‘Ndrangheta e turismo. La Prefettura di Vibo è un verminaio: l’asse Quagliariello-De Nisi-Lulli. Tutti sanno, nessuno fa niente

La Prefettura di Vibo Valentia sta diventando il classico verminaio, conseguenza di infiltrazioni massomafiose e di pessima gestione della malapolitica chiaramente collusa. Ormai è da tempo che si sono accesi i riflettori sull’operato del prefetto Roberta Lulli, che pure si è insediata non molto tempo fa, ad aprile del 2021. Ma in questi due anni scarsi, è successo di tutto e di più. L’ultimo blitz di Gratteri ha praticamente ridotto in mutande tutto il sistema della Prefettura di Vibo.

Nell’operazione Olimpo della Dda di Catanzaro sono coinvolti due funzionari della Prefettura di Vibo Valentia dove, in particolare, uno risulterebbe essere il segretario del prefetto Roberta Lulli; nello specifico i due avrebbero violato il segreto d’ufficio fornendo nel 2017 – quando la dottoressa Lulli non era a capo della Prefettura di Vibo Valentia – informazioni relative all’istruttoria di un’interdittiva antimafia ad un soggetto direttamente interessato, intervenendo, così, nel mondo dell’accoglienza dei richiedenti asilo. I funzionari della Prefettura di Vibo Valentia, finiti ai domiciliari, sono Rocco Gramuglia, 54 anni, di Barritteri (frazione di Seminara) – segretario del prefetto di Vibo – e Michele Larobina, 65 anni, di Arena. Entrambi, da quanto emerge dagli atti dell’inchiesta, sono accusati di rivelazione di segreti d’ufficio (relativa all’istruttoria di un’informativa di interdittiva antimafia) in favore dell’imprenditore Costantino Trimboli (indagato a piede libero). Secondo l’accusaCostantino Trimboli, “in qualità di titolare di fatto della società F94 Srl – società deputata alla gestione di strutture turistiche adibite al servizio di accoglienza migranti per il tramite dell’associazione “Monteleone Protezione Civile”, accreditata presso la Prefettura di Vibo Valentia – provvedeva anche a tutti i servizi di alloggio per gli extracomunitari, in violazione del divieto di cessione totale o parziale di subappalto”.

L’attività di indagine espletata rende evidente – ha rimarcato il gip – la sussistenza dell’ipotizzato delitto di rivelazione di segreti d’ufficio: l’attività intercettiva ed i riscontri documentali hanno consentito di scandire le varie fasi del delitto… Quasi tutti i villaggi turistici della provincia di Vibo sono stati riconvertiti, nei mesi invernali, in centri di accoglienza per i richiedenti asilo e quando ciò avviene è perché in Prefettura c’è qualcuno che dà l’autorizzazione e, guarda caso, dietro queste strutture c’era quasi sempre la criminalità organizzata vibonese, in particolar modo la famiglia Mancuso, Barba, Accorinti, La Rosa…”. 

Ma torniamo al prefetto Lulli, alla quale ormai viene chiesto da mesi e mesi di inviare una Commissione d’accesso antimafia al Comune di Tropea ma senza successo.

Ma perché dalla Prefettura non danno cenni di vita? Il 23 luglio dello scorso anno, il giudice Francesco Rinaldi di Catanzaro ha depositato le motivazioni della sentenza di 1° grado, con rito abbreviato, relativa all’operazione antimafia promossa dalla DDA catanzarese “Imponimento” contro il clan Anello.
Fra i condannati risulta anche il collaboratore di giustizia Giovanni Angotti, cui è stata comminata una pena detentiva di 4 anni per associazione mafiosa; allo stesso Angotti si è riconosciuto di essersi occupato dal 2008 al 2010, per conto del clan Anello di Filadelfia, di far convogliare il sostegno elettorale ai candidati vicini alla consorteria, come in occasione dell’appoggio elettorale fornito a De Nisi Francesco alle elezioni provinciali del 2004 e del 2008”.
E chi è Francesco De Nisi? De Nisi, attuale consigliere regionale e già sindaco di Filadelfia, è attualmente il segretario regionale del partito “Coraggio Italia – Italia al centro” che ha fra i suoi fondatori e leader nazionali il senatore Gaetano Quagliariello, oltre che il governatore della Regione Liguria Giovanni Toti. Ma proprio ieri ha ufficializzato il suo passaggio tra i faccendieri di Carlo Calenda, degni “fratelli” dei compari di Quagliariello e Toti, si capisce… 

Nella sentenza in questione il giudice del Tribunale catanzarese scrive che “la cosca Anello si è occupata dell’acquisizione di voti, in occasione delle competizioni elettorali, a favore di De Nisi Francesco, anche con intimidazioni – mediante percosse, uso di armi, danneggiamento dei veicoli mediante incendio – e con la consegna di denaro agli elettori, ottenendo a favore di De Nisi l’elezione quale sindaco di Filadelfia. Angotti ha spiegato che in alcune occasioni sono state consegnate agli elettori schede elettorali già compilate”.

