico, ardente e inverosimile blu del mare di Calabria al nostro fianco. La natura prende l’aspetto serio, nobile e desolato della Calabria interna, della Calabria dei contadini. La terra di Alvaro ma anche la terra delle ‘ndrine. La strada si addentra tra monti che si succedono come onde pietrificate di un mare pericoloso. Pigri fumi salgono su ignote colline lontane, già i primi incendi d’estate, il silenzio avvolge la campagna deserta.

Nei campi solo neri, i migranti, assorti su trattori che passano svelti, o chini sugli orti, a gruppi, vestiti di stracci dai meravigliosi colori. Sembrano una sola cosa con la terra e il paesaggio. Muovono la zappa o il forcone con gestire antico e perfetto come se il loro compito fosse di guardare e di essere guardati. Riaprono con la fisica presenza un tempo che è già diventato memoria.
Sudano, lavorano, indispensabili e sfruttati. Come ieri, come sempre. Eppure alle elezioni del 26 maggio, a Rosarno, la Lega ha ottenuto oltre il 35 per cento, parte di un trionfo che l’ha resa nella regione, con fulminea avanzata, il partito più votato: all’insegna proprio dell’isterico ‘’fermiamo l’invasione’’. Penso al non lontano campo di San Ferdinando, zeppo di violenza e miseria, riserva di braccia per sfruttatori e ‘’scafisti’’ del capitalismo criminale autoctono, con italianissima carta di identità.

Lì, pochi mesi fa, un ragazzo sudanese mi raccontò il suo viaggio di orrori, il deserto, i libici torturatori, il mare: e c’era nel racconto una sorta di strana e entusiastica nostalgia ammirativa.
‘’Non hai avuto paura di morire?’’.
‘’Ma questa è la vita’’, mi ha risposto.
Le ruspe sovraniste, nel frattempo, li hanno spostati solo di pochi metri. Servono, eccome, quei migranti-agricoltori. Soprattutto a coloro che hanno dato numeri a questa letteratura elettorale della paranoia xenofoba. Ma non son tornato in Calabria per loro. Mi hanno segnalato che in Calabria accadono cose nuove: i vecchi partiti, che parevano eterni, inalberano percentuali obituarie, i cacicchi del voto, svelti, spostano i loro pacchetti (verso la Lega). Solo l’acquerugiola minuta del vecchio trasformismo? Si riaprono inchieste che parevano ammuffite, affluiscono capitali e investimenti soprattutto nell’immobiliare, alberghi, case, villaggi turistici: dalla Russia. Senti senti… Associazioni , ‘’Calabria Russia’’, lavorano febbrilmente a captare palpabili lucri. E così imprenditori calabresi muovono verso i remoti, imprevedibili mercati del Volga e del Don. Insieme a ragazzi di qui che, si racconta, frequentano per studio Crimea e Donbass, le terre della riconquista imperiale putiniana. Un neonato collegamento aereo lega Mosca a Lamezia.

E’ il panorama, quello sì calamitosamente vecchio, del malaffare ‘ndranghetista fattosi imprenditoriale, scandalosamente ‘’moderno’’, che muove tutto questo, acconsente e determina? E’ la sua ennesima metamorfosi fisiologicamente complessa: dal pizzo e dalla droga al consiglio di amministrazione? C’è un elemento, una chiave che lega in quattro parole tutto questo movimento? Forse sì: la più imprevedibile, Russia.
Saverio Di Giorno, giovanissimo, meticoloso giornalista che guida sulle piste intricate e zeppe di miraggi della Calabria mi mostra tabelle, diagrammi: sigle infinite, con nomi di imprese russe e calabresi, oligarchi e affaristi di qui. Noto visivamente un punto capitale: le linee che si intersecano passano, sempre, per società con sede legale a Malta o in Lussemburgo. Indizio, non prova: certo. Ma perché questo passaggio se si devono solo vendere macchine agricole o appartamenti? Il paradiso fiscale non è spesso luogo per intenditori di un genere equivoco di affari?

Le dinastie

E poi Saverio mi recita una filastrocca di cognomi: quelli di cui son zeppe le inchieste, i processi, nomi di condannati (pochi) o di più modesto interesse investigativo (molti). Le dinastie delle cosche. In Calabria tutto è opaco: i cugini, i parenti. Uno ha l’ufficio in centro a Milano in uno studio legale, l’altro è indagato a Palmi o a Gioiosa. Cugini…

’’La Calabria è appunto il posto dove la prima domanda che ti fanno quando ti presenti è: parente di chi? A San Luca ho sentito ragazzini che parlano come i nonni, tra loro si danno del ‘’compare’’, ma vestono firmato e hanno tablet ultima generazione’’.
La ‘ndranghera è sempre lì e bisogna fare i conti con lei, anche se non spara più. questi sono diventati i posti più tranquilli del mondo. Pur non rinunciando alla tradizionale e feroce difesa dei feudi, ahimè, le è riuscita, in un Paese di fallite trasformazioni, il passaggio generazionale di metodi e di sistema. Del crimine organizzato è la forma più duttile, più sottile, più prensile. Se conservi la miseria bisogna venire a patti con lei, anche se stai a Roma e fai la voce grossa, anche se i giudici moltiplicano le loro inchieste entrando in vicende nelle quali un tempo il potere, quello ufficiale, sembrava felice di disinteressarsi. La ‘ndrangheta resta necessaria, solo mezzo di conservazione.

