‘Ndrangheta e massoneria, il cenacolo di Pittelli fa tremare magistrati (e politici) corrotti

di Saverio Di Giorno

Il cenacolo. È questo il titolo del reportage di Pino Finocchiaro per Rainews24. Il riferimento è alle famose cene di Pittelli, non tanto quella con il capocosca di Limbadi, Mancuso, ma piuttosto quelle con i magistrati emerse nel contesto dell’operazione Rinascita-Scott. Se sarà appurato questo avvenimento ci sarà da riscrivere una parte di storia Repubblicana.

De Magistris, intervistato, focalizza subito l’ambiente: quello dei poteri occulti, della massoneria deviata. E in questo ambiente si muove in maniera disinvolta Pittelli. E sempre Pittelli è il trait d’union tra De Magistris e Gratteri. Infatti, ben 13 anni prima, il magistrato napoletano stava indagando su Pittelli quando la procura di Salerno si mosse per togliergli (illecitamente) l’indagine. E questo fu possibile grazie alla solita rete di parentele e connivenze: presso lo studio di Pittelli lavorava il figlio della moglie del procuratore capo di De Magistris, amico dello stesso Pittelli.

De Magistris dice: il CSM e i magistrati che contano sapevano. Li aveva informati lui stesso. E il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati all’epoca era Palamara, che oggi sappiamo essere stato coinvolto in uno scandalo. È Giacchino Genchi, collaboratore di De Magistris, a sottolineare questo aspetto. A confermare la ricostruzione che noi stessi abbiamo più volte fatto: la vera differenza che passa tra De Magistris e Gratteri sono i 13 anni. A seguito dello scandalo il CSM è cambiato, Forza Italia per quanto conti ancora è morente. I rapporti di forza sono cambiati. Ora si può arrestare Pittelli.

Ed ancora, Genchi è chiarissimo a riguardo. Per lui Pittelli è il capro espiatorio. Sta pagando per molti e al posto di molti. Chi sono questi molti?  Ombre che si muovono tra i muri di queste vicende.

Finocchiaro nel suo reportage, abilmente riporta alla memoria un altro pezzo di quelle indagini. Quello riguardante Tonino Saladino, presidente della Compagnia delle Opere. Le indagini Why Not e Poseidone, sostanzialmente, riguardavano la distrazione di fondi pubblici. In Calabria, il privato quasi non esiste, per cui se controlli il pubblico, controlli il respiro del territorio. La “compagnia delle opere”, secondo De Magistris, faceva esattamente questo. Saladino uscì prescritto da quell’indagine di 13 anni fa ed è estraneo (solo nominato) alla recente Rinascita-Scott. Tuttavia, quando fu indagato, si rivolse a due politici di Cosenza, Enza Bruno Bossio e Nicola Adamo, i quali a loro volta si rivolsero a un magistrato di Catanzaro che poi si occupò delle indagini una volta avocate.  All’epoca ci fu un super-testimone: Pino Tursi Prato.

Il reportage si conclude con un messaggio di De Magistris: che fine hanno fatto i verbali che scrisse per denunciare i comportamenti assurdi tenuti da uomini dello Stato? Lì dentro ci sono nomi di magistrati calabresi tutt’ora attivi. Ma qui possono iniziare le nostre considerazioni, perché nonostante il teorema di De Magistris (cioè l’esistenza di una cupola che agisse in maniera compatta) non sia stato dimostrato per via di questi ostacoli, possiamo essere sempre più certi che non sbagliava.

Le indagini recenti confermano pezzi di quelle indagini: non solo Pittelli, ma anche il maggiore Grazioli attivo contro De Magistris e arrestato da Gratteri. I parallelismi sono moltissimi e quindi il dubbio sorge: se De Magistris aveva ragione su Mancuso, Pittelli e altri, perché non dovrebbe averne anche su quel pezzo di potere che affonda le radici nel cosentino? Perché le due indagini sottratte si muovevano esattamente in questa direzione.

De Magistris provava a disegnare i contorni di un centro decisionale simile a quello che ha scoperchiato la DDA di Reggio Calabria in riva allo Stretto. Più a nord questa operazione pare essere più difficile.

Tra le cose in comune, la posizione di Tursi Prato e Pittelli. Secondo Genchi, Pittelli sta pagando per molti; secondo molti, Tursi Prato, all’epoca, fu un altro capro espiatorio. Lui ha voglia di parlare: “Se alla Procura di Salerno hanno voglia di sentirmi, sono pronto a rispondere. Posso riferire cose interessanti e raccontare le pressioni che esercitavano (alcuni magistrati, ndr), perché mettessi nei guai qualche loro collega”. Pittelli invece no. Resta in carcere perché ritenuto “immeritevole” di qualsiasi altra misura. Però non parla.

Ai tempi di Mani Pulite, chi non parlava o parlava a metà lo faceva per lasciarsi fuori amici che avrebbe poi ritrovato e che gli avrebbero permesso di continuare gli affari. Ma questa volta vogliamo fare nostro l’appello di Genchi a Pittelli: vuota il sacco. E non per ripulirti la coscienza, ma più prosaicamente perché il mondo là fuori sta cambiando velocemente. Non solo al Csm, dove si sono ribaltate le posizioni, ma anche in parlamento alle prossime elezioni; gli amici leghisti vedono di buon occhio Gratteri e le sue inchieste e non gli dà alcun fastidio se il nugolo di potere intorno a FI è in difficoltà. Chi si sentirà in pericolo non avrà alcuna remora a “vendere” gli amici ai magistrati per scansare il pericolo.

Il mondo cambia velocemente e deve cambiare per far si che resti uguale. E per cambiare deve fare qualche sacrificio.