Per il giudice che ha emesso sentenza di condanna è provato che l’attuale consigliere regionale eletto con il centrodestra Francesco De Nisi abbia avuto il sostegno elettorale del clan ‘ndranghetistico degli Anello in occasione delle elezioni comunali di Filadelfia ed anche di quelle provinciali di Vibo Valentia, quando De Nisi è divenuto nel 2008 presidente della Provincia di Vibo con il centrosinistra.
A fronte di tutto ciò, atteso che il Comune di Filadelfia è dall’ottobre del 2021 politicamente di nuovo governato dalla famiglia De Nisi attraverso suoi uomini di fiducia, quale conoscenza ha della vicenda giudiziaria – di cui hanno scritto pochissimi organi di stampa – il prefetto di Vibo Roberta Lulli?
Come intende comportarsi?
Ed il senatore Gaetano Quagliariello, spesso presente in provincia di Vibo negli ultimi anni, cosa ha da commentare, da dire, da aggiungere, a fronte di una sentenza di un giudice della Repubblica che chiama in causa (pur non essendo indagato) il segretario regionale in Calabria del suo partito?

All’interrogativo va aggiunto, per mero dovere di cronaca, che il prefetto di Vibo Roberta Lulli è l’attuale compagna del senatore Gaetano Quagliariello. Quasi a dare un tocco tragicomico al tutto perché la tragedia quando si ripete negli anni poi finisce per diventare farsa.

Ma nell’ultimo blitz di Gratteri ci sono anche l’ex marito di un assessore ai servizi cimiteriali e il papà del dirigente dell’ufficio tecnico comunale. Si tratta di Gaetano Muscia, già coniuge dell’attuale assessore comunale di Tropea, Erminia Graziano, e del geometra Pasquale Scordo, anche lui arrestato e padre di un dirigente del Comune di Tropea, Sisto Scordo.

Gaetano Muscia

L’indagine cristallizza il reato di tentata estorsione pluriaggravata in capo all’indagato, nella qualità di “intermediario ed esecutore della condotta delittuosa per conto dei Mancuso”. Dall’analisi del compendio investigativo emerge, inoltre, che Muscia fosse dedito ad eseguire le disposizioni dei La Rosa, non solo nel settore estorsivo, ma anche in quello relativo all’individuazione dei luoghi dove nascondere i latitanti”.

L’ assessora è Erminia Graziano.
Classe 1964, Erminia Graziano ha le deleghe a Viabilità, Decoro urbano, Spazi pubblici, Servizi cimiteriali, Pari opportunità. Anche lei come altri faceva parte, quale consigliere di minoranza, del precedente Consiglio comunale sciolto per infiltrazioni mafiose e di lei si occupa la relazione della Commissione di accesso dell’epoca in quanto era la moglie del pluripregiudicato Gaetano Muscia, ritenuto contiguo ai clan Mancuso e La Rosa.

Pasquale Scordo
Anche per il geometra Pasquale Scordo, ex consigliere comunale di Tropea e padre del capo dell’ufficio tecnico Sisto, il delitto contestato è concorso esterno in associazione mafiosa, in quanto si sarebbe proposto “come intermediario tra l’imprenditore Domenico De Lorenzo e la ‘ndrina dei Mancuso. Questi compulsava De Lorenzo all’adempimento del “dovere”, consistente nell’elargizione di una somma di denaro, proveniente dagli utili della propria attività, allo scopo di ottenere protezione, ponendosi come intermediario della faccenda. Dai contenuti delle conversazioni emerge allora il ruolo di intermediario dell’indagato quale punto di riferimento delle attività economiche e delle somme di denaro da acquisire da parte dell’articolazione riconducibile al clan di Limbadi”.

Ce n’è abbastanza per inviare una Commissione d’accesso antimafia, tra l’altro in un Comune già sciolto per infiltrazioni mafiose? Se non ce ne fosse abbastanza, sappiate che le vicende al limite del surreale a Tropea non sono finite e continueremo a raccontarle.