Moriremo di Covid, fame o rassegnazione? (di Enza Sirianni)

Moriremo di Covid, fame o rassegnazione ?

di Enza Sirianni

Spentesi le reazioni indignate per l’insulso e brutto video di Muccino, noi calabresi ci troviamo davanti alla possibilità di ricadere tra le regioni “zona rossa”, in compagnia di altre più titolate in quanto a risorse e servizi. Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta, Alto-Adige. Eppure ci separa una notevole distanza geografica da queste terre che, parimenti, segna la differenza profonda tra ciò di cui disponiamo, oggi, noi calabresi e quello di cui invece usufruiscono i loro abitanti.
In una scala da uno a dieci, noi siamo al livello più basso e loro nel medio-alto. Incontestabilmente. Ciò che ci diversifica stranamente, nelle ipotesi di essere tra i “rossi” secondo l’ennesimo dpcm smonta e rimonta, ci unirebbe nella stessa sorte. Non ci sono abbastanza terapie intensive per i malati di coronavirus. Con numeri profondamente diversi.

Dall’essere considerata l’unica regione italiana non proibita ai tedeschi fino a una settimana fa in quanto “covid free”, ad oggi in cui, al contrario, ci ritroviamo tra quelle più a rischio, ce ne vuole…Ma cosa è successo per finire nel girone dei dannati del lockdown più restrittivo e severo rispetto alle zone arancione e verde? Ci siamo appestati tutti? No.

Certamente i casi di contagio sono in costante aumento, come nel resto del paese, dacché, da fine settembre, la curva è schizzata verso l’alto. I decessi sono pochi, a dire il vero, e riguardano persone con gravissime patologie substanti all’infezione della infida proteina.
Allora perché, quasi sicuramente, saremo inseriti in questa fascia altamente pericolosa? Risposta semplicissima e inaccettabile nel contempo: la Calabria non ha posti letto e terapie intensive in numero sufficiente per reggere all’urto della nuova impennata. Sorvolando sulla lettura delle cifre dei contagiati, malati, morti per Covid, dal periodo primaverile all’autunno, che ci dovrebbe indurre ad un’attenta valutazione su quanto non è stato fatto dal governo e sulle manipolazioni ad uso di interessi estranei alla salute degli italiani, un dato balza immediatamente evidente agli occhi di noi calabresi. Qui, in tanti mesi, chi doveva provvedere a alzare le barriere contro una seconda ondata covid, imprecisamente definita tale, non ha fatto nulla.

E chi doveva pensarci? La politica. Li paghiamo, dopo averli incautamente eletti, per risolvere i problemi dei calabresi o no? Faccio un discorso terra terra, senza tante sottigliezze. I signori che, essendo maggioranza, guidano la Regione, hanno questo compito preciso, astenendosi da ghirigori di formulette abusate o dalle cosiddette “serre e giru”, oppure stanno in villeggiatura nella cittadella a guardare le nuvolette che passano in cielo? La prima e lo sappiamo tutti. In otto mesi, contando dal fatidico marzo, i posti di terapia intensiva nella nostra regione sono aumentati di sole sei unità. Perché non è stato fatto di più?

In economia, noi cittadini saremmo gli stakeholder, “titolari di una posta in gioco”, ossia i soggetti interessati nei confronti di una iniziativa economica o progetto.
In effetti, nell’insieme variegato delle componenti sociali in cui si configura una popolazione, i soggetti portatori di interessi attivi e passivi rispetto alla capacità di impresa della politica, piani, azioni, risultati, siamo noi, solo noi. E, sempre in economia, quando gli obiettivi non vengono portati a compimento si cambia management, i dipendenti si dimettono e si interrompono i processi errati. Al di sotto di una soglia minima di prestazione, sinteticamente, tutti a casa.

In politica non funziona allo stesso modo. Risaputo. Si resta imperterriti attaccati alla posizione conquistata con arte, fortuna, attenta pianificazione che siano, fino a quando si può, in barba ai guai combinati. E nessuno, cosa gravissima e indigeribile, gliene chiede conto da un punto di vista formale, a meno che qualcuno non venga platealmente beccato a rubare con le mani nel sacco, né i cospicuamente remunerati avvertono il sussulto etico di farlo. Non lo pretendiamo neanche noi, purtroppo, rassegnati e scoraggiati davanti all’arroganza del potere che vince sempre. E’ una partita asimmetrica, per una serie di storture a svantaggio dei cittadini che pagano in prima persona i problemi irrisolti.

Proviamo a contagiarci di Covid oggi nella Calabria delle clementine, delle amenità di Muccino e dei suoi committenti, ad avere magari sintomi, a cominciare a stare male, a respirare con difficoltà. Non ce lo auguriamo, ma il caso è cieco e potrebbe capitare a chiunque di trovarsi nella necessità di cure urgenti. Per trovare un posto, dal Pronto Soccorso al ricovero in una struttura ospedaliera idonea, possono intercorrere ore e ore. Terribile.
I medici e il personale paramedico, stanno conducendo una battaglia difficilissima, con i nervi a fior di pelle, impotenti dinanzi all’immobilismo dei nostri governanti, agli slalom per la burocrazia, alla parsimonia della distribuzione dei presidi indispensabili, a ostacoli che nascono come funghi.
I nostri governanti ci appaiono, in tale drammatica situazione, più che mai inetti, con i carboni bagnati e asserviti ai diktat dall’alto.
Se finiamo in zona rossa, lo dobbiamo a loro. Mi pare non ci possano essere dubbi al riguardo.

Sono stati stanziati fondi per rafforzare la sanità commissariata a tempo indeterminato ( dicono per ancora tre anni, ma saranno di più) in Calabria per un virus persistente e subdolo ? Sì. Quanti? Un’inchiesta dell’Espresso su sprechi e soldi arenatisi in tempo di covid in tutta l’Italia, parla di 2.5 miliardi di euro. La fetta destinata alla Calabria dove è finita? Come è stata spesa se è stata impiegata tutta? Esiste ancora materialmente o è sfumata nelle nebbie di incapacità e meccanismi micidiali? Si potrebbe avere una risposta? Qualcuno si degna di farlo con una inoppugnabile rendicontazione?

Sulle dimissioni che non si ha il decoro di dare a fronte di conclamati disastri, i nostri eletti sono in buona compagnia nazionale. Penso al flop dei trasporti, tanto per fare un esempio. La ministra De Micheli si è dimessa? No. Per dire il vero, dopo averla sentita concionare a raffica, con ansiosa baldanza, a Mezz’ora in più, personalmente, l’ho persa di vista. Se ne hanno notizie?

Andiamo avanti dritti al massacro. Di nuovo, confinamento, paura, paralisi economica e sociale. Moriremo di Covid, di fame o di rassegnazione? Credo dell’ultima, la più perniciosa da tempo immemorabile.
Intanto, un annuncio dalla politica regionale: sono pronti 110 miliardi per la ripartenza. Permettetemi: neanche jugale (lo stupido calabrese che ricorre nella tradizione orale meridionale con vari nomi, tra cui il Giufà di Giambattista Basile) si prenderebbe in giro così.