‘Ndrangheta a San Giovanni in Fiore. La disputa sul terreno da acquistare: decisivo l’intervento dei clan di Cirò

Prima il coinvolgimento di un imprenditore ritenuto contiguo alla cosca Anello di Filadelfia per acquistare un terreno boschivo a San Giovanni in Fiore, poi i contrasti per l’investimento tra le famiglie di ’ndrangheta di Petilia Policastro, infine l’intervento della cosca Farao-Marincola di Cirò per concludere l’affare. C’è tutto questo nelle carte dell’operazione coordinata dalla Dda di Catanzaro che lo scorso 3 ottobre ha smantellato il clan Ferrazzo di Mesoraca. Un troncone dell’inchiesta, infatti, ha messo «in luce il controllo ’ndranghetistico delle consorterie crotonesi sulla filiera del legno», il cui business delle biomasse costituisce uno dei capitoli più corposi del blitz sfociato in 31 arresti da parte dei carabinieri.

Dai dialoghi captati a Nicola Antonio Monteleone, considerato investitore di riferimento degli Anello, scrivono i sostituti procuratori Paolo Sirleo e Domenico Guarascio nel documento allegato alla richiesta di misura cautelare, sono emerse le «diverse autorità mafiose» del «territorio» petilino, oltre all’«intervento degli “amici di Mesoraca”» nella «filiera del legno» che dimostrerebbe la superiorità del «crimine cirotano». «Devono prendere sempre atto di Cirò», dice Monteleone in merito ai rapporti tra le ’ndrine di Petilia Policastro e Cirò. La vicenda finita sotto la lente degli inquirenti nasce dalla proposta che, nel 2017, alcuni esponenti del clan petilino dei Carvelli fanno a Monteleone di contribuire a comprare un terreno di 12 ettari a San Giovanni in Fiore, sborsando 250mila dei 500mila euro necessari per l’acquisto. In cambio l’imprenditore avrebbe avuto la «possibilità di tagliare e vendere il materiale legnoso insistente» sull’area.