“Mentalità capitalista e criminale qui si sono incontrate. La mafia è l’imprenditoria dei luoghi in cui non ci sono i soldi e il rapporto obbligatorio è con la miseria. L’idea che uno possa aver successo per le sue qualità o idee non esiste. E’ sempre l’eterno ritornello: chi c’è dietro? Chi lo aiutato? Manca in Calabria il senso della collettività: in questo abbiamo purtroppo fatto scuola al resto del Paese’’.A Gerace un personaggio sembra legare antropologicamente tutti gli elementi, ndrangheta, business, Russia. Si chiama Salvatore Filippone, uomo della cosca dei Piromalli. Quando lo hanno arrestato gli hanno trovato 34 miliardi di rubli, opere d’arte, investimenti e riciclaggi in mezza Europa, un arsenale di armi da guerra. Non un uomo: una antologia, in materia criminale un satanasso. Legami antichi quelli tra le cosche e la mafia russa: dei tempi della disgregazione della Unione Sovietica, quando la ‘ndrangheta scoprì uno straordianrio e facile mercato per procurarsi armi e capitali con cui fare affari nelle due direzioni. E dietro quelle mafie c’era uno stato e un servizio segreto: solo con questi alleati e soci si possono varcare confini territoriali e finanziari apparentemente intangibili

La piazza centrale al mattino è pigramente deserta: sbarrato il municipio ornato da graffiti: ‘’ti amo’’ e una dichiarazione di consenso ad Almirante, che ha resistito alle ere come un oggetto Unesco. Metà delle case sono vuote, qualcuna cadente, gli alberi mandrillati, uccisi da infami potature, la fontana in mosaico anni cinquanta ospita, cimiteriale, non acqua ma immondizie. Nel caffè il barista sfida gli stereotipi con la maglietta del Padrino. Pare una immagine araldica della Calabria infeudata alle cosche. Troppo semplicistica, troppo simbolica per essere vera? Gruppi di anziani appoggiati ai muri o seduti sui gradini guardano la nostra auto straniera con le mani in tasca e gli occhi attenti dietro le palpebre socchiuse come dietro una persiana o una inferriata.

La ricerca

A Melicucco cerchiamo la villa sequestrata a Filippone, Rocco, stessa ‘ndrina. Confesso. Immaginiamo sontuosità da Medellin o costose pacchianerie camorristiche: in fondo 34 miliardi di rubli… I carabinieri ci indicano una contrada fuori paese, Sanfili. Qui ville architettonicamente modeste, irrilevanti ma con prati pettinati all’inglese, cancellate in ferro battuto, alberi vispi di un verde furibondo. Ricchezza borghese, che non dà nell’occhio. Cifra di un mondo criminale che rifiuta l’eccesso troppo visibile e che richiama attenzione.Torniamo a Reggio Calabria a cercare i nuovi padroni, i leghisti, favoriti alle regionali d’autunno. Già: i padani fattisi nazionalisti che adorano proprio la democrazia autoritaria putiniana. Ai festosi comizi di Salvini in Calabria hanno assistito come ospiti imprenditori russi. Il lungomare è pieno di una folla innumerevole come se la città avesse milioni di abitanti e tutti fossero scesi in strada a guardarsi, a camminare, a scrutarsi, a conversare nel crepuscolo. Cerchiamo la sede della Lega, dunque. All’indirizzo indicato: nulla. Percorriamo la via, nei due sensi: nessuno ne ha sentito parlare. Un indirizzo precedente, forse: via Nervesa. Lasciamo il centro, si arriva vicino all’ospedale. Il cavalcavia dell’autostrada per Salerno ci sovrasta ad altezza vertiginosa. Migranti camminano svelti con in mano sacchetti di plastica gonfi di pane. Intorno condomini recenti macchiati da ruderi e sterpaglie. Auto con le gomme sgonfie o sventrate da incidenti, in sosta eterna. Non ci sono numeri civici.

‘’Scusi, la sede della Lega?’’ Silenzio. qualcuno replica con una domanda: perché la cercate? Infine un signore non ha dubbi: in quel condominio lì!
Non ci sono indirizzi ma si esige un codice numerico per superare il cancello. Un signore che esce: ‘’la Lega ? No guardi, qui non c’è nulla, anche altri hanno cercato in passato… al massimo ci sarà un appartamento come sede legale’’.
Ci infiliamo. Sulle scale un altro inquilino, indiretto, reticente messo alle corde ammette: ‘’forse…secondo piano a destra…’’. Due targhe: ‘’Istituto Cortivo’’ e ‘’Inside: essere protagonisti nel sociale’’. il nome sul campanello è quello del portavoce locale della Lega. Suoniamo. Silenzio.

Resta da esplorare la televisione di due fratelli reggini che hanno appoggiato la lega alle elezioni: via fratelli Cairoli, annuncia il sito. Un uscio sbarrato, casa vuota: hanno chiuso, non sono più qui.
Alzo lo sguardo: a metà della via una grande bandiera salviniana a un balcone: ‘’Coordinamento regionale città metropolitana di Reggio’’ e uno slogan audace : ‘’immigrazione sicurezza integrazione”. Eureka! La sede: segreta, impalpabile come molte cose calabresi. A fianco la sede di ‘’beauty dog: per il tuo amico a quattro zampe’’, e ‘’i Reggio bikers’’ con una bella aquila feroce. Suoniamo. A vuoto.