‘Ndrangheta Capitale: dalla Calabria al resto d’Italia fino all’estero

Blitz antimafia della Dia a Roma e provincia, nel Lazio, in provincia di Cosenza e Agrigento. In corso l’esecuzione di un’ordinanza, emessa dal gip del Tribunale di Roma su richiesta della procura capitolina – Direzione distrettuale antimafia, che dispone arresti nei confronti di 26 persone (24 in carcere e 2 agli arresti domiciliari), indiziate a vario titolo di associazione mafiosa, sequestro di persona, fittizia intestazione di beni e altro. Venticinque società, per un valore totale di 100 milioni di euro, sono state sequestrate dalla Dia, dai carabinieri, dalla polizia e dai militari della Guardia di Finanza nell’operazione. Sono tuttora in corso perquisizioni.

Lo scopo del “gioco”: il sistema ‘Ndrangheta Capitale

Lo scopo degli indagati, è emerso dagli accertamenti, era quello di acquisire la gestione e il controllo delle attività nei più svariati settori: ittico, della pianificazione e della pasticceria. L’organizzazione faceva poi sistematicamente ricorso ad intestazioni fittizie al fine di schermare la reale titolarità delle attività, e di commettere delitti contro il patrimonio, contro la vita e l’incolumità individuale e in materia di armi. L’obiettivo era inoltre di affermare il controllo egemonico delle attività economiche sul territorio, realizzato anche attraverso accordi con organizzazioni criminose omologhe; e, comunque, infine, di procurarsi ingiuste utilità.

L’operazione “Propaggine” e il ruolo di Alvaro e Carzo

Gli arresti di questa mattina seguono quelli avvenuti nel maggio scorso nell’inchiesta «Propaggine» – coordinata dai procuratori aggiunti Michele Prestipino e Ilaria Calò – che aveva colpito la prima locale di ‘Ndrangheta della Capitale portando all’esecuzione di 43 misure cautelari a carico di altrettanti indagati. Un’organizzazione che vedeva al vertice la famiglia degli Alvaro e in particolare Vincenzo Alvaro e Antonio Carzo originari di Cosoleto.

Dalla Calabria al resto d’Italia fino all’estero

Più in particolare, l’attività di indagine compendia le recenti evidenze connesse alle investigazioni che avevano determinato l’esecuzione, il 10 maggio scorso, di 43 misure cautelari essendo stati raccolti elementi gravemente indiziari in ordine alla esistenza, nell’ambito della associazione di ‘ndrangheta – operante sul territorio della provincia di Reggio Calabria e delle altre province calabresi, sul territorio di diverse altre regioni italiane (Lazio, Lombardia, Emilia, Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta) e sul territorio estero (Svizzera, Germania, Canada, Australia), costituita da molte decine di locali e con organo collegiale di vertice denominato “la Provincia”- di una articolazione operante sul territorio dei comune di Roma (denominata locale di Roma, “distaccamento” o “propaggine” dal locale di Cosoleto (RC), ma composto anche da soggetti appartenenti a famiglie di ‘ndrangheta originarie di Sinopoli (RC) e di altri comuni calabresi oltre che da alcuni soggetti romani), avvalendosi della forza di intimidazione che scaturisce dal vincolo associativo e delle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà che si creavano nel citato territorio. Gravemente indiziati di essere i capi di tale struttura criminale erano risultati Antonio Carzo e Vincenzo Alvaro, entrambi appartenenti a storiche famiglie di ‘ndrangheta originarie di Cosoleto (RC).

La vocazione imprenditoriale della struttura criminale

Nella precedente ordinanza – essendo medio tempore stata confermata dal Tribunale del riesame la configurabilità del reato di associazione di tipo mafioso – si era rilevata la vocazione imprenditoriale della struttura criminale mediante il sistematico ricorso all’intestazione fittizia di valori, realizzando il controllo di aziende, ditte individuali e società nei diversi settori, tra gli altri, della panificazione, della gastronomia, della ristorazione, dell’intrattenimento e del gioco scommesse autorizzato (tabaccherie, sale giochi, centri autorizzati di ricariche carte e di vendita di tagliandi e giochi controllati dall’Agenzia dei monopoli di Stato), di vendita e noleggio di auto.

Lo schema ciclico, un modello collaudato

L’attuale provvedimento cautelare, a conclusione dell’ulteriore approfondimento investigativo realizzato dall’ottobre 2021, compendia e completa nel dettaglio quanto già emerso in occasione dei sequestri, operati in parallelo al precedente provvedimento, delle 25 società per un valore totale di circa 100 milioni di euro. L’attività di indagine compiuta nell’ambito del presente procedimento ha consentito infatti di ricostruire, in termini di gravità indiziaria, la applicazione sistematica di uno schema collaudato, di un modello finanziario “ciclico”, tipizzato nel seguente schema: abbandono della società ritenuta compromessa; utilizzo di una società nuova; acquisizione della ditta e dei contratti di locazione con la distrazione di beni, stigliature, insegne e avviamento dell’azienda appartenente alla società da abbandonare; individuazione dei nuovi intestatari fittizi attraverso i quali continuare a possedere le attività commerciali e mantenere il controllo delle stesse.

L’anticipo e le cambiali

L’attività di indagine compiuta nell’ambito del presente procedimento ha consentito infatti di ricostruire, in termini di gravità indiziaria, come i vertici e i componenti della locale di Roma, acquisiti gli esercizi aziendali, ne acquisissero di frequente anche gli immobili, versando, all’atto dell’acquisto, un anticipo spesso insignificante diluendolo, poi, in centinaia di rate, garantite da cambiali che, secondo le intercettazioni, erano in realtà pagate in contanti; ovvero ricorressero ad operazioni di ricarica di carte postepay, fittiziamente intestate a terzi, effettuate presso i terminali delle tabaccherie sotto il loro controllo, utilizzando lo scoperto garantito da SISAL che successivamente veniva reintegrato con versamenti contanti. Sono in tutto venticinque le società, per un valore di 100 milioni di euro, sequestrate questa mattina.